Mi innamoro…

standard 20 dicembre 2013 33 responses

Ogni tanto capita che mi innamoro.

Delle mani di una vecchina tutte rugose che cercano gli spiccioli nel borsellino di pelle sdrucita, per pagare un filo di pane al supermercato, creando una coda impaziente alle sue spalle.
Di qualche artista strampalato e fantasioso, che fa opere che anche io sarei capace di fare ma non le fai, quindi ZITTO.
Dei rami spogli dalle foglie, oramai tutte cadute, che sembrano tante piccole braccia in attesa di primavera dal cielo.
Dei miei passi sugli sconnessi marciapiedi fiorentini, che catturano immagini riflesse nelle pozzanghere congelate e ferme.
Dei baffi bianchi e sensibili dei miei felini che corrono sul letto, sulle mensole, sul comò, spostando tutta la polvere di questo pianeta.
Dei raggi di sole che si infilano tra i palazzi, che fanno gli slalom tra le tegole e si tuffano nelle stanze umide e solitarie di questo inverno.
Mi innamoro della vita.
Di quanto è diversa per ognuno di noi.
Di quanto è semplice e complicata, di quanto cambia ad ogni battito di ciglia, di quanto seleziona accuratamente o casualmente le sue vittime o le sue vittoriose cavie.
Mi innamoro dei tuoi occhi, del suo, cuore, dei vostri momenti, degli attimi rubati, delle parole imparate, degli abbracci selezionati, delle polemiche sopite, dei cervelli attivi, delle bugie dimenticate, degli amici tristi, delle necessità urlate, delle esigenze obbligate.
Mi innamoro del rumore della mia macchina carica che domani lascerà Firenze, per raggiungere i sorrisi più belli del mondo.
Mi innamoro delle mie colleghe, che mi fanno ridere, riflettere, arrabbiare, dubitare ma sempre sentire a casa.

Mi innamoro di questo Natale più di quanto non lo sia stata mai nella mia vita.
Perchè questo è un tempo che si trasforma in luogo e lo posso vivere, ci posso passeggiare, lo posso coccolare. E’ il luogo del mio cuore, che trova la sua pace, dentro il cuore di un’altra persona.

Imparo, da questo Natale, ad essere più serena. Che le cose brutte, o tristi, se non sono definitive, trovano sempre la loro strada, una soluzione, l’idea geniale che le tramuta in meraviglie. 

Mi innamoro di voi, che siete la decorazione colorata di un Natale lungo un anno, che leggete le mie trasformazioni con pazienza e attenzione, che ci siete, sempre, e resterete.
La mia Firenze.
Che siano giorni lievi, gentili, zuccherosi e pieni di amore.
A U G U R I !

Nebbia.

standard 16 dicembre 2013 31 responses

Scivolo con i pensieri e con le braccia, sul bordo della vasca appoggio le mie membra stanche.
Sono livida, stanca, poco cordiale, ma sempre innocua.
Non ho ancora varcato il confine. Mentre mi bagno la punta del piede sento che mi abbandona anche l’ultimo entusiasmo remoto, mi lascio andare.
L’acqua risponde alla mia richiesta, mi coccola, mi scalda, rende le mie palpebre pesanti. Si incrociano le ciglia e chiudo gli occhi, sommersa dalle piccole onde del mio profumato bagno.
Galleggiano le bucce d’arancia, i miei capelli si bagnano al gusto di agrumi, sento le essenze insistere per entrare nel mio naso.
Sono circondata. Questo vapore come nebbia copre tutta la stanza. 
Continuo il mio bagno, non c’è più una vasca, non c’è più nessun bordo, sento il frusciare delle foglie, delle canne di bamboo.
L’acqua è fredda. Io sono livida, di un livido inverno, sono gelida, di una gelida nebbia.
Le mie mani si muovono nell’ombra di questa notte, lascio che mi avvolga.
Pensieri, braccia, capelli, profumo, non sento più niente.
La morte di Marat (1793) – J. L. David

