Mi piacciono gli amori di plastica, infrangibili.
Di plexiglas, trasparenti.
Senza troppe sfumature, di colori pieni, decisi.
Mi coloro le guance di rosa, ogni mattina. Per diventare più perfetta di quei segni che lascia la notte, che lasciano i sogni.
Mi piacciono le macchie indelebili, i momenti tangibili.
Amori di plastica così materiali che si possono toccare, che io trovi la prospettiva per guardarli, descriverli, fotografarli.
Mi piacciono le scale, gli itinerari, i percorsi.
Mi piace la parola insieme, il cui suono rende armonico ogni minuscolo accordo solitario.
Provo a ripeterla, nella mente e ad alta voce, in questa mattina di guance rosa e pensieri neon, lampeggianti. In questo amore di plastica che mi sono appesa al collo, giallo, per ricordarmi che stavolta non si spezza, è infrangibile davvero. Ma che la strada è lunga e talvolta impercorribile.
Cerco di cambiare la mia prospettiva, nella ripetizione quotidiana dei gesti, sperando che tutto diventi così pieno che le domande si plachino.
Che i miei tormenti trovino la loro casa.
Mi piace l’amore che sto vivendo, vorrei tanto che diventasse accogliente per chi lo vive con me.
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– Cuore Giallo Infrangibile – |
Rileggo queste parole, la mia colazione stamattina.
E’ stato un brutto risveglio. Ho sognato che facevo uno stupido incidente mentre guidavo una specie di van, che volevo chiamare il mio avvocato ma non potevo, non riuscivo, c’era qualche impedimento. Con il van avevo colpito un salice piangente, perchè non riuscivo a stringere bene una curva. Accanto al salice c’erano due persone, una testimoniava contro di me e una a favore…da lì iniziava un interrogatorio infinito (vedo troppi telefilm di spionaggio…).
Mi ricordo un tavolo lungo e freddo, sul quale appoggiavo le braccia e la netta sensazione di impotenza, di equivoci e sotterfugi, di sguardi di intesa contro di me.
Mi ricordo la sensazione di sentirsi braccata, osservata, ascoltata nel modo sbagliato.
Ricordo i pregiudizi.
Ma l’arma migliore contro questi sogni sono i risvegli. E scrivere.
Perchè ora vorrei tanto essere altrove.
Lì nel mio posto del cuore, in riva all’Arno.
Passeggiare, sedermi, sentire solo il rumore dell’acqua, violenta.
Scrivere sporcando le pagine d’erba, come i jeans sulle ginocchia quando ero piccola e guardare le formiche che accumulano, di corsa, le ultime provviste per l’inverno.
Forse dovrei vivere la prossima stagione senza più sentire la necessità di accumulare, non sono una formica. Ho accumulato abbastanza risposte e cercato molte provviste, rovistando tra le domande che mi tormentano. Non è che scavando nuovi tunnel che si risolvono vecchie lacune. E poi, appunto, non sono una formica.
Sospiro.
Le formiche ce le ho nella testa.
Sospiro.
Miodddio quanti pensieri.
Sospiro.
Nessuna domanda, almeno per oggi.
Sospiro.
Ho tutto quello che mi serve.
Formica, trovami il bandolo della matassa.