#mercoledì BIANCA NEVE

standard 9 novembre 2016 8 responses

Tiepidi, tra le mani
Purezze, spine, domani.

Bianca Neve
Petalo sfuggente
Ricordi?
C’era il mare chiuso in un vaso.

Lo ascoltavamo in silenzio.

Il suo fragore ridondante, l’odore.
Bianca Neve sciogli il tuo candore.
Confondi il tuo bianco col mare.

Mary Pellegrino, Dafne’s Corner, foto inedite.
Berenice Boncioli, Mirtillo & Lampone, parole inedite.

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#mercoledì INTENSITA’

standard 12 ottobre 2016 6 responses

Io sono il tempo

Tu sei foglia rossa di calore d’autunno

Io scorro incessante

Tu ti trattieni, densa

Io mi lascio spesso vivere

Tu decidi, scegli, ti fai raccogliere.

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Ci sono dei #mercoledì magici, quelli con la M maiuscola, in cui lavori, scrivi, progetti, ti innamori.
Non tutti i giorni sono uguali, non da quando ci conosciamo, da quando le nostre vite hanno preso la stessa direzione e si sono scontrate.
In uno di questi folli scambi di idee, parole a vanvera, a volte forti, a volte leggere, abbiamo detto “Si! Facciamolo”. Ed eccoci qua.
Sarà l’ennesimo scambio del web, foto, parole, intuizioni pulite e senza futuro. Sarà l’ennesimo, certo, ma è il nostro. Il nostro modo di comunicare.

Mary Pellegrino, Dafne’s Corner, foto inedite.
Berenice Boncioli, Mirtillo & Lampone, parole inedite.

Tutto questo è il nostro #mercoledì.

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ANNA. LA LINEA BIANCA.

standard 7 gennaio 2015 22 responses

Una mano fitta di rughe, con un anello antico ornato di un’acquamarina, accende l’interruttore quadrato, di quelli in melamina, vecchio, che scatta facendo quel rumore inconfondibile, sordo, TAC! E la luce ad incandescenza, rimasta dalle scorte di qualche anno fa, quando si trovavano ancora così facilmente, si accende. Le mattonelle rettangolari e strette, color ospedale, di quel verdino chiaro e pastello decorano la stanza, il lampadario anni 70 la rifinisce, con quelle piccole gocce di vetro che riflettono la luce. E’ mattina presto. Anna e i suoi capelli vaporosi si muovono lentamente e leggermente, con lo spiffero della porta finestra del balconcino, finemente agghindato di piantine fiorite, nonostante sia novembre.

E’ mattina ed è buio. Anna si sveglia presto, le piace avere tutto sotto controllo, soprattutto ora che l’età non l’assiste più per tante cose, per l’energia che vorrebbe, per il tempo che le manca, per le sicurezze e le amiche che si diradano, lasciando dei vuoti pesanti e inconsistenti allo stesso tempo, violando i suoi desideri di rimanere attaccata a tutto, alla vita, ai respiri, alle cose, ai ricordi.

Anna ama le piante, associa il loro vivere al suo respiro, come se fossero una cosa unica, procede a piccoli passi verso la fioritura, nonostante l’età, perché quello che conta non è scritto sulla carta d’identità, ma nella vitalità portata con orgoglio dai segni, dalle rughe, dal rumore dei suoi  movimenti pacati ma mai totalmente assenti. La presenza della vita. La linfa, la clorofilla, il colore verde e intenso delle foglie e dei suoi occhi. Anna ama, spera, sorride. Non si spegne mai. Tanto è successo intorno a lei, da una società sommessa ha visto correre tutti verso una società arrogante e padrona, che ha reso tutti sempre meno individui e sempre più massa, cancellando identità e volontà, rendendo schiavi innocui e marionette con la testa bassa.

Anna, la sua 500 Abarth bianca, ormai ben poco all’avanguardia, piccola e anche un po’ lenta, le rende la vita un po’ più scomoda ma con quel profumo antico e vintage che solo la pelle invecchiata di quei seggiolini sanno avere. Ogni tanto qualche agitato automobilista le suona per metterle fretta, lasciandola stordita e contrariata, ma lei risponde sempre col sorriso, perché sa che non c’è niente di meglio per lasciare gli insolenti senza parole. Non si sente un giustiziere, non si sente perennemente nella ragione, ma le piace continuare ad accarezzare la vita delicatamente, senza vivere nell’indifferenza di un mondo senza volto.

Anna potrebbe raccontarci tante storie. Quelle del passato, della sofferenza del presente, della leggerezza in cui ha imparato a vivere, delle linee bianche che ha sorpassato, investito, guardato. Degli orizzonti corrispondenti ad altrettanti tramonti, dei capelli al vento, della passione giovane e quella matura. Anna potrebbe insegnarci che controllare la vita, seppur interessante, desiderato e a volte necessario, è impossibile.

tramonto fiorentino

Senza alcun controllo.

I dolori, le disavventure che da enormi diventano minuscole, i sospiri di ogni sofferenza, le tragedie. Tutto è fuori dal nostro controllo, per quanto ossessivamente ci ostiniamo a pensare che non sia così. Non è rincuorante, ma fa parte del pacchetto. Da quando veniamo al mondo ci sono situazioni avverse o favorevoli, alcune si fanno riconoscere altre si presentano come dei veri e propri incubi…questo fine/inizio anno è un piccolo specchio di tutto questo.

Il mio pensiero, le mie parole, le mie ore insonni, sono rivolte a chi amo e sta vivendo giornate interminabili e fuori controllo. Conoscessi la soluzione, esistesse il meccanismo per sbloccare le serrature dello sconosciuto, ne tirerei fuori combinazioni infinite. Il momento del silenzio, quello delle parole, tutto si mescola e si confonde, diventa una nebulosa, come quelle nuvole colorate dal sole del tramonto. I profili si dipanano, le ingiustizie si consumano, tutto diventa intollerabilmente pesante e pressante.

