un fiore di cera

standard 19 luglio 2012 Leave a response

ignoro a grandi falcate la mia sensibilità. 
chiudo porte, scappo avanti, senza curarmi dei dettagli.
è lì che inciampo.
nell’illusione di aver scampato ogni pericolo.


sfinita.
le nuvole sfilacciate dal vento, informi, devastano il cielo azzurro sconfinato.
non so se esiste una prospettiva perfetta
un modo impersonale di scrivere
un sospiro meno profondo, che risuona.


non sono io
non sono io
mi spoglio di questi nuovi vestiti
come calamite ritornano
schiaffeggiano la mia ingenuità.


cattivi
bastardi
malsani
la povertà della mia anima violentata
occhi chiusi
involuzione e battiti
battiti di ali si perdono nell’aria
cormorani e tramonti allargano la vista
ma i pensieri, quelli no, non si diradano come la nebbia delle pianure.
mi sveglio dal sonno
il mio letto galleggia, tutto è sospeso.
sospeso per un tempo indefinito.
per curare dolori indefiniti.
una stanza senza pareti ma gabbia
un disperato modo invertire ciò che rimane di me.


un fiore di cera, con la sua pelle morbida, sotto il sole lascia le tracce inquiete.
la cera si fredda.
le tracce sopravvivono. 

vantaggi e viaggi (mentali!)

standard 13 luglio 2012 2 responses
anche tu lavori chiusa tra 4 mura (o, come nel mio caso, da due librerie e due mura) in un ufficio?
anche tu cerchi, ogni mattina, qualche ragione, qualche vantaggio, per il quale decidi di alzarte il tuo culetto santo dal lettino e giungere tra le rassicuranti scartoffie della tua scrivania?
ecco un mirabolante elenco di vantaggi portati dal lavoro-da-ufficio. in ordine rigorosamente sparso.
1. week-end libero. a meno che non ci siano eventi, manifestazioni, cazzi&mazzi&rockenroll io il week end me lo passo a casina. il venerdì pomeriggio, in attesa delle 18 (come quando a scuola suonava la campanella) è un pomeriggio sublime (talvolta 🙂 ).
2. condivisione. lavorare con delle belle colleghe (tiè – tiè per tutti i detrattori delle colleghe donne che sono sempre invidiose e antipatiche, con lotte intestine tra loro, io posso dire NOI NO!) come le mie è una soddisfazione per il mio spirito allegro e caciarone, visto che ho sempre qualcosa da raccontare per deliziare le nostre pause pranzo.
3. le piccole cose. il sapore delle piccole cose, degli sguardi di intesa, delle parole confortanti (anche al telefono), di un caffè (d’orzo) davanti alla macchinetta, della cazzata via mail, del gelato il venerdì a pranzo.

4. aprire i post-it nuovi. hanno quell’odore strano, che solo la carta giallina con l’adesivo può avere e sono irrimediabilmente magnetici. rimangono incollati alla mano di qualsiasi persona passa alla tua scrivania, come le penne. sembra che non stiano aspettando altro che di prenderli! passione malata per la cancelleria.

5. il mirabolante elenco…credo che finisca qua. stamani avevo molte più idee e molta più energia, ma adesso è cominciato il pomeriggio di cui parlavo al punto 1… è come una valanga, più passano i secondi più che la mia inventiva scema verso la banalità della successione del tempo. la voglia di casa, il profumo del collo di mia nipote, i miei gatti, il silenzio della campagna. sento questo adesso. 
ma nelle orecchie ancora risuona forte il concerto di ieri sera.
nelle mie gambe una flebile stanchezza, in armonia con la liberazione che sentivo dentro di me, piano piano, arrivare come un temporale che prende la rincorsa.
ogni salto che facevo mi scrollavo di dosso un difficilissimo duemiladodici, ogni goccia di sudore scavava il rivolo per un nuovo fiume di vita, ogni mano alzata, ogni urlo tirato fuori dalla mia gola era il paladino della mia nuova estate, di quello che voglio vivere, della mia incostanza (cit…), del mio bisogno di fare quello che mi passa per la testa, senza pensare troppo alle conseguenze.

perchè in fondo… “è come una costante sensazione di mancata appartenenza” di cui sono ampiamente fiera. 
felice. libera.

