Vladimir Kush – Lock |
Poison. Di veleni e di grovigli.
I want to hold you but my senses tell me to stop
I want to kiss you but I want it too much
I want to taste you but your lips are venomous poison
You’re poison runnin’thru my veins
You’re poison, I don’t want to break these chains
Un piccolo puntino marrone.
Sposerò Simon Le Bon (1986) |
Idoli come wodoo nei quali affondare spilloni.
Idoli come passione, che lo spillone sia dardo infuocato di Cupido, cecchino infallibile.
Idoli, ma sono persone.
Idoli come ispirazione.
Idoli come tu, che mi tormenti.
Quei soldati del mare.
Capo Bianco – Isola d’Elba, luglio 2010 |
Run. Tu corri via.
Cammini, di fronte a me la tua andatura veloce
Corri
Corri via
Corri perché io potrei non volere altre più labbra se non le tue
Primavera dei sensi
Rimani
Come io sfioro la tua superficie
Che non sia solo spruzzi delle onde di questo sentiero
Invaso dall’acqua
O forse solo un rivolo lento
Adagiato e corretto, composto nel letto del fiume.
Corri
Che il tuo sussurro svanisca
Che le tue ansie si raccolgano come ciottoli leggeri, abbandonati
Nell’ansa più vicina
Dove tutto si confonde, anche noi.
Che non sappiamo più chi siamo
Che abbiamo smesso di rincorrerci
Che siamo perseguitati dalle paure
Che siamo presuntuosi, superiori, incessanti, carichi
Che siamo poco pronti a guardare avanti
E allora guardiamo sempre qui, sempre ora, sempre noi, superbi noi, insieme,
Intrecci
Emozioni
Mani
Come un crescendo
E invece cade
E si distrugge.
E io cosa sarò adesso?
Un’altra farfalla di vita breve, intensa ma sempre troppo breve
Per me che chiedo solo di amare
E questi cavi d’acciaio tirano troppo forte
Caviglie, mani, tutto si fa albero,
Mio Apollo
Io Dafne
E tu corri
Corri perché i tuoi cavi sono più forti dei miei
Ma sto imparando, lotto con le mie radici, per non tramutarmi ancora
Per rimanere
Rimanere
Essere
Vittima
Carnefice
Preda
Amante
Tutto.
Ma pur sempre senza noi.
Una diversa Firenze |
Il fiume |
Cavi d’acciaio |
Il Bacio.
Igor Mitoraj – in un parco di Paris |
Il destino di una percezione.
Quello che la nostra pelle abita non ha più le forme del reale
Ogni strappo è inesplorato e poco elastico
Si sfilacciano i tessuti
Rimane sospeso ogni contatto con il mondo
Scelgo di non capire
Quindi mi volto
Lo strappo della mia pelle che non si ricuce più
Anzi il suo rumore è infinito.
Scivola sfumato via da questo mio sguardo
Che veloce si volta.
E mentre vaghi colgo il tuo fiore.
Rimane solo un petalo dalle forme ovali
Attaccato con la resina
Colla
Miele
Trama e ordito come intrecci di radici
I miei piedi piatti, nudi, sulle mattonelle fredde
Non credo più alla percezione di trovare sollievo
Scelgo di non capire
Quindi mi sciolgo.
Se il Buontalenti non è un gelato…
«Conosci innanzitutto la quadruplice radice
Di tutte le cose: Zeus è il fuoco luminoso,
Era madre della vita, e poi Idoneo,
Nesti infine, alle cui sorgenti i mortali bevono»
Empedocle, 490 a.C.
Velluto o Seta,
Rossi come Fuoco.
Fuoco alle pareti, pregiato sfondo.
Pietre dure come Marmo,
Terra per i nostri piedi fermi.
La rosa dei venti come Vortice,
Attira il mio sguardo verso l’alto.
Madreperla e conchiglie come Acqua.
Il fondo del mare protegge la nostra meraviglia.
Tribuna degli Uffizi – Johan Joseph Zoffany (1773-76) |
Iceberg. Di ciò che emerge e ciò che è sommerso.
Conto le sillabe delle parole che pronuncio.
Ne scandisco l’essenza.
Ogni lettera un grammo di peso, nella bilancia dell’orafo.
Ogni lettera un telegramma di addio, che mi costa più del mio stesso domani.
L’alfabeto cade dalla mia bocca, le parole che creo non hanno più alcun significato.
Sento questo scorrere denso del tempo, dell’ansia.
Sento che mi manca.
Sospendo ogni verbo, che posso pronunciare. Precipita giù.
Ha il peso di un neon di Merz.
Decido di non dire.
Non pronunciare nessuna parola, Berenice.
Non lo fare.
Non dire.
Non pensare.
Stai ferma.
Dosa le energie.
Medita.
Proteggi ciò che puoi dalle scorribande avide della realtà.
Non regalare il cuore dell’iceberg, che ancora, miracolosamente, pulsa caldo.
Se la forma scompare la sua radice è eterna – M. Merz (1982/89) |
È stato un solco tracciato all’improvviso
senza certezze, senza prudenza
nell’ annusarci d’istinto e di stupore,
in un crescendo che ha dell’ irregolare.
Ceci n’est pas amour.
La Trahison des Images (Ceci n’est pas une pipe) – Il tradimento delle immagini – R. Magritte (1928-29) |
“Non credo che l’uomo decida nulla, né il futuro né il presente dell’umanità. Penso che noi siamo responsabili dell’universo, ma questo non significa che decidiamo qualcosa.” R. Magritte