In questi giorni non so mai da dove cominciare.
Sarà che è Settembre, il mese degli inizi, e io come al solito vado contro corrente.
Ho voglia di scrivere di come lavo i piatti.
Di come mi sono sporcata le mani di blu inchiostro.
Di quanto è bello il minuscolo gattino rosso che ho da due giorni per casa.
Di come vorrei fare una passeggiata tra i campi, tra le mani un grappolo d’uva dolce.
Del vento fresco delle cinque di mattina.
Del peso del lenzuolo sulle mie gambe scoperte.
Di quell’ombra che mi segue, che io seguo, ogni giorno.
Voglio dettagliare tutte le cose che ho visto in viaggio.
Il vento forte di Tarifa che arrivava dal Mediterraneo, lanciando sulle nostre gambe la piccola sabbia dorata.
La condensa sulla caña di birra, il sapore dei montaditos e delle olive.
Le polemiche e i manifestanti alla dogana, in uscita da Gibilterra, le sue scimmie antipatiche, la discesa sotto il sole cocente.
Le curve infinite per arrivare a Ronda e la sosta al distributore disperso nella Sierra de las Nieves, dopo aver salutato il mare e abbracciato la M4ry a Malaga.
La profondità di campo, di vita, di appartenenza osservando l’Alhambra al tramonto.
Tutte le gocce di sudore per ogni passo a Siviglia, che fossero le cinque di mattina o mezzogiorno.
I castelli, le fortezze, i giardini, le salite, i nomi delle calle.
Le volte in cui abbiamo sbagliato strada, girando in tondo alle rotonde o perchè appena avanti, girare a sinistra e magari a sinistra non c’era nessuna strada.
Le sfilate assurde di modelli assurdi (e nudi) a Ibiza, il viaggio in aereo dove ci sentivamo degli attempati vacanzieri in un mondo di teenager, costantemente richiamati dalle hostess.
La città di cui mi sono innamorata, Cordoba, non so nemmeno spiegare il perchè, forse anche per il sapore del fico che mi sono comprata al mercato della frutta.
E’ settembre quindi, l’inizio e la fine. E’ un cerchio, con due semicerchi di colore diverso, se ne distinguono i tratti. E’ qui che si spengono i colori e si radicano i progetti, anche se a lungo termine.
Yin e Yang.
E ciò che mi lascia sospesa è questa perenne alternanza, ma è anche ciò che mi lascia in vita. L’alternarsi delle stagioni, delle emozioni, delle notti che passano diventando sole.
L’evoluzione di ogni cosa, l’attesa e la corrispondenza, la speranza, la costanza.
Faccio entrare la notte, in questo settembre celeste chiaro.
Nel buio, a tentoni, per fare ordine.
Tutto torna.
La lunette d’approche – R. Magritte (1963) |