L’altra guancia.

standard 18 febbraio 2011 1 response

porgo sempre la guancia alternativa.
sono sempre troppo disponibile, accondiscendente.
questa mia vita sull’argine del controllo prima o poi mi manderà al manicomio.
voler essere per forza in tutti i modi possibili immaginabili eventualmente esistenti.
voler perdonare, sospirare e digerire ogni minimo sgarro.
da qualche parte si depositerà tutto il mio rifiuto, il mio disgusto, la mia totale incapacità di dire no. forse viene fuori tutta quando sono stizzosa, antipatica e insopportabile, quando divento pesante, quando vorrei prendere a schiaffi anche il mio viso riflesso nello specchio.

le mie guance alternative talvolta paiono infinite, anche e me che le porgo.
le mie parole ridondanti, che risuonano abbondanti e copiose in un fiume di rumori.
la mattina mi sveglio e la consapevolezza che, prima o poi, tornerà tutto come prima, mi tiene con i piedi per terra.
la mattina a volte non bastano altri occhi per capire che c’è qualcosa di diverso.
non è mai abbastanza, non è mai sufficiente.
se io sono sempre “troppo”… gli altri, secondo me, talvolta mancano.
e l’assenza, il poco, sono pesanti e difficili da sopportare quanto una presenza opprimente.

MINOTAURO

standard 8 febbraio 2011 1 response

niente di importante, solo qualche lacrima.
niente di fondamentale, solo un pò di me che ti stai perdendo.
è solo la voglia che ho adesso di rimanere sola, di mollare tutto.
ogni tasto, ogni corda suonata, ogni fremito che sento, tutto svanisce, in un colpo.
sono solo le illusioni, o è questa la vita?
l’idillio di un momento
l’insostenibilità del momento successivo
l’ossessione
la possessione
il “DO UT DES” che però con me non funziona mai…
mi perdo sempre qualche cazzo di passaggio, mi perdo sempre da qualche parte.

Labirintica mente paranoica!

ma come cazzo è gestita la mia mente? cosa posso/non posso fare?
questo ipotetico “filo di Arianna”…c’è qualcuno nel mondo capace di potermi liberare? o posso farlo solo io?
che strana storia quella che tutto è in mano di noi stessi, a volte ci credo profondamente, altre volte un pò meno…ci circondiamo di persone, che hanno lo stesso nostro potere su loro stessi. è una grande girotondo, io tengo la mano delle persone a me vicine, dello sconosciuto incrociato al supermercato, del vicino di pianerottolo, della fornaia, dei miei nemici.
tutto è legato, tutto è un fluido che scorre senza fine, tutti partecipiamo alla vita di tutti ma troppo TROPPO spesso ce ne dimentichiamo.
di rispettare, di toccare con delicatezza la pelle di chi ci sfiora il cuore.
di smettere di pensare sempre a noi stessi, come fossimo l’unica stella che brilla.
siamo dei Minotauri, dei mostri, in attesa che arrivi qualche eroe ad ucciderci per raccogliere poi il premio desiderato.
io mi sono già uccisa da sola, ma rinascendo ho reso il compito sempre più difficile a chiunque si avvicinasse a me.
ostica. dura.
tagliente e gelida.
prendimi la mano adesso, in questo girotondo.
voglio essere ancora uccisa, alle spalle, con la viltà di cui sei capace.

should I stay or should I go?

standard 3 febbraio 2011 3 responses
dite che la noia, elevata all’ennesima potenza, faccia questo effetto “cataclisma”?
dite che gonfiare le guancie fino a farle esplodere, inspirare, espirare (ma anche un pò “cospirare”) sia l’unica cosa che posso fare quando mi ANNOIO?
no.
e allora parte il pensiero-paranoia-segamentaleagogo-questo cervello si autodistruggerà tra 3,2, …-esamone di coscienzona globale… con pessimi nonchè scarsissimi risultati.
e poi ci si mette anche la radio, che passa LIGABUE! dico e ribadisco LIGABUE!
è classico, quando non so che cazzo fare non mi viene in mente nemmeno un sito, un blog, un shop on line da spulciare, non ho voglia di guardare film e non ho voglia nemmeno di leggere il bellissimo libro di racconti di Haruki che mi trascino dietro perchè non si.sa.mai mi venisse voglia di leggere!
sempre più spesso mi accorgo di come venga usato il PUNTO (.) per sottolineare la figaggine della frase appena scritta, per sottolinearne la convinzione, per darsi un tono.
ecco vedete.
cazzo si.
funziona!
le altre punteggiature (mi scusino) non sono all’altezza.
bello abusare di qualcosa che, essendo piccolo e nero, cambia completamente il significato e il senso alla frase che si dice/scrive. anche io lo uso spesso nei miei post, anche se devo dire non sono un’amante della punteggiatura, preferisco andare liscia come l’olio a volte, piuttosto aggiungere un “invio” in più e allungare all’inverosimile una poesia di 15 parole…insomma, ognuno ha il suo stile.
ma sarà proprio vero? ognuno HA il proprio stile?
io, misera e poveraccia blogger, sono l’ultima che deve parlare. scrivo ciò che cazzo voglio, senza nemmeno una bozza. ma se dovessi descrivere il mio stile direi:

