Casa è ormai dietro di te, il mondo è davanti
FEEL. Quello che succede.
E poi rimane solo questo.
Io, un foglio, una penna.
I segni di una notte vicina, che ancoa non si può cancellare.
Il mascara nero, che cola, di questa notte ancora da vivere.
E le parole che ancora mi mancano, che non trovo, che non conosco, che mi fanno scrivere nell’unico modo che so.
Scrivere di me, di questi fazzoletti sprecati, in due notti così diverse.
Solo l’insonnia le accomuna.
Pace e tumulto in contrasto.
La sfiorata pace.
Il persistente tumulto.
Il faro non illumina la via che ho scelto. Cambia rotta.
I miei singhiozzi, i vetri appannati per le troppe parole.
Un abbraccio, le insistenze, le mani aggrappate al volante. Più lo stringono e più cercano la voglia di partire.
Girare la chiave, andare via.
Voltare le spalle, ancora una volta.
In queste due notti così diverse.
Nel profumo che conserva la mia pelle.
Nei segni di un passaggio. Qui chiudo i miei desideri. Soffoco la gioia dei miei sogni.
Perchè la vita non si vive da soli, perchè non si può fare finta che le cose non esistano, perchè io sono la campionessa del definitivo. Perchè i buchi non si tappano, le persone non si dimenticano.
Perchè si cambia e la vita cambia, perchè questa solitudine mi spacca i timpani e mi distrugge l’anima. Perchè vorrei solo delle risposte a tutte le mie domande, delle risposte che curino le ferite, quelle che io voglio sentire.
Perchè sono sfinita.
E questa notte è così diversa. Spengo le stelle con ogni mia lacrima. Il cielo scompare. Inghiotte le mie parole, anch’esse sconfitte.
Parole inutili.
Voglio le carezze tue, sul mio viso.
E il ricordo acceso dell’altra notte, che nessuna lacrima lo spenga. Che almeno lui rimanga a farmi compagnia, in questa sorda Firenze, che tanto amo ma che, per l’ennesima volta, raccoglie il mio pianto.
Di notte.
E sorda rimane nella sua magnifica bellezza, nelle sue strade vuote, nel suo castigo perenne, nella sua condanna, nella sua staticità di illusa Venere.
Abbracciami, Firenze.
Un girotondo di foglie arancioni accolga il mio cammino. Una meta che non conosco mi attende, lontana. Non ci sono nemmeno più gli spettri a seguirmi.
Non gli spettri del passato.
Solo il presente, che mi soffoca, disprezzando la mia voglia, ignorando il mio impegno, impedendo il mio domani.
Firenze, 29 novembre 2012 – ore 4.20 di mattina.
Cielo terso. Luna quasi piena.
Come and hold my hand
I wanna contact the living
Not sure I understand
This role I’ve been givenI sit and talk to God
And he just laughs at my plans
My head speaks a language
I don’t understandI just wanna feel
Real love, fill the home that I live in
‘Cause I got too much life
Running through my veins
Going to waste
Se fossi… e la Maremma.
Sulla scia del post di Monica di Emporio 21 che ha proposto un simpatico giochino alle sue colleghe blogger…eccomi con il mio Se fossi, aspetto i vostri!
Se fossi un dolce sarei il mille foglie con la crema al limone e tanta frutta sopra, un tripudio di gusto e dolcezza.
Se fossi una bevanda sarei l’acqua, perchè è limpida ed essenziale.
Se fossi un colore sarei il rosa caramella, coccoloso, infantile e morbido.
Se fossi un fiore (una pianta) sarei una pianta grassa, spinosa e immortale.
Se fossi un animale sarei un gatto, ronfante, attivo ma pigro e graffiante.
Se fossi un gelato sarei un gusto di frutta, per rinfrescarmi idee e memorie.
Se fossi un Dio, sarei Flora, la dea della fioritura.
Se fossi un profumo, sarei quello della pelle dei bambini, innocente e da mordere.
Se fossi un libro sarei Ragione e Sentimento (J. Austen) …e anche molti altri.
Se fossi una canzone La Cura (Battiato), perchè le sue parole poetiche mi descrivono quasi alla perfezione.
Se fossi un film sarei L’attimo fuggente, poesia, poesia e ancora poesia.
Se fossi un sentimento sarei l’amore, perchè Amor Vincit Omnia et Nos Cedamus Amori.
Se fossi un artista sarei Michelangelo, poeta dello scalpello e di anime.
Se fossi una stagione sarei la primavera, quando è quasi estate, fiori, verde, odore di mare.
Se fossi una terra sarei la mia Maremma, calda, fieno e pini, collina e montagna.
Se fossi un viaggio sarei il Giappone, tra i fiori di ciliegio, i libri di Murakami e la Grande Onda di Hokusai.
Se fossi un frutto sarei un po’ Mirtillo e un po’ Lampone. Il perchè lo sapete già.
Come al mio solito avrei voluto continuare per ore a scrivere, soprattutto quando si tratta di queste cose (di parlare di me soprattutto…) mi faccio sempre prendere la mano senza controllo!