Mi piace scrivere. 
Ci provo, anche quando non mi sento particolarmente ispirata, anche quando c’è la nebbia che mi offusca la visione delle cose, anche quando sono polemica, triste, pensierosa, invischiata, ammuffita. E’ facile cadere nei tranelli quotidiani del fare per non fare. Ogni tanto mi ci lascio trasportare, per comodità, per indolenza, per mancanza di energie. Ma in realtà, e questo lo imparo quando la nebbia si dirada, il tempo c’è sempre, per fare le cose che veramente amiamo fare. E allora si mette da parte tutto, anche quelle lacrime che si ostinano a rendere tutto più difficile, ma allo stesso tempo ripuliscono e sciolgono molti nodi.
Ci sono delle convinzioni di cui mi riempio la testa, delle ansie di cui imbottisco le mie giornate come se fossero dei grandi bomboloni strapieni di crema.
E poi viene il tempo per lasciar andare tutto e dire: Ok. Non ho scritto nulla in questi giorni. Però ho fatto molto. E quindi mi do pace, mi perdono, ecco. La mia sensibilità mi si ritorce contro, a volte…anzi, forse molto più spesso di quello che credo, si trasforma in insicurezza e domande. E allora quel tempo, che già è poco e soffocato, lo riempio di punti interrogativi, che si intrecciano, si accavallano, mi perseguitano fino a farmi mancare l’aria.
Fortuna che poi non muoio. Nessuno viene ad uccidermi di soppiato nella vasca da bagno, e non perchè non ce l’ho, ma perchè non c’è niente da ammazzare, se non un’immagine di me che devo riuscire a dimenticare, nella quale ogni tanto mi rifugio per compatirmi e subito dopo odiarmi…e fuggire di nuovo. 
Io sono quella dei sorrisi. Dell’entusiasmo, della follia buona, delle piccole cose.
Sono otto mesi che il mio coinquilino non è più solo un coinquilino. Lui ha la chiave per capire i miei punti interrogativi. Li prende, li stira, li rigira. Adesso hanno tutti la forma di un sorriso. 
(Non nego che a volte anche lui non sa molto bene come fa, perchè io sono una rompiscatole non indifferente…però poi alla fine ci riesce sempre!)
E quest’anno non vedo l’ora che sia Natale. Per nessun’altro motivo che stare con le persone che amo.
Abbracciare le mie sorelle, i miei, la mia nipotina, il pancione di mia sorella e avere con me LA persona che voglio accanto.

Buona settimana, che sia piena di punti interrogativi in trasformazione. ?

SUONARE C15.

standard 5 dicembre 2013 28 responses

Quattro palazzi grigi cemento, scorticati dal tempo e dalle intemperie.

Ventuno anni appena compiuti, freschi ed ingenui come un quadrifoglio bagnato di rugiada.

Una stanza poco accogliente, rustica e vuota, senza personalità, senza ricordi alle pareti, una vita da scrivere e attaccare.

Due piedi sulla soglia della porta blu. 
Tanti numeri da controllare, tutto sembra uniforme, statico.
Pantaloni mai abbastanza rattoppati, spirito libero, colori e frenesie mai frenate.
Quello che mi aspettava tra quelle pareti non potevo saperlo, quel 27 gennaio 2003, fatto di lacrime e separazioni, di trasloco in autobus, di zaini in spalla pesanti e accessori inutili che facevano diventare ancora più pesante lo spostamento.
Ed era così definitivo che non potevo saperlo.
La mia vita a Firenze, da quel momento, ha preso un’altra strada. La ripidità iniziale è stata ripagata, perchè sento ogni giorno la forza acquisita sulle mie spalle, ogni giorno che leggo negli occhi del mio migliore amico quanto sono stata fortunata ad incontrarlo lì, tra più di 400 facce sconosciute, nemiche e in conflitto.
Una decisione presa senza avere altre scelte se non quella di tornare dai miei, mollare l’università e la mia nuova vita. Una decisione sofferta.
Perché dietro quella porta era tutto sconosciuto, tanti tasselli erano ancora da comporre e costruire, trovando loro un senso compiuto, sperando di trovarlo, senza alcuna certezza se non l’acqua fredda sulla faccia la mattina.
Quattro palazzi che erano un villaggio, un campus, un paese, il mio mondo.
Lo sono stati per sei anni, durante i quali ho traslocato da torre a torre, da stanza a monolocale.
Quattro palazzi che mi hanno vista crescere, trasformare.
Giovane, inesperta, sempre contro.
Donna, compiuta, presente.
Un passo dietro l’altro, vincendo vergogna e sguardi a volte troppo taglienti, amicizie e legami così forti che vincono il tempo e le diverse esperienze, ricordi buffi, solitari.
Dio quante risate tra quelle pareti. Sento ancora lo scintillio chiaro delle nostre anime, così libere.
Libere da tutto.
Dalle imposizioni della crescita, dal realismo crudo di una laurea desiderata ma poi quasi inutile, anime libere dai sotterfugi e dalla malignità.
Quattro palazzi grigi cemento, che ho imparato ad amare tantissimo.
La C15 era la mia prima stanza. Torre C, secondo piano, stanza 15, sulla sinistra dopo le scale.
Li sogno spesso, quei giorni. Non perchè adesso viva una vita peggiore, ma probabilmente perchè è LI’, proprio LI’ che mi sono formata, che i piccoli pezzi di plastilina si sono lasciati modellare per creare questa gran pezzo di gnocca donna che vedo adesso.
Ed è stato LI’ proprio LI’ che ho conosciuto i due veri protagonisti di questa mostra.

