il sottile orlo della veste da notte batte sul tallone, mentre scende le scale.
ALIENS#5
il gettone opaco e corroso cade, si chiude la comunicazione.
colpisce il fondo metallico di un mondo capovolto, senza fine alcuna.
le unghie stridono sul vetro
nessuna maniglia
nessuna speranza.
rettili, mani, ventose
percorrono pareti spoglie.
posso appendermi con te alla ragnatela, mio trasparente amico immaginario?
ogni piano riflesso, scardinato.
l’origine sta nella fine.
giocoliere di birilli, giocoliere di anime.
fai di me quello che vuoi.
a lume di candela
sottile il velo del contrasto, il fumo tiepido riscalda l’aria.
ALIENS#4
il rumore sordo dell’indifferenza.
il suono dell’amore svanito.
i passi di una madre,
calpestio e abbandono.
ci sono sembianze che annullano ogni amore.
ci sono volti poveri di sensi.
gelidi cuori vagano ancora.
senza colpi la canna del mio fucile
protesa, in caccia di pietà.
Breakfast at Tiffany’s
sono veramente rare le volte in cui mi sento così poco comunicativa e socievole da non poter intrattenere (e tollerare) una conversazione.
stasera è una sera così.
una sera di quelle in cui ti guardi allo specchio e non ti riconosci.
una sera senza sorriso.
in cui l’amarezza si scioglie nelle lacrime e le rende ancora più corrosive.
una tipica sera di questo duemiladodici che, ben più di una volta, mi ha messo alla prova.
e la cosa che più di dispiace è che c’è molto di peggio.
ma “annullare” la festa del mio compleanno è, per me, come un secchiello riempito con la sabbia sbagliata, non ancora abbastanza bagnata. e il castello non sta su.
quello specchio mi rimanda l’immagine sfocata di chi ha fatto tanto ma non abbastanza per riempirsi la bocca di indipendenza e possibilità.
ho riposto i miei sogni in un cassetto, facendo finta fossero troppo difficili da raggiungere.
nel cassetto di fianco c’è la delusione.
guardo la vetrina di Tiffany, mi fingo ricca.
ma non ho niente.
niente.
Fantasia
non avere l’ispirazione e avere voglia di scrivere sono un mix orribile per chi, come me, fa della scrittura la sua costante.
uso allora le parole di Keats, uno dei poeti a me più cari (e uno dei pochi dei quali leggo – qui un’ispirazione nata dopo aver guardato il film dedicato a lui), per farvi sentire un po’ parte della mia giornata…
ps: per chi non sa cosa regalarmi per il compleanno, una sua raccolta va benissimo ?
Lascia sempre vagare la fantasia,
È sempre altrove il piacere:
E si scioglie, solo a toccarlo, dolce,
Come le bolle quando la pioggia picchia;
Lasciala quindi vagare, lei, l’alata,
Per il pensiero che davanti ancor le si stende;
Spalanca la porta alla gabbia della mente,
E, vedrai, si lancerà volando verso il cielo.
l’autunno dell’anima
Jackson, Mississippi. Anni ’60.
Case di legno, di colore confetto, vestiti stretti in vita, con fantasie accese.
Domestiche, baby sitter, cuoche.
Avete mai visto The Help?
Film meraviglioso. Guardatelo.
Guardandolo per la seconda volta mi sono accorta di come una delle protagoniste sia simile a me. Scrive, ama, si appassiona. Vive la sua epoca guardando oltre le apparenze.
Vorrei tanto tornare indietro, a volte.
Scorrere il tempo riavvolgendo la pellicola con la matita nel buco, come facevo da piccola con le musicassette.
Vivere i colori dell’autunno in un’America ferita dall’apartheid, respirare l’odore di torta al cioccolato preparata nelle strette (ma accoglienti) cucine delle “mamy”, nel loro giorno libero, prendere l’autobus con il vestito della domenica e la borsa lucida, conservata da anni nell’armadio. Giocare a bridge. Bere la coca-cola nella bottiglia di vetro. Credere che tutto sia possibile.