è come quando apro il frigo e butto in forno una torta salata fatta con ciò che scade e ciò che mi avanza.

posso riassumere così si, direi che ci può stare. anzi forse potrei dire qualche parolina di più ma rischierei di non arrivare mai ad una fine. ehhh quando parlo di me sono bravissima a dilungarmi. ma veniamo ora al titolo del post.
quella è una domanda che mi pongo ogni giorno. e visto che in questo angolino di noia del mio pomeriggio è risorta come un’onda improvvisa, vi metto al corrente.
devo andare o devo rimanere?
come leggevo qualche giorno fa in un’intervista di un bravo cantante italiano, mi piace sfiorare il limite, mi piace stare sempre sul confine tra la sopportazione e la mancanza, mi piace guardare il mio passato e pensare a come sono stata male, stare sempre sull’argine tra esaltazione e disperazione, sempre a mendicare amore e sempre a regalare tutti i miei sorrisi.
non è questione di altalene, è proprio che mi piace percepire “il rischio”. il fatto di non potersi mai accomodare.
è ciò che mi porta ad avere i brividi ogni volta che bacio la sua bocca.
è ciò che mi porta a fare le cose sempre come fosse la prima volta, senza sentirne la stanchezza.
e anche stasera il tormentone.
vado, resto?
è giusto tutto questo.
è giusto se lo sento, se lo voglio, se sento quel prurito sulla punta delle dita che mi porta sempre più avanti.
buona serata amici.
?


la prigione della libertà.

standard 29 gennaio 2011 2 responses

LI
BER
TA’

la libertà spesso ci imprigiona. fa paura e ci costringe nel nostro angolo, chiusi dalle nostre ossessioni e succubi di noi stessi. non siamo capaci a gestirla, se non ci conosciamo a fondo. essere liberi non è facile come sembra, anzi, forse è una delle cose che richiede più equilibrio e parsimonia nel sapere come e dove indirizzare le nostre energie, interessi, sguardi, sensibilità. da questa parola potrebbero partire milioni di concetti e di discorsi, come approfondimenti inifiniti, perchè a me piace sempre complicarmi la vita ed i pensieri, rigirarmi nella sabbia che ogni singola lettera che scrivo sprigiona, creando un’intera spiaggia di mondi interiori. ogni granello ha il suo peso specifico.
ogni granello mi rappresenta, come fosse il riflesso di un battito di ciglia dei miei occhi.
la libertà.
riuscirò mai ad essere libera?
in realtà per certe cose non voglio, vanno bene così, incastrate nel rebus delle mie storie.
però…quante cose vorrei fare. alcune mi piace solo pensare di modificarle, ma intanto un pò mi gongolo nell’indolenza che non fa mai male.
poi ci sono quelle che vorrei davvero cambiare, rimodellare, riadattare alla mia nuova vita. vorrei essere libera di amare.
vorrei essere libera di gestire la mia vita come fosse un gioco di carte, dove sono io che stabilisco le regole. lo spostamento delle maree insomma. l’andamento della corsa. il modo per sostenere un amore privo di scintille di contrasto ma solo scintille di confronto. qualcosa di sano, che curi la mia “malavita”, che curi la mia sfiducia.

le regole della libertà. un controsenso. un ossimoro.
intanto io sono qui, che guardo un pavimento sporco, raccolgo una ad una le mie carte, di quel gioco senza regole che per ora è la mia vita. sono tutte macchiate di una libertà sempre troppo agognata, che mi ha fatto sanguinare.
mi spoglio, su questo pavimento sporco. lascio indietro i miei vestiti. un passo, un piede davanti all’altro, nudi. mi guardo, osservo ogni ferita, ogni cambiamento, ogni contorto momento vissuto. livida pelle d’oca, per il freddo.
se c’è una libertà che mai nessuno mi potrà rubare, è quella di portare via la mia essenza. io ci ho provato mille volte a calpestarla, è ancora lì. testarda, dura, roccia granitica, diamante indistruttibile. svendo i miei pensieri, voglio prospettive, mordo la vita, mastico e colleziono ossa di chi non è capace a guardare se stesso, nudo, senza protezioni.
non risparmio nessuno, non ascolto lamenti.
mi guardo, con presunzione, prima vittima di me stessa cannibale.
vorace osservo la mia prossima preda.
occhi iniettati di sangue, bocca calda di vita finita, ti voglio. vieni da me.

