INCANTESIMI E IDEALI.

standard 2 ottobre 2014 6 responses
Rinchiusa in una grande zucca arancione, come fossi cenerentola, guardo il mondo fuori, che di fatato non ha molto.

credits @ Virgola – una geniale illustratrice che adoro, oggi mi ha ispirato. ?
https://www.facebook.com/virginiasdraws
https://www.etsy.com/shop/disegnidivirgola


Leggo di torture e abissi in cui si precipita, nel 2014, ovviamente per mano dell’uomo.
Leggo negli occhi della gente la sete di vendetta per ogni piccolo sopruso quotidiano subito, ho paura.
Leggo maleducazione, che chiama altra maleducazione, prepotenza, deliri di onnipotenza, code di scorpione che vili ti pungono alle spalle.
Leggo sorrisi spenti e ignobili, sarcastici e spavaldi.
Leggo frasi, affermazioni, diffamazioni.

Non sono pronta alla battaglia, mai lo sarò.
E so anche che le mie sbiadite parole non saranno nemmeno un piccolo inciampo per chi si riempie la bocca d’odio e poca tolleranza.
Non so nemmeno perché le scrivo, tutte queste cose, sono sicura di vedere qualche amica che storce la bocca al mio buonismo.
E’ che non so resistere. Non ne posso più di questa gentaglia. Io me ne tiro fuori, li guardo dal mio (probabilmente) finto mondo, dove esiste dialogo, amore, condivisione, amicizia. Dove i problemi si risolvono senza girare le spalle, senza per forza avere un tornaconto, acquisire un vantaggio, disprezzare il prossimo.

Mi spoglio dall’armatura che mi cucite addosso, con quegli sguardi taglienti, preferisco la vergogna della nudità per essere me stessa e non la copia di aggressivi umanoidi infelici, che vedono come unica salvezza lo sterminio di chi non è come loro. In realtà siete voi la feccia. Chi vuole la guerra vuole la propria condanna.
Poco tempo fa mi è tornato sotto mano il bellissimo testo scritto nel 2001 da Tiziano Terzani, uno scrittore e giornalista purtroppo scomparso (che ho avuto la fortuna di conoscere personalmente). Ecco qualche ritaglio di testo tratto da QUI. Le sue parole sono più attuali e vive che mai.
Pensare quel che pensi e scriverlo e’ un tuo diritto. Il problema e’ pero’ che, grazie alla tua notorieta’, la tua brillante lezione di intolleranza arriva ora anche nelle scuole, influenza tanti giovani e questo mi inquieta. Il nostro di ora e’ un momento di straordinaria importanza. L’orrore indicibile e’ appena cominciato, ma e’ ancora possibile fermarlo facendo di questo momento una grande occasione di ripensamento. E un momento anche di enorme responsabilita’ perche’ certe concitate parole, pronunciate dalle lingue sciolte, servono solo a risvegliare i nostri istinti piu’ bassi, ad aizzare la bestia dell’odio che dorme in ognuno di noi ed a provocare quella cecita’ delle passioni che rende pensabile ogni misfatto e permette, a noi come ai nostri nemici, il suicidarsi e l’uccidere. “Conquistare le passioni mi pare di gran lunga piu’ difficile che conquistare il mondo con la forza delle armi. Ho ancora un difficile cammino dinanzi a me”, scriveva nel 1925 quella bell’anima di Gandhi. Ed aggiungeva: “Finche’ l’uomo non si mettera’ di sua volonta’ all’ultimo posto fra le altre creature sulla terra, non ci sara’ per lui alcuna salvezza”.

E tu, Oriana, mettendoti al primo posto di questa crociata contro tutti quelli che non sono come te o che ti sono antipatici, credi davvero di offrirci salvezza? La salvezza non e’ nella tua rabbia accalorata, ne’ nella calcolata campagna militare chiamata, tanto per rendercela piu’ accettabile, “Liberta’ duratura”. O tu pensi davvero che la violenza sia il miglior modo per sconfiggere la violenza? Da che mondo e’ mondo non c’e’ stata ancora la guerra che ha messo fine a tutte le guerre. Non lo sara’ nemmeno questa.

