LA CASA NELLA PRATERIA.

standard 5 settembre 2014 15 responses
Mi trasformo.
Se venite a casa dei miei stasera ve ne accorgerete.
Appena, anche solo con il pensiero, tocco la Maremma…divento un’altra.

1. Penso solo al cibo.
2. Mi addormento ovunque, soprattutto sul divano.
3. Le mie sorelle abusano della mia persona, mentre dormo, nei modi seguenti: mi fanno fotografie con i loro piedi sotto il naso o con un cartello sopra la testa con scritto PUZZO e poi le pubblicano su facebook con il mio account, distruggendo in un secondo il mio curatissimo profilo. E la cosa mi fa anche ridere.
4. Mi abbiglio in modi molto opinabili. Tanto stiamo in campagna.
5. La mia iperattività si smaterializza lasciando spazio al più totale rilassamento fisico e mentale.
6. Anche solo percorrere 2 chilometri per arrivare in paese (con la macchina) mi crea fastidio e stanchezza. Quando sono a Firenze faccio molto peggio!
7. Oltre a pensare al cibo mi nutro come se non ci fosse un domani. E una bilancia ad attendermi, perlomeno nella mia coscienza.
8. Faccio qualche passeggiatina nel verde tollerando la presenza degli insetti. Ovviamente piccoli. Ovviamente molto piccoli e molto innocui.

La cosa più divertente di tutto questo è vedere l’integrazione del Bullo. In fondo non è molto che siamo fidanzati ma quando andiamo lì anche lui si sente A CASA. Ormai le mie sorelle hanno preso il sopravvento anche su di lui, il cibo anche e l’incapacità di intendere e di volere pure. Ma che ci volete fare. L’amore a volte diventa la piacevole scusa per trovare un’altra casa, oltre alla propria.
E quindi mi sento così fortunata.
Fortunata perché mi hanno insegnato ad amare le piccole cose, ad individuarle nel marasma, a gustarmi ogni momento come se fosse un regalo. E nella mia trasformazione da donna di città a figlia di campagna rimane sempre il mio cuore.

Il cuore non si trasforma.

I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.

I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere Iddio.

Ma i poeti, nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.
Alda Merini

Battiti su battiti su battiti su battiti…

PENSIERI INTERMITTENTI. E l’estate?

standard 29 agosto 2014 16 responses
Pagina bianca.
Intermittenza di pensieri.
Non importa più di che colore decido di vestirmi la mattina, perché la mia pelle abbronzata aiuta a dimenticare gli abbinamenti.
Vorrei essere investita da un vento che mi ispira, dalla penna e dai pensieri di antichi poeti, buttare giù parole su parole senza rendermene conto, frasi di senso compiuto, articolare nefandezze senza dare spiegazioni, essere al di sopra di ogni giustificazione, di ogni dubbio, di ogni momento di spossatezza altrui.

E poi le vacanze.
Che mi hanno portato via un briciolo della mia solita follia, ma mi hanno regalato tanto.
Ventuno giorni intensi, pieni di kilometri, di sorrisi, abbracci e mani sudate, di brividi per il freddo e brividi per l’emozione, di ninne nanne sussurrate, di mare paradisiaco, di grigliate e pochi gelati, di melanzane sottolio, di notizie inaspettate.
L’estate della svolta, l’estate che l’abbronzatura si sbriciola sulle mie mani, l’estate durata poco, piena di lavoro, di paure, di impegno, di ansie.
Le vacanze.
Godute, volute, MERITATE.
Troppi aerei, ora basta, almeno per un po’.
Pensieri intermittenti.

Ho voglia di ripartire. Di rimanere. Di camminare (di correre!!!).
Ho tante cose (nuove) a cui pensare.
Di poesie nemmeno il lontano ricordo. Tanti luoghi comuni, un proverbio che condisce ogni frase, il mio sguardo un po’ spento.
Sono confusa, sono ripiena, sono satura e vuota.

Sono sempre io, sorrisi e parole sparpagliati a caso.

