QUANDO ARRIVA SETTEMBRE

standard 1 settembre 2023 Leave a response

Mi piace osservare i nei dei miei figli.

Elia ne ha uno sopra la bocca, Livia sul naso. Sono piccoli, bellissimi. Sono il loro piccolo segno di riconoscimento, nel mondo. Anche io ne ho molti, ho anche delle lentiggini, che mi fanno apprezzare un po’ di più il mio naso scomodo.

Questo settembre arriva e brucia. Brucia nella mia testa. Un piccolo falò, un puntino come un neo, un cerchietto imperfetto e frastagliato che sta lì, quasi immobile, ma lo vedo. Quella è la mia speranza, la mia battaglia che ancora devo combattere, è la concentrazione delle mie paure. La consapevolezza di voler essere qualcosa che non sono mai stata, di liberarmi dalle sicurezze e buttarmici dentro, a questo falò appena nato, senza più sottrarmi al calore della paura. E come fosse un bozzolo mi ci raccolgo dentro, in fondo la paura è come l’ansia, serve, ti protegge anche, ti aiuta, ma non posso più usarla come scusa, non a 40 anni, non quando insegno ai miei figli ad essere coraggiosi. Non quando ho il dovere di guardarmi allo specchio e riconoscere quella Berenice un po’ battagliera e un po’ vigliacca, che si è sempre curata le ferite con le sicurezze delle proprie scelte.

Forse è arrivato il momento di essere solo battaglieri, cercando le strade incerte e vedendo solo orizzonti sfocati. Forse non è più il momento di procrastinare, perché è quello che sempre critico ma in fondo perseguo anche io, adagiandomi in una quotidianità che non mi corrisponde più.

Ho sempre percorso strade lunghe ma libere.

Adesso vediamo se, percorrendo itinerari incidentati, continuerò a camminare su strade libere.

A comporre le immagini partendo dai frammenti, invece che dall’insieme. Tanti piccoli nei di settembre.

[Sansepolcro, agosto 2023 – Mostra di Simon Berger]

EVOLUZIONE E DESIDERI

standard 30 settembre 2021 Leave a response

Credo che non sia giusto lasciare il 2021 senza nemmeno qualche parola.

Una frase, un ricordo, tutti i progetti che ho in testa.

Periodo confuso, questo settembre. Dai contorni sfumati. Cerco contatti che non trovo, solitudine, scoperte, momenti di lettura e riflessione. Sono interessata a tutto e a niente. Riesco a fare tutto ma non mi interessa niente. Voglio acchiappare tutto e tutto mi sfugge. Io stessa sfuggo, i miei capelli ribelli, lisci e sempre colorati, le mie mani che non si collegano ai pensieri, alla memoria di qualcosa di troppo formale. In questo cruciverba senza soluzione trovo la spontaneità. Mi costruisco spontanea. Inquadrata tra un panorama non scritto. Non ho alternative che percorrere queste strade sconosciute, con le mani piene di altre mani, con la voglia di esplorare in solitudine posti sconosciuti di me stessa.

Forse è anche questo crescere? Scoprirsi diversi da come si pensava di essere? Oppure non diversi ma capaci di essere tutto? Germogliano gli stimoli, difficile è metterli per iscritto. Come fossero tanti zampilli diversi, si fanno geyser quando meno me lo aspetto, diventano incontrollabili e, forse, non li voglio nemmeno controllare.

Uno scatto di Trieste – agosto 2021

Vorrei allenare la mia scrittura, quel che so di saper fare meglio di altre cose.

Vorrei guardare negli occhi i miei figli e fargli capire quanto sono meravigliosi.

Vorrei non sentirmi sempre coinvolta nelle cose in modo drammatico.

Vorrei sentirmi coinvolta senza sdrammatizzare.

Vorrei abbracciare ogni giorno le mie sorelle.

Vorrei vedere crescere i miei nipoti.

Vorrei rivedere il mio migliore amico che vive lontano.

Vorrei cucinare cose nuove e buonissime, imparare, azzardare, stupire.

Vorrei fare la pizza sempre più buona.

Vorrei vedere tutte le mostre che mi piacciono in giro per l’Italia.

Vorrei avere un pozzo di soldi da spendere in viaggi ed esplorazioni, non sempre con la famiglia al seguito.

Vorrei usare la mia scrittura come fosse un’arma per raggiungere obiettivi necessari.

Vorrei leggere, leggere, leggere senza sosta.

Vorrei.