GONG! BOOM! SPLASH!

standard 10 luglio 2012 Leave a response

vorrei scrivere attraverso un collage di immagini.
non ci sono parole.
zero discorsi, zero evoluzioni.
solo sguardi, fissi verso il cuore.


sfoglio i miei libri di storia dell’arte, è tutto nella mia mente.


nuovi fremiti d’anima
nuovi odori di pelle
mi scuotono
forse mi scuotono
ma non è abbastanza


sopita
ribelle
cronica
ogni piega della mia pelle si fa ruga d’esperienza


stanca di occhi stanchi
avida di voglie avide
sensibile a baci sensibili


mi ritraggo come l’onda sulla sabbia
rovente come un raggio che asciuga la rugiada
la luce bollente taglia la mia ombra
carboni ardenti di epidermide
si staccano


diventa tutto come se fosse ieri
come se fosse tardi
ma le lancette sono ferme.
fermi i pensieri.
fermi i secondi.
scorrono le ere senza lasciare traccia
se non una qualche ruga.
sulla mia pelle.


giaccio addormentata.


anelo un sussurro che mi svegli. bramo con frenesia il “gong” che decreta la fine delle ostilità. ostile…ostile, antipatica, egoista. mi destreggio, nemmeno tanto bene, tra le righe di una poesia che vorrei fosse futurista.
che parlasse a tutti, col solo rumore delle parole.

io mi sento Italiana.

standard 1 luglio 2012 1 response
scrivo senza nemmeno farmi la doccia, con la paura di lavarmi via quelle parole che mi ballano in testa dallo 0 – 2 della Spagna. 
sono incazzata.
sono incazzata! 
sto diventando particolarmente intollerante e antipatica, lo riconosco, ma forse la “vecchiaia” e l’acidità si stanno impossessando di me.
non ce la faccio, non tollero tutti quelli che tifano contro la propria nazionale. che sia di calcio, di squash, di pallamano, di poker o di coni gelato!
ma dico io, ma come si fa? 
la nazionale di uno sport non rappresenta la politica, è una squadra di ragazzi, di campioni, di uomini o donne che siano che sono stati scelti per portare avanti il sogno di tutti noi, quello di trionfare facendo ciò che amano.
i calciatori sono da sempre il “centro” di tutte le polemiche (nel bene e nel male) di tutto questo mondo di allenatori che è l’Italia.
siamo tutti Prandelli oggi e meglio di Prandelli domani.
intanto per queste manifestazioni viene fuori dal cilindro anche chi di calcio non solo non ci capisce niente ma si prende anche la briga di farcelo sapere.
ODIO TOTALE!
insomma, un bel mix.
chi tifa contro l’Italia.
chi non sa quello che dice sull’Italia.
tra i due (forse) preferisco i secondi. perchè almeno ci provano.
ma in tutto questo i peggiori sono coloro che non fanno altro che osannare quando è ovvio e criticare quando è ancora più ovvio.
Italia vince? SIAMO I PIU’ FORTI SPACCHIAMO TUTTO EVVIVA EVVIVA GRANDE BUFFON GRANDE PIRLO GRANDE BALOTELLI
Italia perde? CHE SCHIFO TUTTI FANNULLONI ANDATE A LAVORARE SAPETE SOLO SCOMMETTERE PRENDETE UN SACCO DI MILIARDI
non ce la faccio! non li tollero.
sarò strana, sarò troppo focosa, però non li tollero.
noi Italiani siamo un popolo vero, unico al mondo, pieno di energia, creatività e follia, pieno di forza, di sorrisi e di genio. però, ci perdiamo irrimediabilmente in un bicchiere d’acqua. il risultato? che siamo tutti uniti quando è facile esserlo, non appena viene a mancare un tassellino si scolla tutto, come un puzzle che non ha trovato la sua giusta posizione.
e questo non lo facciamo solo per il calcio. lo facciamo SEMPRE! basti pensare a Andrew Howe, un grande campione dell’atletica italiana, tranquillamente fatto naufragare dopo ogni gara andata storta. però quando ci ha fatto cantare l’inno eravamo tutti sul podio con lui.
lo facciamo anche nell’arte. un argomento a me molto caro. pensate ai nostri decrepiti musei, alla nostra decrepita classe “dirigente” dei suddetti musei. non esiste un metodo, un criterio, una volontà innovativa. lasciamo che tutto affievolisca tra le nostre mani, compreso lo splendore che siamo stati capaci di creare in secoli di magnificenza.
ho visto musei all’estero creati intorno al nulla, ma capaci di attirare milioni di turisti e coccolarli, invitarli, accoglierli.
sono così incazzata stasera che potrei scrivere tutta la notte.
io amo il calcio, amo lo sport, mi appassiono, mi coinvolgo, mi strappo i capelli, mi emoziono.
non credo che tutti possiamo essere allo stesso modo ma è triste che non ci sia uno spirito unico che, anche nei casi più “leggeri” e superficiali ci porti ad essere insieme.
come pensiamo di poter ribaltare la nostra realtà?
siamo un popolo di lamentoni. non ci sposteremo mai dalla nostra mediocrità.
dicendo così lo sono anche io? probabile.
ora esco in terrazzo, annaffio le mie piantine, mi faccio la doccia e vado a letto.
domani la delusione sarà meno forte e rimarrà un ricordo amaro, come tanti piccoli altri (sportivamente parlando). la mia vita continuerà, come quella degli azzurri miliardari che se ne andranno in vacanza con le loro famiglie, le lacrime di Bonucci, Pirlo, Balotelli saranno la loro forza per le prossime stagioni. 
di certo il 4 a 0 non ce lo meritavamo.
di certo il mio post sarà una gocciolina inutile nel mondo delle parole virtuali.
di certo la mia anima ribelle, appassionata, emotiva non smetterà mai di essere così orgogliosamente italiana.