Vi sono mancata?

Principina (GR). L’amore puro. Berry, Denise, Natalia, Speranza. Il piccolo Giovanni e la dolce Letizia.

Amalfi (SA). Tanti kilometri per abbracciarti tutta ? M4ry e Berry ?

Guardia Sanframondi (BN). Il paese del mio amore.

Roccastrada (GR). La “piccola” diventa grande…

Costa Rei (CA). Sensazioni d’infinito…

Punta Molentis (CA). Cartoline dalla Sardegna.

Roccastrada (GR). Un riassunto di amore.

GIORNI A SEGUIRE…

standard 1 agosto 2014 17 responses
Ho scritto la data.

Di questo giorno al contrario. Così per capire che ancora deve quasi nascere.
Le mie notti senza sogni sono strane.
Mi addormento affondando la testa sul cuscino, pesante come un troll impietrito, mi risveglio la mattina che non so nemmeno di che colore erano le stelle. Non ricordo i baci, le carezze, il peso delle lenzuola. Non ricordo l’ultimo pensiero che ho fatto, a chi l’ho dedicato.
Deve essere il buio della stanchezza.
Si mangia la coscienza e l’inconscio, affamato buio, addormentata mente, silenzioso compagno di giornate strane.
Insomma in pratica. Mi addormento la sera e mi risveglio la mattina.
E fin lì tutto ok.
Un lungo sonno senza alcuna pausa. Non ci sono sfumature, non c’è spazio per la sete, per i sospiri, per le fusa dei miei gatti.
Lo strascico, il recupero, il riposo del guerriero.
I capelli che scivolano come l’acqua sul marmo.
Le mani che solcano la pelle di chi ti è accanto.

E anche se sogno è tutto così incasinato da non lasciare alternative, dimentico.

L’unica cosa che non dimentico è che sta per scoccare l’ora beata delle ferie.
Alle 18 in punto il mio orologio mentale si affloscerà, tipo gli orologi di Dalì. Il tempo non avrà più senso, lo scorrere delle giornate sarà definito dai sospiri e dalla crema solare, gli impegni cadenzati come i passi di un camaleonte. Lenti. Occhi socchiusi. Penombra. Niente affanni.
Perlomeno questo è quello che vorrei.
Poi, conoscendomi, so che lo renderò impossibile a partire dalle 18.01. Troppe idee e desideri concentrati in (sempre e comunque) giorni limitati.

Ma sono felice. In fondo per me l’arrivo delle ferie è come un piccolo time out. Valutazioni e pensieri come se fosse dicembre insomma…questo 2014 è stato finora impegnativo. Incasinato da morire, pieno di aerei, viaggi (di lavoro), di progetti, di nervosismo, di insoddisfazione (lavorativa anche questa).
Ma, dicevo, sono felice. Meglio ancora…sto percorrendo la mia felicità. A volte ho paura, a volte sono intimorita, ma vado avanti, prendo decisioni (importanti), sfido le tempeste del lavoro perché il mio amore è così forte e attivo che non si smonta. 
L’estate, che per me inizia tra qualche ora, sarà un’estate al risparmio, ma sempre
F E L I C E
Niente viaggi vagabondi, niente strane perlustrazioni europee. Qualche giorno dai suoceri, qualche giorno da amici (in Sardegna ^_^ ) e qualche giorno dai miei. Tornerò a Firenze e la giostra continuerà a girare, certe cose non cambieranno MAI e altre invece sono sicura che andranno sempre meglio.
Nel mio prossimo futuro ci sono un paio di cose sicure.
Il mio sorriso.
Il blog.
La mia voglia di amare. E di correre.
E il nostro ? matrimonio ? tra 9 mesi (voglio sentire un coro di “woooooooow”!!)