Maurizio e Mesquita.
Sardegna e Angola.
Biondo, occhi azzurri, fotografo. Nero che più nero non si può, TUTTOLOGO (anche perchè se dovessi seriamente dire la sua professione non saprei da dove cominciare!).

Insomma. Questi due qui, insieme, hanno dato vita ad una mostra, appunto. Un’unione di culture, di amicizia, di larghe intese, di unioni, di condivisione, sorrisi, rispetto, attenzioni, coinvolgimenti, dettagli materiali e immateriali.
Se passate da Firenze, la Feltrinelli International la ospita dal 5 dicembre al 7 gennaio 2014.
Non vedo l’ora di essere lì, stasera, a vedere gli occhi del mio amico brillare di gioia ed emozione per un traguardo, non il primo, della sua carriera, ma soprattutto PER la sua persona così unica, che occupa un posto indissolubile nel mio cuore.
(link ad un articolo de La Repubblica – galleria fotografica con le foto della mostra!)
 Firenze, Feltrinelli International, dal 5 dicembre al 7 gennaio 2014.
Berry e Mesquita – Fotografia di Maurizio Picci.

WOR(L)DS#10

standard 2 dicembre 2013 36 responses

Progetto di Scrittura Creativa di Zelda was a Writer

WOR(L)DS #10

Per Camilla e gli abitanti di Wor(l)ds.

 
A volte si ha bisogno di stringere nodi, fiocchi paffuti, morbidi incroci.
A volte si ha bisogno di riempirci gli occhi di lustrini, magici e ruvidi.

Le mie parole scorrono su un nastro, liscio e color pastello.
Riavvolgo il nastro, riascolto la mia voce.
Ascolto il più piccolo frammento di disturbo, che movimenta il sottofondo.
Emergono in superficie suoni alieni, lingue che non conoscevo. Riavvolgo il nastro. Riascolto.
Stringo il nodo, il fiocco è pronto per l’albero.
Perché ho tradotto tutti i dialetti di questi strani mondi diversi, li ho incontrati, manipolati e vissuti.

Queste Parole Creano Dipendenza.
Assuefazione Virtuale e Straniera.
Guardo dondolare ciò che ho appeso, ammaliata, come fosse un amuleto di gioia color arcobaleno.

 
****
 
Inizia Dicembre e un progetto si è chiuso. 
Mi sento un po’ ubriaca, in quel momento in cui si incrociano malinconia ed euforia.
A dire la verità non mi sono mai ubriacata, ma questo è un altro discorso.
Il sapore che sento è un sapore buono, di persone genuine, di sorrisi che nascono dal cuore.
Vedo una Milano nuova, che mi parla di Pop Art e di navigli.
Vedo nuovi abbracci e sguardi, nonostante sciarpe e cappelli a coprire i venti gelidi.
E allora penso.
Penso che oggi sono di poche parole, che non trovo quelle giuste e che forse, a volte, va bene anche non spenderne troppe.
Penso che è una giornata grigissima, ma che certe condivisioni, non si fanno mai coprire dalle nuvole.
 
