sfioro le cose e queste, come fosse un afflato velenoso e forte, svaniscono.
sfioro un sorriso, forse lo rincorro troppo ed esso, impietoso, svanisce.
probabilmente tutte le cose che critico, le persone che si allontanano, che mi rifiutano, non sono tanto peggio di me, di quello che credo di essere io. la loro mediocrità mi riflette pienamente, il rispetto che ho per me stessa equivale a ciò che leggo nei loro occhi: al niente. al vuoto, all’indifferenza.
quello che valgo pare che scompaia ogni giorno, ogni qual volta che qualcuno si prende la briga di rifiutarmi, di fare a meno di me. io decido di fare a meno di me.
decido che vorrei andare via, diventare diversa, di pietra. arrivare in un eremo, dove nessuno mi può raggiungere e scalfire la mia anima, il mio sorriso lungamente desiderato.
tutto quello che continuo a fare invece è strisciare.
strisciare nell’ombra dove comunque sempre qualcuno può vedermi e ridurmi in poltiglia.
cerco di fare di più, anche stavolta.
ma statemi lontano, sono nociva.
sarà la pioggia
nonlosocazzononlosoooooo!
mi devo dare una scossa cazzo!
questi due giorni sono stati l’esempio lampante di come è facile perdere energie-voglia-motivazioni-emozioni in un batter d’occhio.
saranno quei laghi che impiastricciano Firenze,
sarà che non sono soddisfatta di quanto rendo pensando a ciò che realmente potrei rendere,
sarà che non ho più un pò di tempo per me, da ritagliarmi per non fare niente, per fare una lavatrice, per mettere a posto la mia camera, per dare aria ai pensieri…
intanto vivacchio e mi adeguo all’indolenza mondiale.
e aspetto con ansia il 18.