Iceberg. Di ciò che emerge e ciò che è sommerso.

standard 19 febbraio 2013 47 responses

Conto le sillabe delle parole che pronuncio.
Ne scandisco l’essenza.
Ogni lettera un grammo di peso, nella bilancia dell’orafo.
Ogni lettera un telegramma di addio, che mi costa più del mio stesso domani.

L’alfabeto cade dalla mia bocca, le parole che creo non hanno più alcun significato.

Sento questo scorrere denso del tempo, dell’ansia.
Sento che mi manca.
Sospendo ogni verbo, che posso pronunciare. Precipita giù.
Ha il peso di un neon di Merz.
Decido di non dire.
Non pronunciare nessuna parola, Berenice.
Non lo fare.
Non dire.
Non pensare.
Stai ferma.
Dosa le energie.
Medita.
Proteggi ciò che puoi dalle scorribande avide della realtà.
Non regalare il cuore dell’iceberg, che ancora, miracolosamente, pulsa caldo.

Se la forma scompare la sua radice è eterna – M. Merz (1982/89)

Sinceramente devo ancora capire come fare tutto questo.
E’ come se avessi in mano un libro e lo stessi leggendo al contrario, nemmeno le figure capisco.
Per ora mi limito a restare in attesa.
In attesa che si manifesti quella voglia lancinante che mi arriva fino all’ultimo nervo nel cervello e mi manda in tilt tutta la ragione, a favore dell’istinto.
Quella voglia lì. Quella che sa dove colpire. Che chiude lo stomaco, quella del capriccio.
Quella degli errori, dell’insistere sempre e comunque, quella che mi fa perennemente strisciare come se fossi un verme indegno di considerazione.
Quindi mi punisco, in attesa di giudizio.
Ma è una punizione consapevole, so’ che mi porterà alla piena assoluzione.
Insomma, da sabato questo iceberg mi galleggia nella testa.
Tatuato sulla fronte. No, questo no, almeno questo non è tatuato per davvero.
Un iceberg trasportato dai pensieri, oltre che dal flusso di sfiga dilagante di questo (lungo) periodo.
Quell’iceberg sono io.
Emersa, ma solo in parte.
Emersa per vivere e respirare, emersa perchè necessario.
Ma non sono sempre stata così, anzi, forse è la prima volta nella mia vita che accade.
Ho sempre vissuto alla luce del sole, con tutte le difficoltà e la spietatezza del caso.
Parlato, confessato, osannato, dichiarato.
Non ho mai nascosto nulla.
Ora faccio una fatica bestiale, una fatica fatta di sospiri e di rinuncie.
Ma nascondo, sotto lo strato marino di ghiaccio, un infinito iceberg interiore.
Fatto di strati, di pene, di osservazioni. Di lacrime che bagnano il cuscino prima di dormire, di solitudine. Di “arriverà, vedrai” che non voglio più sentire, di un nutrimento sterile e privo di linfa che non merita nemmeno di essere assecondato da uno sguardo.
Stringo i pugni per limitare i danni di conversazioni notturne fatte di confessioni mai del tutto celate.
Ma la notte è come il sole, porta a galla i desideri.
E i desideri della notte odorano di emozione.
Di corpo, di passione.
Sfuggono al controllo della mia percezione.
E l’iceberg torna a galla, riaffiora la punta spigolosa ma tutto il resto deve rimanere giù.
Nascosto dalle parole di troppo, ormai taciute, seppellito con forza, a due mani, senza sconti.
Quello che leggi tra le righe è vero.
Quello che non scrivo è vero.
Tu lo sai, anche se non lo scrivo.
Perchè ci sono certe storie che non lasciano mica spazio ai respiri.
Ne’ ai convenevoli, alle spiegazioni, alle giustificazioni.
E nemmeno alle mie “morbide” parole.

È stato un solco tracciato all’improvviso
senza certezze, senza prudenza
nell’ annusarci d’istinto e di stupore,
in un crescendo che ha dell’ irregolare.

 L’Odore – SubsOnicA