spring time!

standard 24 marzo 2011 Leave a response

ho preso una scatola, rosa, colorata, con il coperchio pieno di polvere.

stava nella mensola in alto, quella delle “cose utili ma non troppo”, dove a volte mi dimentico di guardare.
ho aperto il coperchio, ho scoperto di nuovo il mio passato.
quel passato fatto di nomi sconosciuti o che fatico a ricordare, ad associare ad un volto, quelle lettere chilometriche e scritte così fitte che non ci passa nemmeno il fiato per leggerle e gli occhi per scorrerle tutte. questo passato scivola piacevolmente dalle mani, un passato raccontato, pianto, scritto, sorriso, telefonato, asfissiato, ossessionato. un passato che ha creato il mio scheletro, scolpito le mie forme, corretto le deformazioni, un passato che lavora tutti i giorni per rendermi sempre migliore di quello che sono, mai perfetta, mai troppo cosciente di dove sto andando, mai troppo stordita per perdere l’orientamento.
e oggi vado a guardarmi un po’ di primavera, per vedere se dentro quella scatola polverosa posso metterci ancora tante altre “me”, se sono pronta per questo nuovo cambiamento, se le parole e le lettere che scriverò saranno da archiviare o saranno le prime pagine di una lunghissima e appassionata storia.
guarderò il sole fino ad accecarmi, guarderò il vento fino a sentire la brezza tra le ciglia dei miei occhi chiusi, scriverò e scriverò e scriverò ancora, l’unica cosa che sono veramente capace a fare, sognerò e amerò, anche oggi.
anche con la pioggia, dimenticando il dolore della scatola del passato, dolore che si è trasformato in qualcosa di diverso, col sole di oggi, con il cuore di oggi, con la polvere che deve ancora venire.

A come …….

standard 19 marzo 2011 1 response
ci sono parole, momenti, sguardi, sorrisi che vorresti fissare nella mente.
vorrei usare la memoria come fosse un libro, dove ogni secondo viene scattata una fotografia, sviluppata nella camera oscura del mio cervello, appesa nelle pareti della mia testa, osservata e assaporata durante la malinconia.
lo scotch che uso mi si attacca alle dita e faccio una gran confusione, attacco una foto sopra l’altra e non riesco bene a vederle tutte. se dovessi anche solo ripassare velocemente i miei ultimi anni sarebbe difficile ricordare tutte le facce, tutti gli incontri, anche quelli più fugaci, tutti gli scambi, i tentativi, le parole usate, i sorrisi accennati. sono successe così tante cose, a volte mi pare di essere diventata un’altra persona, di essere mutata come fanno i serpenti quando cambiano pelle, aver lasciato una vecchia Berenice per scoprirne una nuova.
una cosa però è rimasta costante in questi anni, negli anni dell’università soprattutto.
gli amici.
gli amici non ti capitano, ma te li meriti.
gli amici te li scegli e ti scelgono.
l’amicizia è un processo difficile ed impegnativo che però ti ripaga con un denaro che ha un valore talmente alto da renderlo indescrivibile.
ti ripaga con ore ed ore di lacrime asciugate, con dei fantastici toast e delle fragole per pranzo, con dei messaggi da chi non ne manda mai, con degli sguardi di intesa che non hanno bisogno di altre parole.
io per questo sono fortunata, molto.
ho degli amici stupendi e non ho la presunzione di sentirmi arrivata, mi nutro di nuove facce, di nuovi mondi, di nuove anime. l’entusiasmo e la vivacità che mi bruciano dentro cerco di darli sempre, al 100%, a chi ho intorno, anche a chi a volte non lo merita perchè magari si gira dall’altra parte, o lo snobba pensando di esserne superiore. la bellezza dell’amore è che te lo puoi dare a chiunque, anche a chi non lo vuole. la bellezza dell’amicizia è che è la forma più elevata dell’amore perchè non ha nemmeno bisogno del contatto fisico per raggiungere delle vette estreme.
oggi sono un po’ malinconica perchè molta gente l’ho persa per strada, perchè la mia avidità di conoscienza non riesce sempre a soddisfarsi, perchè ho sbagliato tante volte e non sono stata capace di rimediare in tempo.
oggi però sono anche realista e felice del mio presente. sempre e comunque ignara del futuro riguardo le fotografie del più recente passato, quelle attaccate sopra le altre nelle pareti della mia testa. ci sono volti conosciuti da molto, ci sono volti nuovi. e ci sei te.