Vi bacio, vi stringo, vi aspetto.
…e di certo, tra 9 mesi, non sarò vestita così. ^_^

SUI LIMITI E SULLE LIBERTA’. Notti insonni e stellati pensieri.

standard 22 luglio 2014 17 responses
Cammino pesante. Lascio impronte leggere.
Fiato costante. Respiro.
Le lucciole che mi circondano sono spente e nascoste.
Questo cielo mi regala tre scie luminose, cadenti stelle dai lunghi capelli dorati.
Fantastico, desidero, bramo.
Lascio che la mia mente si addobbi di colori, lascio che le parole seguano la stella, lascio libera per un attimo la mia coscienza di vagare senza intrigarla nei sensi di colpa.

Sono quegli attimi che non dimenticherai mai.

Ma il mai non esiste. Non esiste il sempre, il più, le sicurezze.
Tutto è in balia del cielo, in questa notte limpida e distratta, mentre i miei piedi si muovono sulla sabbia dando forma ai miei pensieri.
I limiti non sono mai stati il mio forte. 
I miei limiti sono labili come le fini gocce di pioggia che lasciano traccia sull’acqua. 
Si disfano, si ampliano, creano eco e gentili cerchi gemelli. 

Questo è il mio momento.
Sono tigre, sono gatta, sono morbido petalo vellutato.
Sono in attesa e in attacco, sono sollevata e superficiale, indisponente, profonda e attenta. 
Sgomito, farfuglio, ho bisogno di tutto e di niente.
Mi lascio andare e mi faccio cullare.
Il mio limite è un filo, un’amaca che mi culla.
E’ l’ultimo cerchio di una goccia di pioggia sul lago calmo.
E’ il riverbero del sole che crea mille arcobaleni, ma non quello che voglio io.
Il mio limite si disegna nel cielo buio insieme alle scie delle stelle.
Si unisce, tutto insieme, come fossero miliardi di piccoli puntini invisibili.
E’ una catena. Il nastro di un palloncino, un biondo capello abbandonato sul viso, una lacrima spontanea.
Questo è il mio momento. Ho messo le ancore, ho adattato la vista, ho sistemato i confini.
Ho capito che questo limite non è zavorra ma libertà.

Libertà di conoscermi, di esplorare, di andare sempre più a fondo.
Libertà di essere come sono, di farmi amare, di farmi guardare.
Libertà di innamorarmi ogni giorno, di sospirare, di trattenere il fiato.
Libertà di sorridere alla vita, sorprendente dea dagli occhi bendati, che ti toglie ma ti da sempre, sempre, sempre. 
Libertà di saper trovare sempre la giusta prospettiva per guardare le cose, per vederle bene, per individuarne l’anima e la positività.
Libertà di sorprendermi, di deludere ma comunque andare avanti.

Un limite che diventa libertà. Perché siamo padroni di noi stessi e la nostra vita possiamo modellarla come fosse mollica di pane, per far si che diventi uguale a ciò che desideriamo, perlomeno nel modo in cui noi stessi guardiamo gli altri, le cose, le sfumature.
Oggi sono padrona di me stessa.
Dopo dei giorni importanti, intensi, faticosi, ricchi di imprevisti e probabili conclusioni (senza giocare a Monopoli) posso davvero dire che SONO TORNATA.
Sono felice.
Sono piena.
Sono limitata ma LIBERA.

Spiragli di luce soffusa e sfocata.

HIBISCUS.

standard 7 luglio 2014 12 responses

A metà tra la prigione e il paradiso.
Non so distinguere cosa mi attende all’orizzonte,  non so nemmeno se è importante,  in fondo viviamo così tutti i giorni, ognuno nei nostri “limbo” personali, sociali, lavorativi, colorati, bui, nascosti o esposti.
E il mio limbo ha solo una cosa diversa dagli altri. È il mio.
Pieno di chiacchiere,  di sorrisi tirati, di notti solitarie…hibiscus dietro ogni passo, angolo e sguardo, aria di mare, aria del sud, assenze, obblighi, necessità.  Un milione di domande senza risposta alle quali provo a dare pace, a trattenere, sopportare, quietare.
Tutto diventa pesante.
Leggero.
Scorrevole.
Ingombrante.
In continuo contrasto.
Vorrei che il tempo volasse, ma ne vorrei ancora un pochino.
In tutta questa incertezza fiabesca e diabolica mi manca il punto fermo, il mio mangia-sospiri, l’abile arrulolatore di pazienze, il mio centro, il mio equilibrio.
E mentre la notte si spegne presto, complici l’impegno e il dovere, mi ranicchio sul mio letto a righe e cerco la virgola che mi farà addormentare.

