Testa e Gambe.

standard 15 maggio 2013 65 responses
“Chi unn’ha testa, abbia gambe”

E ve lo dico in fiorentino.
Io corro. Da sempre. Corro in tutto. Nei pensieri, nel lavoro, nell’elaborazione delle cose. Corro ma non sono frettolosa, ho solo un modo di risolvere le mie cose, che siano più o meno pratiche, molto veloce. Come diceva la dolce Sara sulla “tiepidezza” dell’animo, di certo non posso definirmi tale. Sono estrema, esagitata (ben diverso da esagerata), sempre accorta, precisa, attenta.
Trovo rilassamento nel fare cose che normalmente stancano, stressano, annoiano, affaticano. Quando voglio veramente sentirmi “stanca”…scrivo. Scrivo fino a che non finisco le energie utili per fare qualsiasi altra cosa. Ma è una spossatezza con la quale amo convivere, perchè è così integrata in me che non posso, anche volendo, osteggiarla.
Ieri avevo voglia di correre.
La testa, che in questo periodo non mi accompagna frequentemente, dato gli ultimi lieti eventi di cui già siete a conoscenza, era già in vacanza dalla mattina, quando dopo 300 metri mi sono accorta di pedalare sulla strada (invasa dal traffico) invece che sulla pista ciclabile di fianco. 
Le gambe, quindi, le dovevo allenare. Una testa così leggera va tenuta saldamente a terra e con la dovuta cognizione.
OttoKm. Otto meravigliosi chilometri. 
Sudore, salita, respiro cadenzato.
Testa e Gambe sincronizzate, ma pur sempre in due mondi diversi.
E poi Firenze, davanti ai miei occhi. I merli di Palazzo Vecchio, con la sua torre. La lanterna della cupola del Brunelleschi, così vicina che la posso anche toccare. Il campanile di Santa Croce. Più in basso i tetti, le strettoie, i passaggi segreti, i giardini, le piazze della mia città. 
L’arte di correre, l’arte mentre corro. Forse anche per questo mi rilasso, perchè correre in zona piazzale Michelangelo è come dipingere un quadro, ogni volta diverso, a seconda del minuto in cui lo percorri, a seconda del sole, di come batte, di come riflette su San Miniato al Monte di cui percepisci la potenza silenziosa. Ogni passo fatto le mie gambe si caricano di tutto questo. Della leggerezza dei pensieri, della frivolezza della primavera, dei rami che intralciano il mio percorso, della luce e della forza di questa atmosfera così importante, così mia.
E anche se gli occhi si riempiono di moscerini, anche se torno a casa esausta, con le guance a fuoco e i muscoli tirati mi sento B E N E e mi sento di riempire in ogni sua curva, in ogni suo angolo questa parola, così breve ma così bramata. 
Intensa, ecco come mi sento. Intensa e densa.
Dire e fare, finchè morte non li separi. Ogni parola accompagnata da un gesto, anzi due, per non lasciare sola la parola successiva.
In questo B E N E, che scandisco pronunciando ogni lettera come fosse un piccolo menhir, c’è amore. C’è voglia, passione. C’è un dolce al cioccolato preparato per un sorriso, c’è una focaccia impastata dopo gli otto chilometri. C’è la consapevolezza di mille frasi scontate, ma nuove di fronte ai miei occhi: 
Non c’è cosa migliore di vivere senza avere fretta. 
(Non credo ai miei occhi. L’ho scritto davvero? Sono io? Ebbene si…si, sono io, non allarmatevi, non mi hanno messo un coltello alla gola, lo giuro!)
Perchè anche se corro, in tante cose e davanti agli occhi di tanti, so bene cosa sto facendo. 
Perchè anche se corro fisicamente sento la necessità di far si che le giornate si srotolino con il loro ritmo, di dover vivere con il dovuto rispetto dei tempi, di accarezzare ogni istante che passa, di sopportare le attese. Non ho fretta che arrivi l’alba del domani per guardarmi allo specchio e capire se i miei occhi hanno dimenticato un frammento di dolore, per sottolineare che anche questa giornata per fortuna arriverà alla fine. Voglio guardarmi ogni mattina e capire che i miei occhi ricordano questo ieri così recente, che quasi mi sfiora, ma che hanno guadagnato e non perso, che sono fortunata, ma che non ho fretta, nel respirare il futuro (vedi M4ry, le nostre sintonie…). Ho determinazione, ho me stessa, ho questo oggi da vivere, da scrivere con le mie mani, da decorare con le tegole dei tetti antichi di Firenze, da contemplare e accogliere.
E mi piace da morire, questo oggi.
Anche se probabilmente pioverà, anche se tornerò a casa a mezzanotte, anche se il tempo non mi basta mai, anche se ho le gambe stanche e la testa ancora dispersa.
San Miniato al Monte di notte – Maurizio Picci
Ps: non siete mai stati a San Miniato al Monte? Andateci. E’ uno dei luoghi più incantevoli di Firenze, la scalinata per arrivare è una fatica sopportabile, una volta lassù.

Run. Tu corri via.

standard 24 marzo 2013 58 responses

Cammini, di fronte a me la tua andatura veloce
Corri
Corri via
Corri perché io potrei non volere altre più labbra se non le tue
Primavera dei sensi
Rimani
Come io sfioro la tua superficie
Che non sia solo spruzzi delle onde di questo sentiero
Invaso dall’acqua
O forse solo un rivolo lento
Adagiato e corretto, composto nel letto del fiume.
Corri
Che il tuo sussurro svanisca
Che le tue ansie si raccolgano come ciottoli leggeri, abbandonati
Nell’ansa più vicina
Dove tutto si confonde, anche noi.
Che non sappiamo più chi siamo
Che abbiamo smesso di rincorrerci
Che siamo perseguitati dalle paure
Che siamo presuntuosi, superiori, incessanti, carichi
Che siamo poco pronti a guardare avanti
E allora guardiamo sempre qui, sempre ora, sempre noi, superbi noi, insieme,
Intrecci
Emozioni
Mani
Come un crescendo 
E invece cade
E si distrugge.
E io cosa sarò adesso?
Un’altra farfalla di vita breve, intensa ma sempre troppo breve
Per me che chiedo solo di amare
E questi cavi d’acciaio tirano troppo forte
Caviglie, mani, tutto si fa albero,
Mio Apollo
Io Dafne
E tu corri
Corri perché i tuoi cavi sono più forti dei miei
Ma sto imparando, lotto con le mie radici, per non tramutarmi ancora 
Per rimanere
Rimanere 
Essere
Vittima
Carnefice
Preda
Amante
Tutto. 

Ma pur sempre senza noi.

Una diversa Firenze

Il fiume

Cavi d’acciaio