“e io voglio solo te. e l’ho capito dal primo momento in cui ti ho guardato negli occhi.”

nothing’s wrong.

standard 3 marzo 2011 Leave a response

You can’t go on, thinkin’ nothing’s wrong…

oggi tutto è storto.
il mio naso, le mie gambe, le mie dita, che corrono sulla tastiera.
il mio sguardo, il mio pessimo umore.
oggi tutto è grigio, scuro, scuro come una bustina di thè che tinge l’acqua per troppi minuti.
che la rende saporita e densa. che lascia una scia di permanenza sulla bocca di chi lo assaggia.
è che io non mi adatto mai.
non cerco il letto del fiume sul quale scorrere. cerco sempre nuovi lidi, nuove forme, nuovo spazio da riempire. non vado mai incontro a nessuno, perchè non conosco compromessi, perchè per me questa è la felicità.
ma oggi è comunque tutto storto.
tutto appeso male, come un quadro che non ha nessun riferimento, come delle foto scattate per caso, come un calendario che segna il giorno sbagliato. e oggi come ieri, oggi come una vita, oggi come sempre e per sempre alla ricerca di me, di qualcosa che mi renda viva, di qualche mondo nuovo da esplorare, che sappia ogni giorno chiudermi gli occhi e farmi vedere tutto con nuove prospettive.
per me è questa la felicità, la tranquillità, la soddisfazione.
avere sempre la mente attiva,
tremare ma resistere
essere come una candela al vento, con la fiamma che quasi si spegne ma che trova sempre la forza per rimanere accesa. e bruciare le dita di chi si avvicina.
solo chi resiste al vento, al freddo, al caldo della fiamma è pronto per starmi accanto.
in fondo tutto si riduce alla soggettività, alla propria visione delle cose, alla volontà di osservare tutto ciò che ci circonda senza per forza giudicare, aggredire, imporre.
essere tranquilli non per forza corrisponde a quello che tutti intendono.
essere felici può essere malinconia e creazione.
sentirsi amati forse ha un linguaggio universale. che forse non comprendo ancora, che forse non voglio fermarmi a leggere, che forse non sono capace di accogliere.
è che forse non sono capace di amare.
e di farmi amare.

L’altra guancia.

standard 18 febbraio 2011 1 response

porgo sempre la guancia alternativa.
sono sempre troppo disponibile, accondiscendente.
questa mia vita sull’argine del controllo prima o poi mi manderà al manicomio.
voler essere per forza in tutti i modi possibili immaginabili eventualmente esistenti.
voler perdonare, sospirare e digerire ogni minimo sgarro.
da qualche parte si depositerà tutto il mio rifiuto, il mio disgusto, la mia totale incapacità di dire no. forse viene fuori tutta quando sono stizzosa, antipatica e insopportabile, quando divento pesante, quando vorrei prendere a schiaffi anche il mio viso riflesso nello specchio.

le mie guance alternative talvolta paiono infinite, anche e me che le porgo.
le mie parole ridondanti, che risuonano abbondanti e copiose in un fiume di rumori.
la mattina mi sveglio e la consapevolezza che, prima o poi, tornerà tutto come prima, mi tiene con i piedi per terra.
la mattina a volte non bastano altri occhi per capire che c’è qualcosa di diverso.
non è mai abbastanza, non è mai sufficiente.
se io sono sempre “troppo”… gli altri, secondo me, talvolta mancano.
e l’assenza, il poco, sono pesanti e difficili da sopportare quanto una presenza opprimente.

MINOTAURO

standard 8 febbraio 2011 1 response

niente di importante, solo qualche lacrima.
niente di fondamentale, solo un pò di me che ti stai perdendo.
è solo la voglia che ho adesso di rimanere sola, di mollare tutto.
ogni tasto, ogni corda suonata, ogni fremito che sento, tutto svanisce, in un colpo.
sono solo le illusioni, o è questa la vita?
l’idillio di un momento
l’insostenibilità del momento successivo
l’ossessione
la possessione
il “DO UT DES” che però con me non funziona mai…
mi perdo sempre qualche cazzo di passaggio, mi perdo sempre da qualche parte.

Labirintica mente paranoica!

ma come cazzo è gestita la mia mente? cosa posso/non posso fare?
questo ipotetico “filo di Arianna”…c’è qualcuno nel mondo capace di potermi liberare? o posso farlo solo io?
che strana storia quella che tutto è in mano di noi stessi, a volte ci credo profondamente, altre volte un pò meno…ci circondiamo di persone, che hanno lo stesso nostro potere su loro stessi. è una grande girotondo, io tengo la mano delle persone a me vicine, dello sconosciuto incrociato al supermercato, del vicino di pianerottolo, della fornaia, dei miei nemici.
tutto è legato, tutto è un fluido che scorre senza fine, tutti partecipiamo alla vita di tutti ma troppo TROPPO spesso ce ne dimentichiamo.
di rispettare, di toccare con delicatezza la pelle di chi ci sfiora il cuore.
di smettere di pensare sempre a noi stessi, come fossimo l’unica stella che brilla.
siamo dei Minotauri, dei mostri, in attesa che arrivi qualche eroe ad ucciderci per raccogliere poi il premio desiderato.
io mi sono già uccisa da sola, ma rinascendo ho reso il compito sempre più difficile a chiunque si avvicinasse a me.
ostica. dura.
tagliente e gelida.
prendimi la mano adesso, in questo girotondo.
voglio essere ancora uccisa, alle spalle, con la viltà di cui sei capace.