Buona notte, per altre tredici notti, dalla Sicilia.
Ps: non sono in vacanza…ma a lavoro fuori sede.

MESSAGE IN A BOTTLE.

standard 30 giugno 2014 18 responses
Vi capita mai di sognare qualcuno e di non potervi trattenere dal dirglielo?
Anche se questa persona non fa più parte della vostra vita, si è allontanata per uno scalino salito nel modo sbagliato, qualche anno fa? Ecco, a me succede spesso, soprattutto con questa vecchia amica, ormai molto lontana da me. Con lei ho condiviso cinque anni bellissimi, di risate e confidenza, di amicizia vera, molto intensa e sincera. Poi, come quelle palline di Natale vintage di quel vetro leggero e fragile, si è rotto tutto. Si è infranto tra le mie mani, senza che me ne accorgessi – come al solito -, anche se ero una delle attrici principali, in quella sceneggiatura confusa e quasi senza senso che ha avuto seguito fino a qualche anno dopo.
Mi capita di sognare che ancora siamo amiche.
Sarà il senso di colpa, che ho sempre mal gestito, che mi lancia delle piccole frecciatine quando mi addormento, per ricordarmi che questo scheletrino nell’armadio non l’ho mai voluto sistemare davvero? Chissà. Oppure è solo la sensazione di qualcosa che è stato così imprevedibile che mi ha lasciato incapace di intendere e di volere per un po’. Tutt’ora a distanza di anni non so trovare la giusta spiegazione, non trovo esatto il ruolo che mi è stato affibbiato all’epoca dei fatti
Non ricordo cosa accadeva nel sogno di preciso e perché eravamo insieme, forse perché pensavo a lei qualche giorno fa, perché non ho mai smesso di lambiccarmi il cervello su questa cosa, perché nel libro di Murakami che ho da poco terminato si parla proprio di amici dimenticati, di vita che copre altra vita come fosse sabbia del deserto, la copre ma non la cancella, e poi questa sabbia d’improvviso vola e tutto ti guarda in faccia come fosse un altro TE allo specchio. Due realtà, due vite parallele ma completamente diverse, l’ammissione di colpa, la ferita di una mancanza, la sensazione (comunque) di aver perso qualcosa.
E così scrivo qui, sperando che in qualche modo venga letto, affido il mio pensiero alle righe del blog come fosse una bottiglietta in mezzo al mare, cullata dalle onde, abbracciata da nuovi sorrisi ma sempre e costantemente con il ricordo vivido e felice di quell’amica così importante.
Scrivo forse per chiedere scusa ancora una volta, una parola che non è mai bastata nemmeno a me che la pronunciavo. Non ho mai cercato di giustificare me stessa, forse mi sono solo nascosta.
Forse sono ancora un po’ confusa in merito. Forse dovrei smettere di pensarci. Forse sono troppo profonda e introspettiva. Forse nemmeno lei ci pensa più.
Però mi piacerebbe che la vita ci facesse rincontrare. Riabbracciare ed essere complici come lo eravamo. So che potrei farlo accadere io, che sono tanto brava nelle riconciliazioni, che non conosco rancore o slealtà. Ma dopo sei anni mi chiedo cosa sia rimasto dentro il suo cuore, forse meglio aspettare ancora, che quello scheletro diventi per entrambe cenere, che in fondo è molto simile alla sabbia…ruvida, leviga, aiuta a cancellare le cose superficiali ed a far affiorare quelle che stanno in fondo, le più dure da sconfiggere…le cose belle.
L’andamento della vita è come un susseguirsi di curve, ci sono dei rettilinei più lunghi che ci fanno incontrare persone per più tempo, alcune rimangono nonostante gli sbandamenti, alcune sono passeggere ma ugualmente importanti, perché magari la curva da affrontare era difficile, alcune sono dei lievi spostamenti dei capelli dalla fronte, altre sono la tua solida strada. L’amicizia è per me come un guard rail, una certezza, una sicurezza, un appiglio, un impegno. E’ una storia d’amore che ho sempre voluto coltivare e mai abbandonare, fino al suo respiro più flebile, che gridava all’eutanasia, alla fine, alla morte.
Probabilmente fino all’Università non avevo mai assaporato cosa realmente può darti un amico. Ero sempre stata timida e sfigatella, almeno fino alle medie, quella che rincorre sempre gli altri per essere considerata…e un po’ così lo sono rimasta, con questa sensazione perenne di colpa per qualsiasi inezia…ma ho anche goduto (e tuttora ne godo) della vera amicizia, passando da quelle soffocanti e totalizzanti fino a quelle vere, emozionanti, di colori accesi e profumati abbracci.
E quindi, cara amica S., ti ho sognata.
Ho smesso di credere nelle favole, ma ogni tanto, nonostante il cinismo che sta dilagando, le persone si corrono ancora incontro, cancellando le distanze e le brutte memorie.

