mezzofondista senza fiato

standard 27 settembre 2010 Leave a response

Per quanto si possa ragionare su una chat di feisbuc aperta di straforo mentre si sta lavorando a tremila cose insieme (tra cui all’organizzazione di un cazzo di congresso mondiale tra una ventina di giorni), oggi prima di pranzo “ragionavo” appunto con una delle mie fidatissime e splendidissime ascoltatrici, nonchè grande amica, nonchè contenitore di pianti, lamenti e quantaltro. Ragionavo sulla mia disastrosa situazione sentimentale.
Alla soglia dei 28 anni (AHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH) giro come una trottola dentro i miei pensieri e di spazio, ce n’è tanto. Non ho rimpianti, ma non ho più nemmeno pensieri. Ho chiuso i miei sentimenti in un armadio, sono lì a riposare. Nel mio passato li ho usati, bistrattati, calpestati. Ora che le ferite si sono richiuse, che i ricordi fanno solo sorridere, rimango qui.
Ragionavo, con la mia splendida amica di cui sopra, di come per me, adesso, sia impossibile progredire. Lei mi presentava la nuova stagione, l’autunno in arrivo, le calde foglie dell’estate che carezzano l’asfalto umido di pioggia. L’inizio di qualcosa di diverso. Un diverso che non distinguo da molto. Tutto è un fugace passaggio che mi lascia solo in bocca un sapore che non ho fatto in tempo a gustare. Tutto quello che mi si presenta, che mi si è recentemente presentato, è ciò che qualsiasi persona potrebbe volere.
Stabilità.
Tranquillità.
Sicurezza.
Io ho fatto finta che non ci fosse, non l’ho visto, l’ho fatto andare via, l’ho liberato come un cucciolo allevato in cattività e poi portato alla scoperta della vita reale.
La verità, a quanto pare, è che il mio essere mezzofondista di natura, senza allenamenti o agonismi di nessun tipo, con l’amore non ha nessun effetto. Con l’amore, con i sentimenti, con il mantenimento costante di una bugia verso me stessa, una bugia che possa coprire ciò che sento veramente.
La verità è che non reggo la distanza.
Mi manca il fiato, mi cedono le gambe, mi si spezza il respiro.
Così mi sento se qualcuno chiede il permesso di entrare nella mia vita, nell’armadio del mio amore. Tutto è chiuso, ogni bottone del cappotto che mi stringo addosso per non far passare nemmeno uno spiffero, per non permettere a nessuno di ferirmi, più di quanto non lo faccia io da sola ogni giorno.
La verità è che vivere le cose senza incoscienza ma con consapevolezza è ciò che più difficile ci sia e accettarle è altrettanto difficile.
Accettare che non ci sono prospettive e sbocchi è ancora peggio.
Accettare che tutto questo finto mondo lo hai inventato te, è impossibile.
Perchè di invenzione si tratta.
Di pareti finte che sono intorno alla stanza e che non ti proteggono affatto, di lana da pochi soldi senza fodera è il cappotto, di illusioni è il fuocherello che scalda le mani della piccola fiammiferaia.
Chissà se quando arriverà la vera luce la saprò riconoscere o, forse, sbanderò accecata.

Bene. Ho smesso di piangere.
Vado a cucinare.