Perche’ non fermarsi prima? Abbiamo perso la misura di chi siamo, il senso di quanto fragile ed interconnesso sia il mondo in cui viviamo, e ci illudiamo di poter usare una dose, magari “intelligente”, di violenza per mettere fine alla terribile violenza altrui. Cambiamo illusione e, tanto per cominciare, chiediamo a chi fra di noi dispone di armi nucleari, armi chimiche e armi batteriologiche – Stati Uniti in testa – d’impegnarsi solennemente con tutta l’umanita’ a non usarle mai per primo, invece di ricordarcene minacciosamente la disponibilita’. Sarebbe un primo passo in una nuova direzione. Non solo questo darebbe a chi lo fa un vantaggio morale – di per se’ un’arma importante per il futuro -, ma potrebbe anche disinnescare l’orrore indicibile ora attivato dalla reazione a catena della vendetta.

Per difendersi, Oriana, non c’e’ bisogno di offendere (penso ai tuoi sputi ed ai tuoi calci). Per proteggersi non c’e’ bisogno d’ammazzare. Ed anche in questo possono esserci delle giuste eccezioni.

La natura e’ una grande maestra, Oriana, e bisogna ogni tanto tornarci a prendere lezione. Tornaci anche tu. Chiusa nella scatola di un appartamento dentro la scatola di un grattacielo, con dinanzi altri grattacieli pieni di gente inscatolata, finirai per sentirti sola davvero; sentirai la tua esistenza come un accidente e non come parte di un tutto molto, molto piu’ grande di tutte le torri che hai davanti e di quelle che non ci sono piu’. Guarda un filo d’erba al vento e sentiti come lui. Ti passera’ anche la rabbia. Ti saluto, Oriana e ti auguro di tutto cuore di trovare pace. Perche’ se quella non e’ dentro di noi non sara’ mai da nessuna parte.

Non giriamo la testa dall’altra parte, cerchiamo un po’ di pace e regaliamola agli altri.
Sarà un dono per chi verrà dopo di noi.

Ps: Oggi è una giornata speciale per le mie amiche Bloggalline…sono orgogliosa di voi! ?

Favole a merenda

standard 7 gennaio 2013 47 responses

Mentre vado in altalena mi sporgo.
Da quando scrivo questi ultimi 365 giorni sono stati, in termini di numeri e “popolarità” indubbiamente i più creativi, ispirati e sostenuti. Certo, ci sono delle mie amiche blogger che scrivono “che sembrano unte” (come si dice a Firenze), post dopo post meraviglie culinarie, soufflè dopo soufflè meraviglie di scrittura. Ma come fate? Siete più produttive di una catena di montaggio!
Io, da brava simil-poetessa, vi guardo, mentre mi spingo sull’altalena. 

A dire la verità è tanto che non ci faccio un giro sull’altalena. Adesso preferisco strapazzarmi le budella a Mirabilandia. Più pericoloso e ripido è il rollercoaster, più mi esalto. L’adrenalina che esce da tutti i pori, che mi fa saltare, sorridere, continuare a fare file kilometriche con gente che mi fuma in faccia nonostante in cartelli di divieto. 
Mirabilandia e Fragonard. Mah…ogni tanto mi chiedo di come sia possibile che io sia così assurdamente accozzata. Adoro delle cose così distanti tra loro che non so come siano compatibili, questa cosa a volte mi esalta a volte mi spaventa. Potrei essere un potenziale serial killer, Dottor Jekill e Mister Hyde. E menomale che sono alta solo un metro e sessanta, altrimenti sai quanta follia ancora poteva entrarci. Ma sono un intenso concentrato, come quello di pomodoro, ne basta poco…in tutti sensi!