Piedi nell’erba e tre piccoli fiori in miniatura

MANGIAFUOCO & LABIRINTI.

standard 16 giugno 2014 20 responses
N O N  C E  L A  F A C C I O  P I U’

Mi sembra di avere un’esplosione nucleare nello stomaco da tenere a bada.
Hai voglia a sospirare, respirare, trattenere il fiato, cercare di non affogare. Comunque non serve.
Quando il “malessere” arriva da qualcosa di esterno ed incontrollabile tu puoi solo tamponare come sai, ma spesso non basta, soprattutto quando la stoffa è logora, i buchi sono troppi e sei vulnerabile. Soprattutto quando la linea tra il sorriso e il vaffanculo è completamente erosa da settimane di falsa cortesia.
E dunque non ce la faccio più.
Vedo le stagioni passare, mi domando dove io abbia messo tutto l’entusiasmo, la competenza, le voglie e l’intensità. Mi rispondo che il Mangiafuoco che ho intorno, per ora, si è assorbito tutto.

D’altra parte i Mangiafuoco sono grossi, hanno una barbona nera e fluttuante, tanti capelli che sembrano una criniera, sono aggressivi, ingiusti, poco corretti e non coerenti, non prendono mai nessuna decisione per fare in modo che la colpa, alla fine, ricada su di te.
Sono perfidi, illegali, indifferenti. Agiscono platealmente con arroganza e, tronfi del loro potere, travolgono tutti sotto le loro scarpe firmate (ma inguardabili) che calzano ai piedi.
Sono famosi ma ratti infami che si aggirano nelle fogne, cercando errori e sotterfugi uguali ai loro. E il brutto è che non si sentiranno mai sporchi, mai paghi delle loro spregevoli situazioni luride, certi che la faranno franca, ancora una volta, anche dalla loro coscienza. Una fuga costante insomma. 
Una vita inaccettabile per me. Un modo insulso di abitare questo mondo. In queste persone non c’è dignità, non c’è riconoscenza, non c’è nessun tipo di cuore, di mente, di volontà, di positività, di ammirazione. Sono esseri vuoti, che si rendono Mangiafuoco per ingannarci, per sottrarci alla nostra vita semplice ma solida, sono invidiosi e ricchi della loro inutile furbizia, moneta il cui utilizzo rende pieno solo il portafoglio di chi non ne capisce la miseria.
Sono costantemente dubbiosi, perché sono i primi ingannatori.
Sono sempre con un piede in due scarpe, per avere la soluzione ad ogni eventuale inghippo.
Sono scaltri, ma senza nessun vantaggio se non quello di accaparrarsi altro nulla, altro vuoto, altre soddisfazioni folli e futili.
Mi vengono in mente i film che amavo da ragazzina, dove c’era un nemico da combattere, un male oscuro e distruttivo de La Storia Infinita, oppure una banda di delinquenti senza coraggio de I Goonies. Oppure i film che amo adesso, i libri un po’ visionari di Murakami, i fantasy di Tolkien. I protagonisti sono sempre dei soldati contro il male. Sia che il male sia una bella ragazza riluttante o un intero esercito di orchi sanguinari. Ecco…io pensavo che fossero solo storie da film, da libro, da storia da raccontare vicino al camino. Invece sono sempre più storie dei giorni nostri, della quotidianità, delle nostre vite così congestionate che ci fanno perdere, evidentemente, il lume della ragione.