ain’t no mountain high enough

standard 24 gennaio 2011 Leave a response

non è mai abbastanza
nemmeno l’altezza delle montagne,
il silenzio di rugiada che copre e appanna ogni vetro.
una virgola,
un’incisione,
un sussurro
pare circondarmi l’udito
ogni senso sovrapposto e scombinato
l’arcobaleno invertito
l’incomprensione di ogni attimo
a volte mi lascia senza fiato.

le coordinate di ogni grafico
ciò che regge in piedi ogni ragionamento logico
le ginocchia che ti cedono
la tua bocca che non parla, non parla mai
e non è mai, mai abbastanza
il tempo
le mani che si sfiorano
le palpebre che si chiudono insieme
i tuoi respiri
con i miei.

la verità è che non sono capace a scrivere “sulla felicità”. la verità che le parole mi scappano dalle dita se non è il dolore ad inciderle.
e non ho mai amato così tanto rimanere senza parole.
da dire.
e da scrivere.

sola

standard 20 gennaio 2011 Leave a response

coltello tra i denti, sempre e comunque.
bandana in testa, pronta a combattere.
sudore che scende, pelle invecchiata dal sole.
senza energie da spendere
senza entusiasmo e nè attese
tutto si fa grigio prima del subito
tutto si spegne senza lasciare tempo di abituarsi ai cambiamenti

mi addormento
sola
come sempre
sola

Quadreria Barocca

standard 15 gennaio 2011 2 responses

lo spazio di un sorriso.
lo spazio e il peso di un sorriso.
lo spazio, il peso e il calore di un sorriso.
è questo che sentono i miei occhi socchiusi stamani, è questo che vorrebbero descrivere, è questo di cui vorrebbero parlare, è per questo che continuano a osservare oltre.
fuori dagli schemi, dai limiti, dalle ombre disegnate da un passato ingombrante, da chiunque non abbia avuto voglia di accettare e accogliere ciò che davo.
fuori dal confine che mi incastrava, inciso intorno ai miei piedi da anni di inquietudine e di poca verità, in cui raccontavo a me stessa che l’unica cosa che potessi meritarmi fosse niente più di quello.
adesso sono fuori, o forse è solo un’altra illusione, un racconto simpatico e accattivante per le mie orecchie, un ricordo lontano la sofferenza, un ricordo che si fa ricordare tutti i giorni, tutte le ore, tutti i minuti.
non riuscire
non farcela a resistere
non voler combattere e conquistare niente, così che non ci sia prezzo più alto da pagare della solitudine già sperimentata
continuare a scivolare pensando sia solo colpa del freddo
continuare ad essere incapaci a prendere la mira e colpire il bersaglio giusto.
con le giuste precauzioni,
il giusto tatto,
il giusto olfatto,
ciò che è soggettivamente giusto per me.
senza domande
senza bisogno di risposte.
lasciando spazi vuoti.
senza horror vacui costante.

ps: il collegamento tra titolo e post lo possono capire solo gli storici dell’arte. passo e chiudo.

in valigia

standard 1 gennaio 2011 Leave a response

amarezze
ferite
lacrime.
speranze
sentimenti
cuore.
ciò che è stato e ciò che vorrei.

le piccole esplosioni di verità che ogni momento ho davanti ai miei occhi,
le sensazioni flebili di un risveglio mai veramente sperato.
le sveglie che si incantano su suoni poco piacevoli,
le consapevolezze di una delusione infinita davanti a riqualifiche altrettanto infinite.
il silenzio che sento dentro
le parole che mi sono mancate e quelle che desidero scrivere.
la voglia di fuggire e la voglia di rimanere, sempre.
il sorriso e gli occhi di chi amo
lo sguardo e la bocca di chi fa di tutto per non farsi amare
ogni
singolo
polpastrello
di chi ha sfiorato le mie mani
lasciando intrecciati alla mia pelle odori, passi, circostanze a me ancora sconosciute.
il mio infinito senso di giustizia e fiducia, che sempre mi lascia inquieta e sola.
la mia arroganza
la mia aggressività mal riposta
i miei respiri
i sospiri
tutti i suoni ascoltati dalle mie orecchie
le parole superficiali e ridicole ascoltate
la meraviglia della verità
la repulsione della bugia
una lista mai paga di cose cose e ancora cose che vorrei
cose percepibili
cose impalpabili, che vanno oltre
una lista che fa scorrere il tempo e mi porta all’orlo
con le dita dei piedi
che si appoggiano al bordo del trampolino.
questo maledetto tempo
che passa e non lascia scampo, che razionalizza e modifica tutto
che fa ciò che vuole con i tuoi desideri, che amministra e gestisce i momenti, a suo piacimento.
questo maledetto tempo che, anche stanotte, mi sono dimenticata.
che ha cancellato tutto
ancora una volta
l’ennesima volta
che lascio spazio, che lo creo, che lo voglio.
l’ennesima bruciatura, contrasto, dolore, bugia, perdita, terremoto, interruzione.
l’ennesimo dolore del quale vorrei sapere perchè anche se non è importante.
l’ennesima giustificazione inutile.
lo spazio e il tempo metto in questa valigia, quelli che devo e voglio ancora vivere
perchè nessuno è capace di spegnerli
perchè la mia voglia di intelligenza va oltre
le mie mani che tremano comunque scrivono
i miei occhi che piangono comunque osservano
il mio cuore che urla comunque ama.