Ode a Firenze.

standard 27 giugno 2012 3 responses

ho salutato le mie amiche e ho deciso di non fare la solita strada per tornare a casa.
ho camminato per strade amiche, ho camminato e respirato Firenze.
la mia Firenze, la città in cui vivo da quasi 11 anni, che accoglie i miei passi, i miei pensieri, che rinchiude nel suo cuore rinascimentale tutta la mia recente vita, ricca di emozioni, di amore, di sussurri, di spazio guadagnato, di incontri, di sguardi.
Firenze che accoglie stanca orde di turisti avidi, Firenze calda, soffocante, afosa, umida, Firenze meravigliosa, estasiante, snob e permalosa.
Firenze unica.
Firenze emozionante.
cammini e sotto i piedi scricchiola la storia, dai tuoi occhi che osservi tu, ignaro, ogni finestra ha raccontato la vita di questa città.
amo ogni scorcio, ogni via, ogni frammento di pavimento.
amo gli occhi delle persone stupite davanti ai monumenti.
amo conoscere dove sto andando, guidata solo dalla voglia di osservare nuove prospettive.
Firenze sei la mia culla.
hai sopportato le mie paure, hai sopportato quando non resistevo più di qualche giorno qui e dovevo tornare a tutti i costi a casa. hai sostenuto la mia solitudine e incoraggiato la compagnia, la novità, il contatto. mi hai fatto scontare delle estati caldissime e senza mare, carezzandomi di ben poca brezza, senza lasciarmi respirare.
Firenze sei la città che amo, che ho scelto, in cui vivo ogni giorno, dove la vita diventa sempre più mia, dove ho districato ogni labirinto della mia anima, dove ho tentato di scoprire le linee più nascoste del mio cuore intricato.
mi sento libera, mi sento accolta, mi sento io, viva, sola, presente.
devo continuare a non avere paura, come stasera, di una vita solitaria.
in fondo è questo che siamo, esseri umani nati per condividere, per coinvolgere, per amare.
ma se non troviamo (con fatica) la nostra concreta dimensione, non possono essere che vani i nostri sforzi di proseguire in tutto ciò che facciamo.
questa solitudine che imparo a vivere ogni giorno, contiene tutto ciò che dovremmo essere: liberi di sentirsi noi stessi, sempre. senza compromessi, senza passi falsi, senza violentare la nostra anima.
il mio prossimo passo è cancellare le ansie, moderare l’affanno.
ma tutto il resto…mi piace.
non smetterò mai di essere come sono, anche se volesse dire una vita di solitudine.
buona notte.


nella culla di Firenze
mi addormento.

aforismi e Andy Warhol

standard 26 giugno 2012 1 response

a quanto pare si tratta solo di aspettare.
nella vita è tutta questione di tempo.
su questo argomento potrei scrivere un poema, potrei argomentare con fiumi di parole. 
Dalì dipingeva orologi molli, Einstein parlava della relatività.
costretta a questa solitudine senza ritorno, volto il mio sguardo altrove, cercando un appiglio, mi distraggo. voglio un punto di riferimento.
voglio poter almeno aspettare qualcosa che non sia solo me stessa riflessa allo specchio.
forze dovrei solo sforzarmi a non ripetere in loop gli stessi errori, credendo che sia impossibile cambiare. guardo intorno a me e vedo concretezza, guardo me e vedo inconsistenza.
Andy vieni, dipingimi, componi il mio viso con le tue immagini a colori pop.
scrivi sul mio volto la forza del mio mondo.
stampa linee nere di confine per non far uscire la sostanza.
tingi i miei capelli di un rosa shock.
lasciami senza parole.
rendimi una musa desiderabile. sconvolgente.
voglio essere aspettata.
voglio essere il desiderio proibito.
voglio essere la voglia sulla pelle.
irresistibile.