Gio & Berry – Andy – Wor(l)ds – Worldsiani & Camilla
E siccome oggi sono silenziosa, vi lascio con ciò che ho letto ieri alla mostra di Andy Wahrol:

Non pensare di fare arte, falla e basta. 
Lascia che siano gli altri a decidere se è buona o cattiva,
se gli piace o gli faccia schifo.
Intanto mentre gli altri sono lì a decidere
tu fai ancora più arte.

LA LINEA BIANCA#4

standard 28 novembre 2013 16 responses

Con una mano appoggiata sul tuo petto e l’altra sotto il mio fianco, ascolto il tuo respiro.

Per quanto possa essere cosa banale, ogni volta mi stupisco di come sia perfetta la forma delle mie dita proprio lì, in quella posizione. Mi immagino di disegnarla con un gessetto, lasciando il mio segno su di te, facendo in modo che sia indelebile al tempo e ai giorni, che a volte scorrono via senza lasciarti il tempo di sbattere le ciglia.
A volte camminiamo e non lasciamo tracce. E il nostro seguito pesante si dissolve. La dispensa piena di barattoli, ordinati, colorati, ognuno con il loro fiocchetto di raso, con le punte un po’ sfilate, conserva sottovuoto i sorrisi e le anime che vestiamo ogni giorno.
Stamani ho aperto il barattolo giallo. C’era anche un gessetto, per disegnare la mia mano sul tuo petto, l’ho lasciato sul comodino.
Voglio ritrovare il suo tratto stasera, quando i miei capelli ti faranno il solletico e il segno polveroso colorerà la tua pelle.
Intanto vestita di giallo, con un fiore tra le mani io varco la soglia di casa, lasciando che la mia scia mi segua, senza dissolversi davvero, perché voglio ritrovare la strada percorsa.

Oggi è un giorno giallo.
Il cielo è giallo.
L’aria non è trasparente ma colorata di giallo

Io respiro sabbia del deserto 
mentre piove camomilla 
dalle nuvole che filtrano il colore del sole.

Tutto è giallo.

Ma io esco lo stesso, in questo strano giorno, perché mi piace vedere ciò che accadrà, minuto dopo minuto, anche se non avrò il tempo di vedere cadere i petali della gerbera che stringo tra le mani.
Me la porto al naso, ogni passo, per coglierne le sfumature, cambiano come cambia la mia prospettiva di osservazione del mondo: anche se avanzo di poco, anche se le mie gambe sono corte, trovo sempre cose nuove da osservare, in questo giorno colorato.
Volano piccoli pollini gialli.

Non è solo pioggia, sono pois di primavera che cadono.

Banksy ?
***
Ci sono delle parole che vorrei dipingere, ma non ne sono capace. E allora cerco immagini in giro per il web, che descrivano quello che voglio dire, ma non sempre ne sono soddisfatta. Banksy è un artista che sa comunicare in un modo incredibile, ma in questo caso avrei voluto un quadro fatto per me. 
Con l’aria rarefatta, piena di pollini e di un giallo diffuso, senza troppi contrasti. 
Un quadro che parlasse di ciò che ho scritto. Dell’aria colorata ma tenue e delicata, che carezza le gote delle persone che passeggiano e che la attraversano.
Un disegno a matita e carboncino, su carta ruvida.
Stasera colorerò il mio disegno con la musica del mio amore. Suonano in un posto vicino Firenze, sono già lì con gli occhi a ? ? che lo guardo suonare.
Domenica invece sarò a colorare insieme a Camilla. Wor(l)ds diventerà una realtà, sarò tanto felice di farne parte. In 10 puntate del suo progetto è stata capace di creare un insieme sinergico di razionalità e tentazioni che non ho mai visto prima. Coinvolgimento e passione, dettagli e grammatica. 
People have the Power, canta Patti. Che sia nelle nostre Parole, questo potere.
Vi bacio. Sono felice.

WOR(L)DS#9

standard 25 novembre 2013 38 responses

Progetto di Scrittura Creativa di Zelda was a Writer



WOR(L)DS #9 

Quell’aereo portava lontano. Pensieri, valigie e illusioni.