SUI LIMITI E SULLE LIBERTA’. Notti insonni e stellati pensieri.

standard 22 luglio 2014 17 responses
Cammino pesante. Lascio impronte leggere.
Fiato costante. Respiro.
Le lucciole che mi circondano sono spente e nascoste.
Questo cielo mi regala tre scie luminose, cadenti stelle dai lunghi capelli dorati.
Fantastico, desidero, bramo.
Lascio che la mia mente si addobbi di colori, lascio che le parole seguano la stella, lascio libera per un attimo la mia coscienza di vagare senza intrigarla nei sensi di colpa.

Sono quegli attimi che non dimenticherai mai.

Ma il mai non esiste. Non esiste il sempre, il più, le sicurezze.
Tutto è in balia del cielo, in questa notte limpida e distratta, mentre i miei piedi si muovono sulla sabbia dando forma ai miei pensieri.
I limiti non sono mai stati il mio forte. 
I miei limiti sono labili come le fini gocce di pioggia che lasciano traccia sull’acqua. 
Si disfano, si ampliano, creano eco e gentili cerchi gemelli. 

Questo è il mio momento.
Sono tigre, sono gatta, sono morbido petalo vellutato.
Sono in attesa e in attacco, sono sollevata e superficiale, indisponente, profonda e attenta. 
Sgomito, farfuglio, ho bisogno di tutto e di niente.
Mi lascio andare e mi faccio cullare.
Il mio limite è un filo, un’amaca che mi culla.
E’ l’ultimo cerchio di una goccia di pioggia sul lago calmo.
E’ il riverbero del sole che crea mille arcobaleni, ma non quello che voglio io.
Il mio limite si disegna nel cielo buio insieme alle scie delle stelle.
Si unisce, tutto insieme, come fossero miliardi di piccoli puntini invisibili.
E’ una catena. Il nastro di un palloncino, un biondo capello abbandonato sul viso, una lacrima spontanea.
Questo è il mio momento. Ho messo le ancore, ho adattato la vista, ho sistemato i confini.
Ho capito che questo limite non è zavorra ma libertà.

Libertà di conoscermi, di esplorare, di andare sempre più a fondo.
Libertà di essere come sono, di farmi amare, di farmi guardare.
Libertà di innamorarmi ogni giorno, di sospirare, di trattenere il fiato.
Libertà di sorridere alla vita, sorprendente dea dagli occhi bendati, che ti toglie ma ti da sempre, sempre, sempre. 
Libertà di saper trovare sempre la giusta prospettiva per guardare le cose, per vederle bene, per individuarne l’anima e la positività.
Libertà di sorprendermi, di deludere ma comunque andare avanti.

Un limite che diventa libertà. Perché siamo padroni di noi stessi e la nostra vita possiamo modellarla come fosse mollica di pane, per far si che diventi uguale a ciò che desideriamo, perlomeno nel modo in cui noi stessi guardiamo gli altri, le cose, le sfumature.
Oggi sono padrona di me stessa.
Dopo dei giorni importanti, intensi, faticosi, ricchi di imprevisti e probabili conclusioni (senza giocare a Monopoli) posso davvero dire che SONO TORNATA.
Sono felice.
Sono piena.
Sono limitata ma LIBERA.

Spiragli di luce soffusa e sfocata.

LE AMBIZIONI (PERDUTE).

standard 3 febbraio 2014 27 responses
Quando le giornate sono pesanti ti auguri solo di tornare a casa.
E che la serata sia lieve.

Vivere a pieno in questo mondo vuol dire che ne senti tante. Che ti accorgi di come si vada avanti per espedienti, conoscenze, debolezze altrui, simpatie. Di come chi ti sta davanti sappia argomentare anche la più assurda delle ipotesi, facendoti quasi credere che sia possibile, ma dentro di te scuoti la testa. Non puoi farlo davvero perché chi ti sta davanti ha il vantaggio di molte cose rispetto a te, ma non di tutte, per fortuna.
Chissà, magari un giorno non sarò più capace di trattenere l’amarezza e l’impazienza di dire ciò che penso sarà più forte di tutto, non dovrò più trattenere il respiro, non dovrò provare la brutta sensazione di sentirmi fortunata a tutti i costi solo perchè ho un lavoro.
Le giornate, le settimane, scorrono così, per la maggior parte. In attesa. Che arrivi il fine settimana, che il telefono squilli poco, che le dita siano ispirate a scorrere così sulla tastiera, che i baci siano sempre come li vuoi e che ogni sguardo ti accarezzi come fosse una nota dolce della musica che ami ascoltare.
In attesa che tutto quello che hai studiato svanisca, o che serva a qualcosa, a qualcuno, almeno a me. 
In attesa di essere capace di ricordare ciò per cui mi sono impegnata e battuta, ciò che ho amato fare e ora metto quotidianamente da parte per produrre ciò che serve a pagare l’affitto, le bollette, qualche vizio speso in un negozietto della mia via.
Questi sono i giorni dell’amarezza. Della prospettiva che non ti corrisponde ma che da qualche parte cela questo lato di te, così negativo e VERO da farti paura.