bungee jumping

standard 20 giugno 2012 Leave a response

mentre alcune zanzare tramortite dall’antizanzara mi arrivano sparate addosso con la forza del ventilatore che (inutilmente) ho acceso sperando di respirare, trattengo il fiato.
come un filo di seta tra le mani, tesso una tela complicata.
se mi volto rischio di inciampare su di essa, le gambe mi vacillano e gli occhi sfocano.
ma intanto la tela prosegue la sua vita, si crea, a volte da sola, sotto la mia supervisione.
cerco la motivazione a tutto.
cerco di non controllare tutto.
mi giro di schiena.
alle mie spalle una caduta libera, centinaia di metri, non si vede la strada sotto.
alle mie spalle un vento che mi cullerà, durante la caduta.
i talloni si sporgono sempre di più, mi guardo intorno.
la mia strana ma banale vita, prosegue.
che faccio, mi butto?

la chiamavano pollice nero.

standard 14 giugno 2012 Leave a response
dimenticatevi di me.
io non esisto.
non sono più interessante, non sono più sorridente, non sono più io.
non voglio che sia facile, non voglio che sia immediato, voglio solo che esista qualcosa, che non svanisca, che non si infranga, ancora prima di inziare.
non voglio più giocare, non voglio più leggere imprevisti o probabilità, non voglio più rischiare.
non so come si faccia ad essere forte, a resistere a questi spifferi leggeri che ora mi distruggono. ho le mani sbucciate, cado sempre di faccia, sono piena di graffi. 
le croste non faccio in tempo a farle rimarginare, sanguino.
questi ultimi post fanno schifo.
sono densi di depressione e di sconforto.
sono densi di tutto ciò che di peggiore si può conservare dentro un’anima perennemente felice.
pensavo di avere il pollice verde e invece tutte le piante marciscono all’interno. diventano nere, come queste trombette di morto. e pensare che cucinate sono anche buone. 
forse devo diventare cannibale e mangiarmi tutti quelli che, passandomi a fianco, mi fanno diventare sempre più nera.
e un po’ più antipatica, ogni giorno di più.

vorrei essere una principessa di altri tempi, passare le giornate a pettinarmi i lunghi capelli davanti allo specchio. abitare chiusa in una torre e non annoiarmi nonostante la passività dei miei giorni. aspettare il principe azzurro, con calma e determinazione, sapendo che arriverà, se non per la mia bellezza perlomeno per la mia dote.
invece la mia unica dote è questo blog e le mie parole.
e la mia bellezza non è mai esistita. tantomeno esistono i miei lunghi capelli. 
sono corti.
sono impazienti.
nessuna torre, nessuna capacità di attesa, nessuna pazienza.
solo tanta voglia di sbrogliare la matassa, arrivare a capo di questo gomitolo, smettere di tormentare tutti quelli che mi stanno accanto con le stupide ed inutili paranoie di cui mi circondo.
oggi è una giornata così.
nuvolosa, instabile, arrabbiata.
assolutamente depressione totale e su tutta la linea.
non credo più in nessuno spiraglio, mi dispiace tanto di essere arrivata a questo.
lasciatemi in pace.
grazie.

non dire gatto…

standard 13 giugno 2012 Leave a response

sfioro le cose e queste, come fosse un afflato velenoso e forte, svaniscono.
sfioro un sorriso, forse lo rincorro troppo ed esso, impietoso, svanisce.
probabilmente tutte le cose che critico, le persone che si allontanano, che mi rifiutano, non sono tanto peggio di me, di quello che credo di essere io. la loro mediocrità mi riflette pienamente, il rispetto che ho per me stessa equivale a ciò che leggo nei loro occhi: al niente. al vuoto, all’indifferenza.
quello che valgo pare che scompaia ogni giorno, ogni qual volta che qualcuno si prende la briga di rifiutarmi, di fare a meno di me. io decido di fare a meno di me.
decido che vorrei andare via, diventare diversa, di pietra. arrivare in un eremo, dove nessuno mi può raggiungere e scalfire la mia anima, il mio sorriso lungamente desiderato.
tutto quello che continuo a fare invece è strisciare. 
strisciare nell’ombra dove comunque sempre qualcuno può vedermi e ridurmi in poltiglia.
cerco di fare di più, anche stavolta.
ma statemi lontano, sono nociva.

manco a pagarlo oro.

standard 12 giugno 2012 5 responses

non sono mai troppo stanca per dormire, per lasciare in pace i miei pensieri.
ciò che vorrei riuscire a fare (ma non sono capace a quanto pare) è fare la mia strada. o meglio, la mia strada la percorro ma lascio sempre entrare molte interferenze, senza ne arte ne parte, senza che ci siano persone valide e capaci di prendere in mano anche solo un momento della mia vita.
tormentata dalla noia e dalla solitudine cerco appigli, ma chiunque incontro non ha voglia di questo o non sono io la persona da cui vorrebbe qualcosa in più.

non c’è intesa con nessuno e io insisto, spero, combatto ma qui nel letto sono ancora sola.
non ci capisco niente di uomini e credo che effettivamente ce ne siano anche veramente pochi, di uomini. 
e sono ancora sveglia.