tuttoesubito

standard 26 dicembre 2010 3 responses

come se ci fosse qualcosa di nuovo in questo, scriviamoci un pò su.
tutto e subito
tutto e come dico io
capricciosa
impertinente
bambina che non sono altro.
tutto c’è in me tranne che pazienza
autocontrollo
capacità di gestire con razionalità certe cose.

faccio due passi nella mia più recente vita e vedo solo guai, solo sofferenza.
e non parlo di tuttotutto.
parlo di qualcosina, insomma…io lo so di cosa parlo.
e l’idea di dover sempre centellinare tutto, avere pazienza, razionalizzare, essere ragionevole, non mollare…bè…non so se ce la faccio.
vale la pena di resistere, anche questa volta?
dove mi porterà?
non sono più nemmeno curiosa, mi sento un pò piatta e poco attraente, poco stimolante e troppo studiata.
sto attenta a cosa dico, a cosa faccio, non so come muovermi e comunque io decida di farlo…faccio male.
ho sempre vissuto essendo me stessa,
ho lavorato, scavato, intrapreso strade assolutamente fuori dal mondo e contromano, ho sistemato e rattoppato situazioni impossibili, ho fatto km correndo dietro a cose che non conoscevo e che poi si sono rivelate flop indescrivibli.
non ho rimpianti e non ho rimorsi.
voglio fare ciò che voglio.
voglio farlo ora.
chiunque non sia pronto a questo…
può sempre decidere di andare.

dal giallo al bianco.

standard 15 dicembre 2010 Leave a response

speravo che correre/correre/correre fosse utile per seminare i pensieri, fargli perdere la strada.

invece mi sono accorta che non solo mi raggiungono, ma mi sorpassano e mi investono con tutta la loro forza.
appena mi fermo, mi prendono in contropiede e mi annientano tutto il resto. mi mangiano la poca energia che mi rimane, mi soffiano via tutti i petali, tutte le papille gustative rimaste per poter sentire, in fondo alla bocca, il sapore delle cose. il sapore della vita, il gusto impalpabile ed impercettibile che da un senso ad ogni cosa.


la crema nelle mani si asciuga, penetra nelle rotture della pelle, si incastra nelle incisioni della fatica, dei momenti di silenzio di questi giorni, che sono pochi.
il frastuono che mi accompagna, la confusione e il continuo ronzio nelle mie orecchie mi ricorda che non posso scappare. ho voglia di guardare di nuovo degli occhi perduti.
sono lontani.
lontani dal mio corpo, ma non dal mio cuore.
certe cose non si dimenticano, lo so. si conserveranno per sempre.
ogni giorno che passa mi dimentico però di capire cosa sia giusto fare, mi scordo il limite e la dimensione dei miei sensi, vivo ad intuito.
vivo perchè so come si fa, conosco i meandri di me stessa, conosco le scanalature dei muri, le fessure delle pareti…le seguo, con le mani. cerco di non cadere, ma non è cadere l’importante. è che tutto questo non è sufficiente, non è abbastanza, non è ciò che voglio e che mi sto impegnando a fare. e fosse anche che continuo a sognare, fosse che mi sommergo di parole, di pensieri e di sicurezze, non sarà mai vero. sarà un puzzle attaccato casualmente, sarà una prospettiva di me stessa lontana dalla realtà.
il mio futuro non lo conosco, il mio presente di stenti e sacrifici è duro, ma va bene così.
quel sorriso che io cerco e non smetterò mai di cercare da qualche parte, sotto il sipario, sarà nascosto…per il momento cammino, disperdo gli inseguitori lasciando tracce di profumo impersonale.
da qualche parte anche io sarò. da qualche parte, chi veramente mi cerca, mi potrà trovare.
basta seguire il sentiero.

quello che sfuma dal giallo al bianco, crescendo.
il sentiero dei denti di leone.