Sylvia Plachy – Pink Veil (1979)
Poi la prospettiva si muta.
Il  pensiero sorvola.
Come un piccolo e frivolo uccellino sorpasso questi vortici.
Ogni nebbia si disfa nell’aria fresca e dolce del mattino, del cielo terso, di queste folli altitudini nelle quali riesco a volare, senza fiato, senza tempo, senza fretta, senza conoscere destinazioni.
Ad occhi chiusi non vedo altro che le mie palpebre come specchi.
Vedo me, capelli lisci e strani colori.
Le poesie che creo nella mia mente si posano e non lasciano spazio ad altre parole.
Sono loro, quelle giuste, le vedo.
Ma stasera non so scriverle, le vedo e basta.
Anche loro in attesa.
Anche loro alla fermata del loro turno. 
Quello che passerà e le lascerà qui, di nuovo, oppure le renderà vuote e senza alcun senso, soffiandole via di nuovo, inafferrabili, lontano.

D come Desiderio.

standard 10 dicembre 2012 46 responses

Si parla di Maya, di fine del mondo, di un’era che cambierà il nostro vivere.
Si parla di Natale, di luci che fanno brillare le nostre case spente, di famiglie felici.
Si parla di soldi, di regali. 
Una poltrona per due, Mamma ho perso l’aereo, favole Disney a profusione.
Insomma. E’ Dicembre. E siamo tutti decisamente più esauriti.

Alzo gli occhi, il cielo è stellato.
Distesa su un mare di ghiaccio, esprimo il mio desiderio.
E’ così freddo che l’aria sembra impenetrabile.
Ma il cielo è limpido, protendo le mani per toccare ogni piccolo brillio.
Parlo, ma non emetto suoni.
Ogni sillaba un sussurro, ogni sillaba una nuvoletta di vapore.
Si dissolve, dopo un istante, il  notturno desiderio.
E’ impalpabile, docile, le mani protese lo sfiorano e lui fugge via.
Il biancore rimane solo nei miei occhi, ma distrae le più attente stelle.
Il mio desiderio. Forse è l’unica cosa che vorrei come regalo di questo squattrinato Natale.
Vorrei voltare lo sguardo, dal mio mare di ghiaccio, e trovare degli occhi luminosi a fianco a me.
Forse i miei occhi, quelli che conservo in un angolo, o forse gli occhi di chi sa veramente guardare dentro di me. Due fari che illuminino con i miei un sentiero così grigio.
Una notte ancora più stellata.
Come si fa a desiderare qualcosa di più difficile?
Sto solo desiderando una notte calda, in questo freddo che non è ancora inverno. 

Notte Stellata – Vincent Van Gogh

1889. Van Gogh e i suoi riccioli di cielo. Il chiarore della Luna di tarda primavera, in Francia. Le onde di un firmamento come un oceano di energie, chiome di alberi come fiamme oscure. E la luce, la luce di questo blu, blu notte, blu chiaro, ogni singolo dettaglio così uguale, così diverso. Tutto si distingue. 
Fate silenzio, o romperete l’incantesimo.
Ogni pennellata è una parola, ogni strato di questa tela è una veste, che conserva il mio istinto, che cura la mia giovinezza.
I desideri. Vi ho raccontato il mio desiderio.
In questo anno così funesto, in queste vasche di lacrime versate, mi vesto del mio mantello. 
Il cappuccio mi cade sul viso, nasconde la vista del cielo stellato. Il mare di ghiaccio si scioglie sotto la mia schiena. Così debole e stanca, lascio che scorra via questo ghiaccio. 
E in questa notte che non è nemmeno inverno, mi affaccio ancora una volta a colmare il mio bicchiere di sogni. Intingo le mie mani nella porporina e torno a dipingere le stelle.
Voglio sentire i vostri desideri.
Quale è il regalo che scegliete, per il vostro Natale?
Vi ascolto, dal mio prato ghiacciato, leggo i sussurri dissolversi davanti alle vostre bocche, li prendo con la mia rete. 
Desideri. Fiati di vita.