Amare. Amare con lentezza. Camminare per mano guardando i fiori di campo che danzano con i soffi del vento. Sussultare ad ogni bacio ricevuto. Essere invitata fuori a cena, una volta alla settimana. Guardare negli occhi come se fosse l’unico modo per comunicare.
Desiderare solitudine impossibile. Nessuna ansia da prestazione.
Amare, negli anni ’60.
Sono veramente io che sto “inneggiando” alla lentezza? (soprattutto alla luce di post come questo…)
Snocciolo (o “schiccolo”?) la melagrana e mi guardo intorno. Ogni tanto mi stupisco, ogni tanto mi innervosisco, ogni tanto cade qualche lacrima.
Intorno c’è un gran frastuono e poca calma, troppa gente e poche persone, troppi battiti artificiali e poco cuore. Sto diventando un robot anche io.
Per altro esclusivista e con poca voglia di socializzare.
Come sempre controcorrente, in un mondo che corre sempre di più e non lascia spazio che ai ritagli, ho deciso che mi farò regalare un fazzoletto con la mia iniziale, per lasciarlo cadere ai piedi del più paziente corteggiatore.
Non ho tempo per chi non ha tempo e non mi dispiaccio di questo.
Piccole Donne…
oggi mi sento così, anche se è una condizione che sento mia da tempo, oggi più del solito…
più nello specifico così:
(tratto da Wikipedia)
Josephine, detta Jo, è la secondogenita delle sorelle ed ha 15 anni. Inizialmente lavora come dama di compagnia per la zia March. Viene descritta come schietta, coraggiosa, determinata, ribelle e irrequieta. Ogni tanto tira fuori un carattere scontroso ed il suo temperamento impulsivo la porta ad arrabbiarsi spesso, ma ha sempre buone intenzioni. Jo non è molto femminile e le risulta difficile comportarsi come una “signorina” tanto che viene vista come il “maschiaccio” della famiglia. La sua sorellina preferita è Beth. Le piace andare a cavallo e correre per i prati, ma la sua vera passione è la letteratura e coltiva il sogno di diventare una scrittrice famosa, così nel frattempo si diletta ad inventare storie da far leggere alle sorelle. Inizialmente Jo è contraria al matrimonio e al romanticismo in generale, ma in seguito si innamora, ricambiata, di un professore tedesco, Friederich Bhaer, molto più grande di lei di età.
certo, ci sono dei dettagli che non corrispondono, ma il quadro generale può incastrarsi quasi alla perfezione!
un abbraccio, vostra Jo.
pot-pourri. d’amore e altre macedonie.
una carovana e i solchi sulla strada.
ruote, infrangono il suono della campagna.
fardelli, stracci, polvere, sottile filo di arianna che riconduce tutto
in sentieri e labirinti, trasparenti.
profughi, sfollati pensieri
stringono forte il nodo, attorno al mio cuore.
è freddo.
è fermo.
inerme.
il labirinto è percorso al contrario, il filo stringe, taglia.
un piccolo campanellino, attaccato al fagotto,
un fagotto di profumi.
la brezza salmastra, il fragore delle onde.
la lavanda francese, il timo al limone.
una goccia di fragranze
rossa di sangue
il laccio stringe, il solco aumenta.
il campanellino angelico tintinna.
—
cosa volevo dire?
potrei farvi una parafrasi lunghissima per questa poesia, per descrivere il lucchetto che mi chiude il cuore.
è così freddo e congelato che quasi stento a riconoscermi. forse, quando la mia anima sopraffatta dall’egoismo sopperirà, tornerò ad amare gli occhi di qualche sconosciuto.
Questa immagine è adorabile, me l’ha mandata my best friend, vi piace? non c’entra niente con l’atmosfera del post ma io sono proprio questo. una strana MACEDONIA di fruttini di bosco ? |
la Berry addormentata nel bosco
sinceramente credo che dovrò tornare in terapia.