Quello che posso fare, per me, per chi amo, per chi mi ama, è prendermi cura del mio piccolo orticello. Nutrirlo, amarlo a mia volta, vederlo crescere, osservarlo, proteggerlo.
Queste sono le uniche cose che posso fare. 
Ma diventa difficile percorrere queste strade, diventano intricati labirinti di sospiri e parole non dette. Ogni mattina se ne aggiunge una, mentre si sposta il lenzuolo per alzarsi dal letto. Ogni mattina stento a riconoscermi.
E per quanto si creda che l’amore sia una delle armi valide per sconfiggere l’ingiustizia ormai…non ci credo più. Sono tutti finti baluardi da issare sulle proprie navi. Io tengo la vela ammainata e viaggio a vista, godendo ogni dettaglio e lasciando andare tutto questo mondo fatto di Mangiafuoco che mi ostino a non voler credere siano parte della mia stessa specie.
Quella (dis)umana.

“Tanto tempo fa, nel regno sotterraneo, dove la bugia, il dolore, non hanno significato, viveva una principessa che sognava il mondo degli umani. Sognava il cielo azzurro, la brezza lieve e la lucentezza del sole. Un giorno, traendo in inganno i suoi guardiani, fuggì. Ma appena fuori, i raggi del sole la accecarono, cancellando così la sua memoria. La principessa dimenticò chi fosse e da dove provenisse. Il suo corpo patì il freddo, la malattia, il dolore, e dopo qualche anno morì. Nonostante tutto, il Re fu certo che l’anima della principessa avrebbe, un giorno, fatto ritorno, magari in un altro corpo, in un altro luogo, in un altro tempo. L’avrebbe aspettata, fino al suo ultimo respiro. Fino a che il mondo non avesse smesso di girare.”

Il Labirinto del Fauno 

Il Labirinto del Fauno – film di Guillermo del Toro (2006)

IL RUMORE DELLA PIOGGIA.

standard 4 giugno 2014 48 responses
Ho sentito il rumore della pioggia sulla macchina dall’inizio alla fine del mio viaggio.
Ho pensato a queste parole per quei minuti interminabili di pioggia.
In cui non sentivo altro che il caldo del volante sulle mie mani, il fresco del vetro umido e appannato, in cui non vedevo altro che i fari, gallerie, nebbia. Nessun altro paesaggio se non la strada di fronte a me.

Nessun’altra follia o tradimento, solo io e la pioggia.
Nessuna bugia o corse impazzite, solo il mio respiro calmo…e la pioggia.

E la mia mente rielabora progetti, salti di qualità, estensioni temporali per rendere tutto fattibile.
Curva dopo curva.
Mano dopo mano.
Scambio, sguardo, attenzione, biberon di latte finto, sensazioni familiari. Abbracci. Amore allo stato puro, gioia, resistenza (alle lacrime), strade strade e ancora strade. Svolte, scelte, incroci, semafori, caselli autostradali, prezzi della benzina.
Tutto cambia, tutto si modifica, tutto si dimentica, tutto prende la propria direzione.