L’isola che …c’è!

standard 25 agosto 2012 13 responses

riflettete. avete mai sperato di incontrare qualcuno di impossibile, nella vostra vita, nella vostra infanzia?
lo avete mai desiderato così tanto da sognarvi la scena insistentemente fino dalla tenera età delle scuole medie, nell’ingenuità degli 11 anni, fino a portarvelo dritto dritto fino alla vostra maturità?
avete mai ricoperto la vostra stanza di foto e il vostro cuore di lacrime anche solo per credere, per un secondo, che la faccia del vostro idolo si materializzasse di fianco a voi?
io si.
per il più lungo amore della mia vita. duraturo, fedele, costante, inspiegabile.
ma soprattutto, come tutti questi amori, impossibile.
nonostante i miei (quasi) trenta anni non ho mai smesso di essere una bambina, di fronte a certe passioni.
la Juventus (e Alessandro Del Piero) e i Take That, con Mark Owen.
quello bassino.
quello biondino con la voce da papero.
quello canta ma non è il cantante e balla ma non è il ballerino.
insomma, non è che c’è bisogno di spiegare o giustificare, certi amori nascono come l’erba gramigna nei vostri amati giardini e non se ne vanno mai più.
la mia sana passione (e mi piace chiamarla così perchè non ho mai “esagerato” nel mio modo di esprimere questo innocuo amore) per lui, una decina di giorni fa, ha portato ad un incontro.
un momento, qualche istante, un soffio di vento nella vita del mondo, ma per me è stato come una luce che si è accesa, nel corridoio della mia vita, illuminando tutto il percorso che ho fatto insieme a lui e alla loro musica.
il 16 agosto, alle ore 12.15 circa, in quel di Londra, ho incontrato Mark Owen.
ho incontrato i suoi occhi, i suoi capelli color miele, il suo mondo, le sue mani sulla mia schiena, quasi indecise.
ho accartocciato il mio inglese in qualche parola idiota e l’ho fissato come uno stoccafisso appeso al banco del mercato, pieno di sale.
ho assaporato il gusto di essere lì, in quel preciso istante, di aver indovinato qualcosa nella mia vita.
appena dopo il suo saluto, ho pianto.
lacrime di gioia, di emozione, di un’attesa lunga 18 anni, lacrime di insensatezza di fronte a tutto quello che avrei voluto/potuto dire e (ovviamente) non ho detto.
ho pianto perchè ero libera.
in fondo ogni passione ci imprigiona in qualcosa, ci fa sentire bene ma allo stesso tempo vittime di un incantesimo che difficilmente sarà spezzato, se non grazie alle stesse mani di chi lo ha creato (le nostre) o alla decisione che solo un evento così importante può farlo.
si è aperto un lucchetto.
le prime parole che ho pensato sono state “ce l’ho fatta, ce l’ho fatta, ora posso seriamente pensare di amare qualcun’altro veramente” 🙂
mentre scrivo so’ che ci sarà chi ride, chi approva, chi mi crederà una sciocca.
ma questa è la mia vita ed io sono anche questa.
una bambina che piange, abbracciata alle amiche, dopo aver coronato un sogno.
dopo tutte le lacrime condivise con tutti voi durante questo 2012 volevo condividere questo momento direi quasi “tenero”, di certo non ossessivo o patetico, speciale e difficile da spiegare.
averlo accanto per quell’istante mi ha reso così felice che spero che ognuno di voi abbia l’occasione di poter esaudire un desiderio, uno di quelli così profondi e intensi che possa sprigionare questa energia e soddisfazione tali da riuscire a stare in pace con se stessi e con il mondo almeno per 24h (visto come solitamente viviamo contratti, con la paura di sorridere, di lasciarsi andare, di appassionarci a qualsiasi cosa).
io sono fortunata, posso permettermi di dire che ce l’ho fatta. sono fortunata perchè scelgo ogni giorno di amare e di appassionarmi. e questo, ogni tanto e in modi assurdi, viene ripagato.
anche se solo per quell’attimo lui è stato lì, accanto a me.
amate. non smettete mai di sperare. nel vostro Dio, nel vostro cane, che il vostro vicino di casa suoni alla porta, nel vostro lavoro, in voi stessi.
le affinità tra queste cose potreste trovarle dissonanti ma non è così.
è per questo che continuerò a tifare la mia squadra e ad amare la loro musica.
le passioni, quelle sane, belle come il sorriso di Mark che si accorge di avere la bottega dei pantaloni aperta mentre si fa le foto con me e le altre ragazze, sono le passioni che tutti dovremmo avere.
arricchiscono, fanno battere il cuore, fanno conoscere altre persone che come te le condividono e, soprattutto… ti fanno tornare bambino. senza bisogno di essere Peter Pan.

detto questo una piccola postilla: io non provo gusto nel denigrare le passioni altrui e nell’interessarmi degli insuccessi di chi non apprezzo. alimento ciò che amo ogni giorno e non cerco mai di provocare chi non la pensa come me solo per raggiungere uno scopo assurdo di considerazione, scontro e inutile perdita di tempo.