J. H. Fragonard – L’Altalena
Insomma dicevo. Fragonard e l’altalena. Quando studiavo storia dell’arte non credo di essermi mai soffermata sul particolare della scarpetta che vola in alto, per l’impeto della spinta. Ma soprattutto penso di non aver colto l’intenzione frivola del dipinto. Una nobildonna che si diverte in un gioco infantile, in compagnia del marito e…dell’amante. L’amante che guarda sotto la gonna pomposa e svolazzante della signora dai chiari capelli.
Escludendo le presenze maschili di questo quadro, vorrei tanto essere la fanciulla protagonista. Vestito color pesca, pizzi e cappello in tinta, delicatezza e felicità. Una superficiale spensieratezza.
Ebbene, sto ripiombando sonoramente in uno di quei miei “beautiful moment” in cui tutto accade – niente accade, in cui un minuto ti senti bella e micidiale come una Venere e l’attimo dopo impossessata da Medusa, chiunque ti guardi si trasforma in pietra. Orribile in pratica.
Insomma in pratica…sto cadendo dall’altalena. Sono giusto nel momento prima di spiaccicarmi (scusate il maremmano!) con la faccia al suolo, sassolini in bocca, terra che graffia i palmi delle mani, ginocchia con i rivoli di sangue. Tenere forte le corde, farle scorrere tra le dita, era diventato un noioso palliativo, un fastidio, quelli dati dalla ripetitività delle cose; certo, stabilivano la mia sicurezza, ma quello che rimandavano non era altro che una banale riproduzione di me stessa. E si sa che a me piace cadere. Gustarmi quel momento in cui posso far scendere con ragione le lacrime salate sul mio viso, in cui posso tamponare i miei occhi smarriti, in cui tolgo i frammenti di terra dalle dita, come fossero l’ultimo baluardo della fiducia che ripongo nel genere umano (di sesso maschile). Fiducia, sorrisi. Tutto molto scadente, come un pasto frugale consumato di fretta in un fast food, da soli, con la faccia rivolta verso un muro. La qualità degli ingredienti crea un risultato pessimo, di quelli che vanno ingurgitati, non gustati. Ecco, io che non vorrei mai vivere così, preferisco cadere, lasciare le corde, sbattere il naso, respirare la terra, l’odore rustico delle foglie verdi o secche, i rami vivi e pulsanti di clorofilla. 
Raccontare cosa sto vivendo risulterebbe forse banale, poco sfumato, non divertente. 
E magari sarebbe sconveniente. 
Perchè ogni riferimento a fatti, persone e cose è assolutamente reale qui, in questo angolo di vita. 
Perchè chiunque ha carezzato i miei capelli è stato fotografato, ricordato, memorizzato. Perchè chiunque ha sfiorato le mie mani o maltrattato la mia anima si merita uno spazio, una classificazione. Certo, tutto questo lavoro scientifico di catalogazione fosse servito ad imparare, a distinguere al primo sguardo chi ho davanti, a posizionarlo nella giusta dimensione o, perlomeno, in quella che si merita. La trasformazione in Mr. Hyde che ho subito questa estate non ha portato granchè frutti insomma…subdolo copia/incolla di cattiveria mal riuscito da comportamenti di terzi con la sottoscritta.
Quindi…raccontare cosa sto vivendo risulterebbe banale.
Sto cadendo dall’altalena con la speranza che “qualcuno” mi prenda al volo. 
E che mi posi, come una ciliegina sulla sua torta, così che io la possa rendere “complice ma non complicata” (cit.), dolce, a tratti stucchevole. 
Sfacciata e brutale faccio queste confessioni al mondo, nemmeno fossi una principessa.
Ma finchè c’è il vento che scompiglia i capelli e senti il sibilo nelle orecchie, finchè la forza di spingersi sempre più su non ti abbandona, finchè questa vita così superficiale e profonda, piena di contrasti e simbiosi, finchè tutto questo mi apparterrà ogni reame dovrà impallidire.

la Berry addormentata nel bosco

standard 13 ottobre 2012 5 responses

sinceramente credo che dovrò tornare in terapia.

ci sono stata per guarire le ferite del mio cuore.
magari ci andrò di nuovo, per curare l’indolenza verso gli esseri umani.
più specificatamente verso gli uomini.
uomini…gli esseri umani di sesso maschile.
chiamarli uomini forse è troppo.
si si, lo so, sono discorsi un po’ da “Sex & the City”, spiccioli, banali e già risentiti.
ma sono discorsi da sabato sera senza voglie particolari, se non quella di essere risvegliata.
dormo.
sono la “bella” addormentata.
questi principi che provano a distrarmi dal mio torpore sono tutti di una mediocrità infallibile.
sarà che mi metto tanto gel nei capelli, ma non si muovono nemmeno se questi principi sono a cavallo. 
nessuno che mi rapisce e mi porta via.
che mi bacia e mi mozza il fiato!
nes
su
no!
sono fermamente convinta che sarà veramente difficile per me provare di nuovo qualcosa.
il miraggio dell’amore a trentanni.
voglio qualcosa di più.
altrimenti meglio la solitudine.
meglio questo bosco che, fitto fitto, mi copre anche i raggi solari. 
e la mia pelle rimane candida, il mio viso rilassato, le braccia, inermi, accanto al mio corpo.
una farfalla sfiora le mie mani, nel sogno vorrei prenderla.
non vincermi sonno.
regalami passione e fuoco al mio risveglio.