Io prendo le tue piccole mani paffute.
Prendo i tuoi riccioli.
I tuoi sorrisi di denti mancanti, i tuoi invece ancora inconsapevoli.
Prendo voi, mia droga d’amore, metà dolcezza, metà soffice candore.
E farei ancora tanti chilometri, come un innamorato per la sua principessa, che lo aspetta al tramonto alla finestra socchiusa.
Pagine e pagine di favole, dinosauri, strani giochi dell’oca.
Pagine che vorrei io scrivere con voi, tutti insieme, tutti i giorni.

La vita è come un domino al contrario.
Se pensi a ciò che più ami non smetteresti mai di ringraziare chi ha dato forma a tutto questo, tornando passo passo indietro fino ai tuoi antenati più lontani e nascosti.
La vita è un albero. Una spiaggia deserta. E’ ricca di speranza e di presenze.
Le mie sorelle sono i rami più belli, le presenze più intense, i sorrisi tiepidi e le esplosioni di affetto, i pianti, i morsi, i ricordi e la sicurezza del mio futuro.
Sono fortunata perché nell’umiltà della mia vita posso vantarmi della ricchezza più grande.
Avere loro. Essere con loro. Senza simbiosi ossessive o ingegni particolari. Così come siamo, un NOI che non svanirà mai.

Risalgo le caselline del mio domino e concludo il mio percorso.
Questo post è stato un delirio, un travaglio, una sanguisuga attaccata al collo che mi succhiava via le parole ogni volta che mi ci mettevo davanti.
Ebbene, è nato. E’ nato un post d’amore e casualità. 
E questo vi lascio, in balia di un raggio di sole.


Io con le mie sorelle e i miei nipoti ?


L’IMPERO DEL BUIO.

standard 23 maggio 2014 28 responses
Ci sono dei momenti in cui non ti bastano i sogni e le poesie, non ti bastano i sorrisi e l’ottimismo, le carezze, le corse, le storie felici.
In questi momenti vorrei scrivere una storia nera.
Dalle pareti oscure e i risvolti tristi.
Che si pieghi come la bocca con gli angoli in giù, una storia flessibile e passionale, senza lieto fine, che si illumini solo di luna calante.
La storia di un’insufficienza di sguardi, di sensazioni, di battiti. Di mancanza e di stordimento, di confusione e sospiri, di ansia avida e affamata, di coperte sbattute dalla finestra, per far volare la polvere.
Riavvolgo il nastro ma la storia è sempre la solita.
Cambio prospettiva, voce narrante, sguardo e angolazione. La linea nera mi stringe le caviglie e mi trascina nel suo vortice.

L’impero della luce – René Magritte


Faccio foto ai miei pensieri ma vedo solo buio.
E al buio è difficile prendere una strada piuttosto che un’altra e allora…temporeggio. Aspetto. Aspetto che passi questo nulla che sta inghiottendo tante sicurezze e cerco di starmene ferma, seduta e accoccolata, per non perdere almeno me stessa. In questa attesa rimetto in discussione tante cose, senza darmi tregua.
Magari nel mentre che perdo la fiducia in tutto la ritrovo in me stessa.
Magari.

Capita. Dice che alle persone come me, ingenue, illuse, sognatrici, dice che capita. Capita che ad un certo punto ti risvegli e quello che vedi non ti piace e non dipende in alcun modo da te.
Capire di non potersi fidare di quello che si ha intorno è forse una delle più brutte esperienze che mi siano mai accadute, nella mia intensa vita da babbea. Perché un po’ mi ci sento, si, stupida. E puntualmente ci ricasco. 
Mamma mi aveva insegnato ad essere spontanea, a credere negli altri, a vedere il buono. non so se si può insegnare ad essere ingenui, ma lei lo aveva fatto. Zero malignità quindi zero conseguenze negative. Invece non è così, mamma. Le persone sono negative. Cattive. Maligne. A volte non lo sanno nemmeno loro di esserlo, però alla fine io subisco. Non come vittima, ma come fantoccio inconsapevole. 
E quindi niente. Ecco che capita che ti risvegli in un mondo che non riconosci e non ti piace affatto.
Allora me ne sto zitta e guardinga, per imparare a conoscere questi nuovi limiti appena scoperti, questa libertà finta che abbiamo di comunicare i nostri pensieri, che poi verranno in qualche modo rielaborati e rivisti, con lunghi strascichi di rancore e cose non dette. 
Io non sarò mai così. Ma ho smesso di essere quella bambina con il dito appoggiato sulla bocca, pronta ad indicare il fiore più colorato.
Non voglio conferme, non voglio compassione, non voglio finti spasimanti.