Lei, guance calde e soffice intelletto, aveva un amuleto tra le mani, mentre volava sopra Roma, mentre ne percepiva i confini. L’amuleto stretto, colorato, dalle forme sinuose di una matrioska, le dava quel senso di sicurezza necessario, ogni volta che il distacco da terra era reale, non fervidamente immaginato.


Quell’aereo volava lontano. Sospiri, istanti e sorrisi.


Lui, capelli vivaci e sguardo ostinato, aveva un solo desiderio, mentre salutava Roma, mentre rivedeva le foglie gialle raccolte nel cestino della sua bicicletta, un desiderio trasparente e luminoso come un diamante.


Il loro sconosciuto domani si intrecciò, destando i miei occhi con la sua bianca scia, mentre sognavo, sospesa e persa, nell’azzurro cielo di Roma.

***


Trentuno. 
Non è il numero finale di una combinazione segreta.
Nemmeno la temperatura esterna.
Sono gli anni che (anagraficamente) dicono io abbia compiuto ieri.
Non me li sento addosso, così come non voglio sentire questo gelo improvviso sulla città, che mi raffredda il naso anche se sto in casa, mi blocca le ginocchia in bicicletta e mi disturba nonostante gli strati felpati che indosso.
Quindi, dopo questo weekend strapieno, mi tuffo nella nuova settimana cercando di non sentirne il peso, metto in fila gli impegni e i pensieri arruffati e vedo i vostri sorrisi sul mio specchio. I sorrisi delle persone che mi vogliono bene.
Improvvisamente non sento più nemmeno freddo, ma solo un immenso sole che pulsa e irradia la sua luce.
Il regalo migliore sono le persone che continuano a fare il girotondo con te anche se, a volte, gli fai girare un po’ la testa.

Ps: il piddieffe delle composizioni ancora non c’è, appena lo mette on line la nostra Camilla lo pubblico anche io! E forse domenica la conoscerò, speriamo! ^_^

WOR(L)DS#8

standard 18 novembre 2013 28 responses

Progetto di Scrittura Creativa di Zelda was a Writer

 
WOR(L)DS #8 


Abbandono le mie scarpe sul bordo delle scale, ora che la luce arancione invade timidamente la stanza e i miei occhi si abituano all’oscurità.
E sei tu, che spingi l’inchiostro sul foglio, e io scrivo.

La foglia si incrina di un flebile sbaglio
Il colore si perde in infinita clorofilla
Rumori e calpestii commentano il passaggio di indelebili cortei
Di maggiolini e coccinelle rosse.
Variopinto mondo di nature interiori,
Traslucide iridi si gonfiano di rugiada
Acqua riempie il sentire ormai sazio,
Le gole empie si fanno carichi ruscelli.

Comporre note e solfeggi come un lirico amore
Intingere la piuma di un colorato biancore.
Concentrici cerchi si avvitano
Alla ricerca continua, perpetua
Di uno sguardo altrove.


***

Ho fatto sogni affollati.
Sono stati giorni lunghi.
Ho pensato molte cose.
Ho pensato intensamente a molte persone.
Non che sia importante, ma queste parole sono per qualcuno a cui voglio bene. John Keats me le ha ispirate, e a lei le dedico.
Prima che mi sfuggano provo a chiuderle in uno scrigno tutte queste parole, corte o lunghe che siano, perchè oggi le sento scorrere via facilmente. 
E poi…volevo fare gli auguri ad una persona meravigliosa e fuori dall’ordinario, una persona che ha fatto della sua vita sognata una realtà concreta, una che quando la guardi negli occhi vedi amore e purezza, senza malignità, interesse o sotterfugi!


Adesso…sono distratta. 

Devo scappare.
Che la vostra settimana sia piena di carezze.

Ah! Per chi volesse leggere il pdf dei componimenti della scorsa settimana, eccolo qui!

