Quanto è dura essere se stessi?
Quanto è dura essere in equilibrio tra ragione ed emozione?
Quanto ci si prende cura di questa armonia, decidendo poi quale strada percorrere?
Il cammino che sto percorrendo è intenso. Mi stimola, mi attraversa da parte a parte, come una saetta. Lascia strascichi sulle mie giornate, a volte sono sorrisi, a volte energia, a volte buio e nervi scoperti. È un cammino di consapevolezza in cui, a 41 anni, mi scopro fragilissima ma pronta. Fragilissima ma non inquieta. Ho scelto me stessa, nel modo per me più complesso, cioè rimettendomi in gioco.
Ho scelto quella scatola in soffitta, di cartone, con il coperchio chiuso pieno di polverina che tenevo lì da anni. Quella con scritto FRAGILE, MANEGGIARE CON CURA, con il pennarello che scrive poco e, ormai sbiadito, quasi non si vede. L’ho presa e l’ho aperta, togliendo la polvere, le ragnatele fini, le ansie e i “non ce la farò mai”. L’ho presa per essere me stessa.
Senza considerare le mete e gli arrivi sorpassati. I traguardi temporanei, le vette valicate. Tutto e niente.
Quella Berenice che guarda al futuro con allerta ma con speranza, che si fa scavalcare dall’ansia, poi quando la supera si sente fierissima.
Essere se stessi, come essere felici, è un percorso, non un obbiettivo. Io voglio raccontare la bellezza dello stare. Io voglio raccontare la bellezza delle sfumature. Usare questo dono che ho per narrare e costruire piccole case e pareti virtuali, per dare una voce, un vestito, un presente, fatto di parole.
Io voglio raccontare quanto è importante essere se stessi, a dispetto di realtà dove si fugge dagli specchi per affidarsi a degli schermi.
Io voglio essere me stessa.