should I stay or should I go?

standard 3 febbraio 2011 3 responses
dite che la noia, elevata all’ennesima potenza, faccia questo effetto “cataclisma”?
dite che gonfiare le guancie fino a farle esplodere, inspirare, espirare (ma anche un pò “cospirare”) sia l’unica cosa che posso fare quando mi ANNOIO?
no.
e allora parte il pensiero-paranoia-segamentaleagogo-questo cervello si autodistruggerà tra 3,2, …-esamone di coscienzona globale… con pessimi nonchè scarsissimi risultati.
e poi ci si mette anche la radio, che passa LIGABUE! dico e ribadisco LIGABUE!
è classico, quando non so che cazzo fare non mi viene in mente nemmeno un sito, un blog, un shop on line da spulciare, non ho voglia di guardare film e non ho voglia nemmeno di leggere il bellissimo libro di racconti di Haruki che mi trascino dietro perchè non si.sa.mai mi venisse voglia di leggere!
sempre più spesso mi accorgo di come venga usato il PUNTO (.) per sottolineare la figaggine della frase appena scritta, per sottolinearne la convinzione, per darsi un tono.
ecco vedete.
cazzo si.
funziona!
le altre punteggiature (mi scusino) non sono all’altezza.
bello abusare di qualcosa che, essendo piccolo e nero, cambia completamente il significato e il senso alla frase che si dice/scrive. anche io lo uso spesso nei miei post, anche se devo dire non sono un’amante della punteggiatura, preferisco andare liscia come l’olio a volte, piuttosto aggiungere un “invio” in più e allungare all’inverosimile una poesia di 15 parole…insomma, ognuno ha il suo stile.
ma sarà proprio vero? ognuno HA il proprio stile?
io, misera e poveraccia blogger, sono l’ultima che deve parlare. scrivo ciò che cazzo voglio, senza nemmeno una bozza. ma se dovessi descrivere il mio stile direi:

è come quando apro il frigo e butto in forno una torta salata fatta con ciò che scade e ciò che mi avanza.

posso riassumere così si, direi che ci può stare. anzi forse potrei dire qualche parolina di più ma rischierei di non arrivare mai ad una fine. ehhh quando parlo di me sono bravissima a dilungarmi. ma veniamo ora al titolo del post.
quella è una domanda che mi pongo ogni giorno. e visto che in questo angolino di noia del mio pomeriggio è risorta come un’onda improvvisa, vi metto al corrente.
devo andare o devo rimanere?
come leggevo qualche giorno fa in un’intervista di un bravo cantante italiano, mi piace sfiorare il limite, mi piace stare sempre sul confine tra la sopportazione e la mancanza, mi piace guardare il mio passato e pensare a come sono stata male, stare sempre sull’argine tra esaltazione e disperazione, sempre a mendicare amore e sempre a regalare tutti i miei sorrisi.
non è questione di altalene, è proprio che mi piace percepire “il rischio”. il fatto di non potersi mai accomodare.
è ciò che mi porta ad avere i brividi ogni volta che bacio la sua bocca.
è ciò che mi porta a fare le cose sempre come fosse la prima volta, senza sentirne la stanchezza.
e anche stasera il tormentone.
vado, resto?
è giusto tutto questo.
è giusto se lo sento, se lo voglio, se sento quel prurito sulla punta delle dita che mi porta sempre più avanti.
buona serata amici.
?


la prigione della libertà.

standard 29 gennaio 2011 2 responses

LI
BER
TA’

la libertà spesso ci imprigiona. fa paura e ci costringe nel nostro angolo, chiusi dalle nostre ossessioni e succubi di noi stessi. non siamo capaci a gestirla, se non ci conosciamo a fondo. essere liberi non è facile come sembra, anzi, forse è una delle cose che richiede più equilibrio e parsimonia nel sapere come e dove indirizzare le nostre energie, interessi, sguardi, sensibilità. da questa parola potrebbero partire milioni di concetti e di discorsi, come approfondimenti inifiniti, perchè a me piace sempre complicarmi la vita ed i pensieri, rigirarmi nella sabbia che ogni singola lettera che scrivo sprigiona, creando un’intera spiaggia di mondi interiori. ogni granello ha il suo peso specifico.
ogni granello mi rappresenta, come fosse il riflesso di un battito di ciglia dei miei occhi.
la libertà.
riuscirò mai ad essere libera?
in realtà per certe cose non voglio, vanno bene così, incastrate nel rebus delle mie storie.
però…quante cose vorrei fare. alcune mi piace solo pensare di modificarle, ma intanto un pò mi gongolo nell’indolenza che non fa mai male.
poi ci sono quelle che vorrei davvero cambiare, rimodellare, riadattare alla mia nuova vita. vorrei essere libera di amare.
vorrei essere libera di gestire la mia vita come fosse un gioco di carte, dove sono io che stabilisco le regole. lo spostamento delle maree insomma. l’andamento della corsa. il modo per sostenere un amore privo di scintille di contrasto ma solo scintille di confronto. qualcosa di sano, che curi la mia “malavita”, che curi la mia sfiducia.