HYSTERIA

standard 13 novembre 2013 34 responses
Mi piacciono gli amori di plastica, infrangibili. 
Di plexiglas, trasparenti.
Senza troppe sfumature, di colori pieni, decisi.
Mi coloro le guance di rosa, ogni mattina. Per diventare più perfetta di quei segni che lascia la notte, che lasciano i sogni.
Mi piacciono le macchie indelebili, i momenti tangibili.
Amori di plastica così materiali che si possono toccare, che io trovi la prospettiva per guardarli, descriverli, fotografarli.
Mi piacciono le scale, gli itinerari, i percorsi.
Mi piace la parola insieme, il cui suono rende armonico ogni minuscolo accordo solitario.
Provo a ripeterla, nella mente e ad alta voce, in questa mattina di guance rosa e pensieri neon, lampeggianti. In questo amore di plastica che mi sono appesa al collo, giallo, per ricordarmi che stavolta non si spezza, è infrangibile davvero. Ma che la strada è lunga e talvolta impercorribile.
Cerco di cambiare la mia prospettiva, nella ripetizione quotidiana dei gesti, sperando che tutto diventi così pieno che le domande si plachino.
Che i miei tormenti trovino la loro casa.
Mi piace l’amore che sto vivendo, vorrei tanto che diventasse accogliente per chi lo vive con me.

– Cuore Giallo Infrangibile
Rileggo queste parole, la mia colazione stamattina.
E’ stato un brutto risveglio. Ho sognato che facevo uno stupido incidente mentre guidavo una specie di van, che volevo chiamare il mio avvocato ma non potevo, non riuscivo, c’era qualche impedimento. Con il van avevo colpito un salice piangente, perchè non riuscivo a stringere bene una curva. Accanto al salice c’erano due persone, una testimoniava contro di me e una a favore…da lì iniziava un interrogatorio infinito (vedo troppi telefilm di spionaggio…).
Mi ricordo un tavolo lungo e freddo, sul quale appoggiavo le braccia e la netta sensazione di impotenza, di equivoci e sotterfugi, di sguardi di intesa contro di me. 
Mi ricordo la sensazione di sentirsi braccata, osservata, ascoltata nel modo sbagliato.
Ricordo i pregiudizi.
Ma l’arma migliore contro questi sogni sono i risvegli. E scrivere.
Perchè ora vorrei tanto essere altrove.
Lì nel mio posto del cuore, in riva all’Arno.
Passeggiare, sedermi, sentire solo il rumore dell’acqua, violenta.
Scrivere sporcando le pagine d’erba, come i jeans sulle ginocchia quando ero piccola e guardare le formiche che accumulano, di corsa, le ultime provviste per l’inverno.
Forse dovrei vivere la prossima stagione senza più sentire la necessità di accumulare, non sono una formica. Ho accumulato abbastanza risposte e cercato molte provviste, rovistando tra le domande che mi tormentano. Non è che scavando nuovi tunnel che si risolvono vecchie lacune. E poi, appunto, non sono una formica.
Sospiro.
Le formiche ce le ho nella testa.
Sospiro.
Miodddio quanti pensieri.
Sospiro.
Nessuna domanda, almeno per oggi.
Sospiro.
Ho tutto quello che mi serve. 
Formica, trovami il bandolo della matassa.

WOR(L)DS#7

standard 11 novembre 2013 48 responses

Progetto di Scrittura Creativa di Zelda was a Writer


WOR(L)DS #7

Il tempo cambia il suo corso, ora che sono qui.
Il molo di un lago.
Mi siedo. Gli assi di legno scricchiolano. Le mie gambe ciondolano come un pendolo. Il loro riflesso è delicato, piccole pieghe increspano l’acqua e le lancette.
Un orologio guida i pensieri, mentre i capelli svolazzano toccando il mio naso freddo. Ogni ticchettio sgretola e crea una successione perpetua di immagini.
Tutto rotola via, tranne il sole.
Mi sdraio sulle assi di legno e lo vedo, chiudo gli occhi ma non si spegne.
Luccica sul lago una macchia nera, ma forse è la mia coscienza. Galleggia e resiste, sotto questi raggi amici.
Chiudo gli occhi di nuovo e allineo ogni quadro al suo posto, in questa pinacoteca fertile di arte permanente.