Però sono stata brava e, devo dire la verità, sono soddisfatta di aver esulato dalla poesia e dal pessimismo cosmico dei miei soliti ultimi post.
Aggiungo solo due parole, sulla mia Maremma.
Non voglio fare retorica o dire cose già ripetute, solo una cosa.
E’ una terra umile, la mia, una terra paludosa, contadina, umida, dalle mille sfumature di colori, di accenti, di spazi.
E’ una terra ricca. Di persone, con la faccia bruciata dal sole. Di frutti, raccolti con fatica. Di arte, archeologia, reperti, trovati e conservati con cura.
E’ una terra che potrei descrivere in mille modi e con mille parole, vorrei avere una foto di mio babbo per mostrare la poesia delle curve di ogni collina e il movimento delle spighe al vento e dei papaveri a primavera, tra i cespugli selvaggi e incoltivati.
E’ una terra di cui amo il mare, gli alberi, gli odori, i gusti e le strade.
Rialzati Maremma, sconfiggi ancora una volta l’acqua.
Donna dalla vitalità inaffondabile.
Breakfast at Tiffany’s
sono veramente rare le volte in cui mi sento così poco comunicativa e socievole da non poter intrattenere (e tollerare) una conversazione.
stasera è una sera così.
una sera di quelle in cui ti guardi allo specchio e non ti riconosci.
una sera senza sorriso.
in cui l’amarezza si scioglie nelle lacrime e le rende ancora più corrosive.
una tipica sera di questo duemiladodici che, ben più di una volta, mi ha messo alla prova.
e la cosa che più di dispiace è che c’è molto di peggio.
ma “annullare” la festa del mio compleanno è, per me, come un secchiello riempito con la sabbia sbagliata, non ancora abbastanza bagnata. e il castello non sta su.
quello specchio mi rimanda l’immagine sfocata di chi ha fatto tanto ma non abbastanza per riempirsi la bocca di indipendenza e possibilità.
ho riposto i miei sogni in un cassetto, facendo finta fossero troppo difficili da raggiungere.
nel cassetto di fianco c’è la delusione.
guardo la vetrina di Tiffany, mi fingo ricca.
ma non ho niente.
niente.
Piccole Donne…
oggi mi sento così, anche se è una condizione che sento mia da tempo, oggi più del solito…
più nello specifico così:
(tratto da Wikipedia)
Josephine, detta Jo, è la secondogenita delle sorelle ed ha 15 anni. Inizialmente lavora come dama di compagnia per la zia March. Viene descritta come schietta, coraggiosa, determinata, ribelle e irrequieta. Ogni tanto tira fuori un carattere scontroso ed il suo temperamento impulsivo la porta ad arrabbiarsi spesso, ma ha sempre buone intenzioni. Jo non è molto femminile e le risulta difficile comportarsi come una “signorina” tanto che viene vista come il “maschiaccio” della famiglia. La sua sorellina preferita è Beth. Le piace andare a cavallo e correre per i prati, ma la sua vera passione è la letteratura e coltiva il sogno di diventare una scrittrice famosa, così nel frattempo si diletta ad inventare storie da far leggere alle sorelle. Inizialmente Jo è contraria al matrimonio e al romanticismo in generale, ma in seguito si innamora, ricambiata, di un professore tedesco, Friederich Bhaer, molto più grande di lei di età.
certo, ci sono dei dettagli che non corrispondono, ma il quadro generale può incastrarsi quasi alla perfezione!
un abbraccio, vostra Jo.
il viaggio delle anime.
il lungo viaggio delle anime
che si accampano in un tiepido luogo di luce e polvere
in contrasto con le loro ombre
una battaglia di ferite senza sosta
con i piedi scalzi
senza protezione
con i sogni che scivolano via come lacrime
con le lacrime che sembrano lame
gli occhi pieni di frammenti di vetro
ogni battito un dolore
si infrange il vuoto.
marmo bianco carezzano le mie mani.
il marmo della pelle che vorrei
soave
venature grigie, impuro candore
svelati mistero, alla soglia del mio viso contraffatto.
svelati senza pudore
l’attesa cela vana speranza
stoffe arcaiche, intrecci di corda
collage di sorrisi e incontri
il viaggio delle anime approda
l’orizzonte è limpido
il temporale non continua che nel ricordo, nel colore.
MOVING…
mi vorrei spostare con la schiena carica di cose.
con calma.
viscida e soddisfatta del mio percorso.
sono una chiocciolina e passo da una foglia all’altra, cercando un nuovo mondo da esplorare, con le mie piccole antenne.
sud.
tutto suona come un vecchio ritornello country.
la chitarra stonata, il suono diverso, distinto, di ogni corda.
languide, tristi parole, narrano destini avversi su un allegra melodia.
pale.
eliche.
giganti mulini a vento.
colline bruciate dal sole,
bruciate dal vento,
dalle fiamme di un estate ardente.
non rimane che la terra.
e nelle orecchie il rumore del sud.