le regole della libertà. un controsenso. un ossimoro.
intanto io sono qui, che guardo un pavimento sporco, raccolgo una ad una le mie carte, di quel gioco senza regole che per ora è la mia vita. sono tutte macchiate di una libertà sempre troppo agognata, che mi ha fatto sanguinare.
mi spoglio, su questo pavimento sporco. lascio indietro i miei vestiti. un passo, un piede davanti all’altro, nudi. mi guardo, osservo ogni ferita, ogni cambiamento, ogni contorto momento vissuto. livida pelle d’oca, per il freddo.
se c’è una libertà che mai nessuno mi potrà rubare, è quella di portare via la mia essenza. io ci ho provato mille volte a calpestarla, è ancora lì. testarda, dura, roccia granitica, diamante indistruttibile. svendo i miei pensieri, voglio prospettive, mordo la vita, mastico e colleziono ossa di chi non è capace a guardare se stesso, nudo, senza protezioni.
non risparmio nessuno, non ascolto lamenti.
mi guardo, con presunzione, prima vittima di me stessa cannibale.
vorace osservo la mia prossima preda.
occhi iniettati di sangue, bocca calda di vita finita, ti voglio. vieni da me.

ain’t no mountain high enough

standard 24 gennaio 2011 Leave a response

non è mai abbastanza
nemmeno l’altezza delle montagne,
il silenzio di rugiada che copre e appanna ogni vetro.
una virgola,
un’incisione,
un sussurro
pare circondarmi l’udito
ogni senso sovrapposto e scombinato
l’arcobaleno invertito
l’incomprensione di ogni attimo
a volte mi lascia senza fiato.

le coordinate di ogni grafico
ciò che regge in piedi ogni ragionamento logico
le ginocchia che ti cedono
la tua bocca che non parla, non parla mai
e non è mai, mai abbastanza
il tempo
le mani che si sfiorano
le palpebre che si chiudono insieme
i tuoi respiri
con i miei.

la verità è che non sono capace a scrivere “sulla felicità”. la verità che le parole mi scappano dalle dita se non è il dolore ad inciderle.
e non ho mai amato così tanto rimanere senza parole.
da dire.
e da scrivere.

sola

standard 20 gennaio 2011 Leave a response

coltello tra i denti, sempre e comunque.
bandana in testa, pronta a combattere.
sudore che scende, pelle invecchiata dal sole.
senza energie da spendere
senza entusiasmo e nè attese
tutto si fa grigio prima del subito
tutto si spegne senza lasciare tempo di abituarsi ai cambiamenti

mi addormento
sola
come sempre
sola

Quadreria Barocca

standard 15 gennaio 2011 2 responses

lo spazio di un sorriso.
lo spazio e il peso di un sorriso.
lo spazio, il peso e il calore di un sorriso.
è questo che sentono i miei occhi socchiusi stamani, è questo che vorrebbero descrivere, è questo di cui vorrebbero parlare, è per questo che continuano a osservare oltre.
fuori dagli schemi, dai limiti, dalle ombre disegnate da un passato ingombrante, da chiunque non abbia avuto voglia di accettare e accogliere ciò che davo.
fuori dal confine che mi incastrava, inciso intorno ai miei piedi da anni di inquietudine e di poca verità, in cui raccontavo a me stessa che l’unica cosa che potessi meritarmi fosse niente più di quello.
adesso sono fuori, o forse è solo un’altra illusione, un racconto simpatico e accattivante per le mie orecchie, un ricordo lontano la sofferenza, un ricordo che si fa ricordare tutti i giorni, tutte le ore, tutti i minuti.
non riuscire
non farcela a resistere
non voler combattere e conquistare niente, così che non ci sia prezzo più alto da pagare della solitudine già sperimentata
continuare a scivolare pensando sia solo colpa del freddo
continuare ad essere incapaci a prendere la mira e colpire il bersaglio giusto.
con le giuste precauzioni,
il giusto tatto,
il giusto olfatto,
ciò che è soggettivamente giusto per me.
senza domande
senza bisogno di risposte.
lasciando spazi vuoti.
senza horror vacui costante.

ps: il collegamento tra titolo e post lo possono capire solo gli storici dell’arte. passo e chiudo.