«Conosci innanzitutto la quadruplice radice
Di tutte le cose: Zeus è il fuoco luminoso,
Era madre della vita, e poi Idoneo,
Nesti infine, alle cui sorgenti i mortali bevono»
Empedocle, 490 a.C.
Velluto o Seta,
Rossi come Fuoco.
Fuoco alle pareti, pregiato sfondo.
Pietre dure come Marmo,
Terra per i nostri piedi fermi.
La rosa dei venti come Vortice,
Attira il mio sguardo verso l’alto.
Madreperla e conchiglie come Acqua.
Il fondo del mare protegge la nostra meraviglia.
Tribuna degli Uffizi – Johan Joseph Zoffany (1773-76) |
Ci siete mai stati agli Uffizi?
E la Tribuna degli Uffizi, quella stanza ottagonale progettata da Bernardo Buontalenti, su commissione del Granduca Francesco I de’ Medici, nel 1584, avete mai avuto la fortuna di visitarla? Conservava ed esaltava la grandiosità della famiglia Medici, portando alla luce opere classiche e attuali, divenendo da allora una delle Wunderkammer più ricche e d’ispirazione per le grandi famiglie d’Europa e per gli artisti che vi si recavano.
Una Camera delle Meraviglie.
E i Quattro Elementi come cornice, ad esaltare ciò che custodiva.
Certo non vorrei dilungarmi, era solo un accenno. L’incontro tra l’arte, la potenza dell’uomo, la storia, la filosofia, i valori più alti, tutti racchiusi in una sola stanza.
E il Buontalenti non è solo il gusto del gelato tipico fiorentino, tanto buono (panna e crema!) quanto fuorviante.
Ho avuto “l’ispirazione” di parlare della Tribuna degli Uffizi mentre andavo dai miei, sabato in tarda mattinata.
Pioveva. Nevicava. I rami degli alberi sulla strada parevano dei piccoli fantasmi bianchi carichi di leggerezza. E mi sono sentita investita dalle parole, dalla natura nella sua interezza. Ho dovuto chiamare mia sorella N. quattro o cinque volte per farle segnare dei versi che mi erano venuti in mente. Protagonista il fuoco. I colori. Tutto il contrario di ciò che vedevo. Vedevo bianco, vedevo grigio, acqua e neve. E la terra sotto di me. Poi le associazioni giocano sempre sporco, ti sorprendono e a quel punto sei fregata, non hai scampo se non scrivere.
Ho incubato questo post da quei 140km di qualche giorno fa, in cui ho pensato quanto il peso della relatività stia spingendo la mia vita verso inesplorati mondi.
Non ho interesse a spengere il mio cuore. E’ solo in stand by.
Può esistere un cuore in stand by? Forse si.
Ma credo che questa aridità di emozioni non faccia al caso mio.
Si la tranquillità, si la pace dei sensi, si prendere tutto senza esagerare con reazioni “troppo” o “troppo poco”. Ma non fa per me, mi dispiace.
Io scrivo. E mi nutro di questo. C’è chi disegna, chi fa la calza, chi cucina e chi fa shopping.
Io scrivo.
E devo respirare amore. In qualunque modo esso sia. Questo stand by è solo un altro dei miei mille modi di vivere questi amori un po’ malati un po’ noiosi e un po’ poco “amori” di cui mi circondo.
Stanotte ho aperto gli occhi mentre sognavo l’acqua. Ero in barca, sola, in un’altra barca lontana c’era una persona che conosco bene. Il nero del lenzuolo mi ha confortato, ero a casa. Tutte le parole nella mia testa, combattevano per uscire.
E la mia Wunderkammer rigogliosa e pulsante, come l’Etna, vulcano mai domo.
Questo per me è vivere. Pur sempre consapevole, pur sempre ignorante, penso a Buontalenti e non temo (forse) più questo flusso di emozioni.
Che sia fuoco.
Che sia vento.
Che sia acqua.
Che sia terra.
Che sia inverno, freddo, implacabile e costante, che tenta in ogni modo di rapirmi l’anima.