Quando si cambia ambiente, 
anche lo scorrere del tempo e delle emozioni 
assume improvvisamente una dimensione diversa.
A sud del confine, a ovest del sole – H. Murakami
***
Procediamo a gonfie vele, o così almeno è quello che sembra, ogni lunedì. In realtà il tumulto che mi creano gli stimoli di Camilla non è chiaro nemmeno a me. Lei scrive con una semplicità assurda i suoi post che a me parlano di quanta strada ho da fare ma anche di quanta ne posso davvero fare, se solo ci metto la testa oltre al cuore, in ciò che scrivo.
La passione e l’ispirazione non sono tutto per chi ama scrivere.
La grammatica e la razionalità contano allo stesso modo.
E dunque. Non solo l’amore, nelle parole. Devo cercare di parlare di altro in questi piccoli componimenti. Qui parlo di una cosa che mi fa accendere lo sguardo e l’anima: l’arte. Il modo delicato in cui io la vivo e le emozioni senza luogo e senza tempo che mi crea dentro.
Una specie di smania, un formicolio.
Queste riflessioni vanno oltre, si espandono proprio come quella macchia nel lago, colorando anche altri momenti della mia vita.
L’intensità con la quale viviamo la possiamo regolare noi, non è fuori controllo.
Però cercate di essere quanto più intensi potete.
L’amicizia, il lavoro, le vostre passioni e le vostre intenzioni. Non ci sono motivi per rimanere in superficie, tutto merita di essere studiato, approfondito, amato.
Io l’ho sperimentato e lo sperimento tutti i giorni…ché poi a rimanere freddi c’è tempo, il tempo dell’aldilà.
Vi voglio bene.

WOR(L)DS#6

standard 4 novembre 2013 44 responses

Progetto di Scrittura Creativa di Zelda was a Writer

WOR(L)DS #6 

Le lettere si accavallano, leggere, su uno strato di nuvole.
Escono dal comignolo solitario di quella casa in mezzo alla radura, di cui non ricordo il nome, ma solo la strada per arrivare.
Insieme alle lettere esce l’odore che mescola l’inverno con il sole.
La buccia del mandarino si rapprende, si accartoccia, arriccia i suoi confini arancioni che diventano piano piano più scuri, più duri, lasciando una scia croccante.
Lettere profumate si adagiano in un batuffolo di cotone appeso al cielo.
In questo mondo di ovatta cullo i miei pensieri, ora che passo le mie giornate tra le guglie del Duomo. Vedo Milano e vedo anche la radura, lontana, e la tua foto dai bordi rovinati appesa al muro.
Vedo le mensole impolverate, forbici, cornici, piccoli portafortuna e un salvadanaio. Ogni moneta che ho raccolto è un ricordo che ogni giorno pesco, come elemosina alla mia memoria.


***


E mentre queste parole si perdono e si riacchiappano, in un cumulonembo di lettere accatastate in attesa che qualcuno le sciolga e le riordini, vi lascio il piddieffe della scorsa settimana (e siamo a 5!!), con la promessa che ce ne saranno altri 5!
Questo non è l’unico progetto collettivo a cui aderisco in questo periodo, anche se devo dire che nella loro totale differenza un po’ sono simili. 
Sono due allenamenti, due esercitazioni, entrambi mi usano il mio corpo come mezzo per esprimere qualcosa e entrambi hanno come scopo una continuità successiva al termine dello stesso.
Qui si tratta di trovare le parole. 
Parole (chiave) che chiamano altre parole, associazioni di pensieri.
Nell’altro si tratta di gambe.
Che mi piace correre è cosa nota. Corro e rincorro sempre, tutto. Nella vita, nei fine settimana affollati di cose da fare, di persone da abbracciare e gatti da accarezzare.
E poi corro perchè corro. Ed ecco quindi Firenze Corre, il progetto di allenamento collettivo che fino a giugno riempirà ogni mercoledì le strade della mia città…potevo non partecipare?

Quindi penso…penso alla collettività. A come mi è sempre piaciuto fare le cose insieme, quando con la parola insieme si intende tante cose, tante persone, tante presenze. Non sono uno spirito che tende alla solitudine e questo, a mio avviso, è un valore aggiunto.
Rinchiudersi in un piccolo mondo solitario può far bene, a piccole dosi, ma la vita è affollata, fluente, ricca.
Non lasciatevi mai assorbire dall’apatia della solitudine.
Qui c’è un mondo di sorrisi e intrecci indissolubili, per tutti.

Benevento, Museo del Sannio, Chiostro di Santa Sofia – novembre 2013