Elena Vizerskaya – fotografa/artista ucraina |
Vuoi un mondo senza spigoli, nel quale appoggiare schiena/testa/gambe e lasciare le braccia scendere a penzoloni, come se il bordo fosse il perimetro di una mezza luna.
Ciò che ti cambia sono le circostanze, gli avvenimenti, quello che fa diventare il percorso lineare, con le pareti ovattate, un sinuoso dispiegarsi di dettagli, poi impervio, poi pieno di quegli spigoli ricacciati via.
Se nasci tondo e ti trovi a vivere in un dodecaedro stellato, la vita non è proprio agevole.
Ti agganci ad ogni curva, hai graffi, segni sul corpo, evidenti e in superficie, difficili da mascherare come una cicatrice sul viso. Sono uncini quelli che ti acchiappano, la stoffa si allunga, la pelle si strazia, quando torna indietro, quando si lacera, è imprevedibile. Ma il risultato del camminare è questo. A volte si incontrano rovi, a volte solo erba fresca, che ti bagna di rugiada le caviglie. Cogliere more tra le spine nel mondo tondo non è reale, è immaginazione, è sogno. E la vita è altro.
Se nasci tondo la tua vita diventa flessibile, così che nessuno spigolo possa mai condizionarti veramente.
Fino a quando non incontri qualcuno che ti chiude in un piccolo cubo.
E questo qualcuno effettivamente ti assomiglia così tanto che sembri quasi tu. Un riflesso dotato di indipendenza, di chiavi, di lucchetto, che ti sigilla dentro un cubo soffocante, rosso cremisi sfumato con il blu.
Per uscire una sola alternativa.
Imparare a respirare negli spazi angusti.
Scegliere una sola chiave.
Inserirla nella toppa, piccola, come fosse una miniatura.
Capire il corretto senso per sbloccare il meccanismo.
Girare la chiave.
Solo così il riflesso scompare, si diluisce ogni chiavistello che scatta, fino a dissolversi. Rimani solo tu, è vero, tu con te stesso, con le tue armi e i tuoi difetti, la solitudine di ogni passo e la paura di aprire quella piccola porta del piccolo cubo in cui ti eri abituato a stare.
Ma la luce che entra da fuori non è più quella di un mondo rotondo.
È un mondo di mille specchi, di cerchi concentrici, di colori. Un Giardino dei Tarocchi di infinita meraviglia, un sottobosco profumato di funghi e ciclamini selvatici, dove non è più necessaria alcuna forma geometrica ma solo sviluppare i sensi e ascoltare se stessi, il proprio cuore, l’istinto e la ragione, l’unione di tutto.