Vorrei solo evitare pungermi con spine invisibili.

FUORI STAGIONE.

standard 12 maggio 2014 32 responses
Cerco le mie storie tra le curve dei piccoli sassi sulla spiaggia.
Mentre cammino li vedo luccicare, bagnati dall’acqua.
Il mare è fresco e sa di primavera. Rubo i suoi sassi ma loro brillano solo al mare.
Spostati dalle onde
Levigati dal sale
Dimenticati dal vento
Arroventati dal sole
Aspettano.
Aspettano che io li raccolga, che io racconti anche la loro, di storia.
Questa forma rotonda ha un certo peso tra le mie mani. E io dimentico tutto. Dimentico il tempo, i perché, tutto ciò che è accessorio, a parte respirare.
Dimentico la punteggiatura
Le forme
Lo spazio circostante
Ho bisogno di ritrovare anche il mio nome tra i granelli di sabbia.
Mi perdo così facilmente in questa vita “da elastico” che a volte non ricordo nemmeno il mio nome. Per necessità si fanno così tante cose che non ci piacciono che ad un certo punto non ci si ricorda nemmeno cosa ci piace veramente. 
E così mi dimentico tutto quello che non serve. E tengo solo il sasso tra le mani. E le uniche forze si concentrano per averlo lì, come unico intenso peso dei miei essenziali e selezionati pensieri.
Trovo le parole con fatica, cerco quelle giuste in quelle degli altri. In poeti a me sconosciuti, che lasciano il segno a prima vista. 
In artisti rinomati che mi caricano di energia e ritrovano tutto quello che perdo.
Sono questo le mie ultime due settimane. 
Un susseguirsi di parole nascoste e ritrovate, una catena di conseguenze legate da lontane motivazioni e coincidenze, un susseguirsi di bisogni sedati e desideri svelati.
Una ricerca soddisfatta nonostante la fatica quotidiana, immersa in un insoddisfacente montagna di ore in cui porto avanti tutto quello che devo, anche se dentro di me ho il tumulto. 
Poi sabato sono andata a Roma e, dopo tanto tempo, ho fatto qualcosa che veramente mi mancava: mi sono data del tempo.
Passeggiando nel caos dei turisti, nella polvere del Foro Palatino, percorrendo le distanze e le salite con i piedi che mi bruciavano, guardando l’intenso sguardo di Frida Kahlo nelle fotografie che la ritraevano e nei suoi autoritratti ricchi di simbologia…ho capito dove devo andare e anche che, in fondo, non è tutto da buttare.

Si sbagliò la colomba.

Si sbagliava.
Per andare al nord fuggì al sud.
Credette che il grano fosse acqua.
Si sbagliava.
Credette che il mare fosse il cielo;
e la notte, la mattina.
Si sbagliava.
Credette che le stelle fossero rugiada;
e il calore neve.
Si sbagliava.
Credette che la tua gonna fosse la tua blusa
e il tuo cuore la sua casa.
Si sbagliava.
(Lei si addormentò sulla spiaggia.
Tu, sulla cima di un ramo)
                                                   Rafael Alberti
Il mare, fuori stagione.

“Ero solita pensare di essere la persona più strana del mondo ma poi ho pensato, ci sono così tante persone nel mondo, ci dev’essere qualcuna proprio come me, che si sente bizzarra e difettosa nello stesso modo in cui mi sento io.” – Frida Kahlo

 À bientôt amici!