In qualche modo, senza alcun controllo, la vita scorre via. Ma è la nostra vita, non ne siamo padroni come vorremmo e non ne percepiamo sempre la bellezza, perché talvolta è diabolica e infingarda, ti trafigge e lascia senza fiato.

Vi mando un po’ del mio fiato, come fosse quel sospiro per dissipare l’ombra, un piccolo, flebile sussulto che renda il momento in cui arriva un grammo più leggero.

LUCY.

standard 19 ottobre 2014 65 responses
Estremismo.
Sempre sbagliato.
Sempre scelto per poca capacità di vivere.
Sempre scelto per riempirsi la bocca di parole, proclama, rabbia.
Sempre e comunque esagerato.
Gli estremi non mi piacciono.
Che si parli di politica, di disastri ambientali, di tragedie annunciate o non, di attacchi terroristici, di shopping o blogger con manie di protagonismo.

Quest’estate ho conosciuto una signora. Anziana, piena di capelli vaporosi e biondi. Con il rossetto un po’ in disordine e tutto il resto in perfetta armonia.
Ero in aereo, già seduta al mio posto, scalpitante di rientrare a casa dopo 15 giorni di lavoro estenuante in Sicilia, per l’evento di cui mi occupo per gran parte dell’anno. La sera prima il volo era stato cancellato, mentre già pregustavo l’abbraccio del mio amore in aeroporto. Invece un’altra notte lontani, io relegata con tutto il carico dello stress, dei pensieri e del malumore in un hotel periferico e freddo, come tutti questi non luoghi di passaggio e scarsa permanenza, che mi lasciano sempre addosso strane sensazioni. 
Insomma, non stavo nella pelle. Lucy è arrivata chiedendomi di alzarmi, perché i due posti liberi vicino a me spettavano a suo figlio e lei. E pensare che quello non sarebbe stato il mio seggiolino, mi ero spostata per far viaggiare insieme una coppia. Mai credo di aver fatto una scelta migliore.
Lucy, non ti scorderò mai. Non so perché non ti ho chiesto nemmeno il numero di telefono, forse doveva andare così. Sei stata un incontro prezioso. Uno di quegli incontri che vanno metabolizzati, assorbiti, collocati, che ti lasciano quasi incapace di descriverne cosa ti hanno lasciato. 
Si è seduta vicino a me, il posto al finestrino per il figlio disabile, con un leggero ritardo fisico e mentale. Lui, l’ultimo dopo 3 figlie in uno splendido matrimonio, con un amatissimo e scomparso marito. Lucy, professoressa, donna, madre, moglie, nonna. Siciliana figlia di emigranti in Argentina, che ha desiderato tornare nel suo paese d’origine, al quale si sentiva così tanto legata. Ogni sua figlia una storia, ogni dettaglio un frammento da conservare nel cuore. 
Il volo è stato terribile. Era fine luglio ma c’era un forte temporale, tutto si muoveva in quell’aereo, ed io, impauritissima, mi concessi qualche lacrima. Lucy mi ha tenuto per mano, non so nemmeno io per quanto, mentre Ezio, suo figlio, se la rideva come un matto perché a lui piace il cielo, perché per lui il cielo è il massimo della meraviglia che si può raggiungere e perché così, anche se succede qualcosa, siamo già sulle nuvole. Piangevo, sorridevo, Lucy mi consolava e raccontava, raccontava, raccontava. Mi raccontava di quando, dopo la morte di suo marito, decise che non avrebbe mai messo se stessa in un cassetto. Non avrebbe mai amato un altro uomo ma lei, donna, aveva il suo spazio e la sua vita, nonostante tutto. Per questo, mi spiegava, portava sempre il rossetto con se e sulle labbra, perché, guardandosi allo specchio, avrebbe dovuto piacersi, amarsi, sorridere alla vita. Aveva 4 figli da crescere e niente da lasciare indietro. Ha insegnato per anni spagnolo, ha tradotto testi, continua tuttora a farlo come specialista per i tribunali, in giro per l’Italia. Non ricordo se mi ha detto il suo cognome. Ma la sua stretta di mano, i suoi orecchini e collana bellissimi, i vestiti curati, il beauty sulle gambe con le caramelle per Ezio, il rossetto, i fazzolettini, la moneta pakistana portafortuna che mi ha regalato, forse per farmi credere che il nostro incontro sia accaduto davvero.
Cara Lucy, quando l’aereo barcollava mi hai detto di pensare al mio matrimonio. Di pensare ai miei nipoti, alle mie sorelle, al mio amore che mi aspettava all’arrivo. Ti sei commossa quando ci siamo salutate e mi hai detto “Io faccio il tifo per te”. Un volo Catania – Firenze non dura molto, giusto il tempo di uno sguardo fugace. Dura il tempo di un incontro scritto nelle nostre vite. 
Perché io dovevo volare il giorno prima, non dovevo essere seduta lì. Un senso dovrà pur avere tutto questo.
E il suo tifo, nella mia vita fortunata e bella, è arrivato alla grande. 
La settimana dopo, come tutte le successive fino ad oggi, sono state stravolgenti.
Stravolgenti in senso bellissimo, cara Lucy.

Un piccolo cuore ha iniziato a battere 
nei giorni dopo il nostro incontro, e cresce. ?

Abbiamo comprato casa.

Sto toccando con le mani così tanti sogni che non mi sembra vero. Il tuo tifo è arrivato tutto. Pieno, vero, sincero.
Le tue mani rugose sono state un dono infinito, così come i tuoi occhi azzurri e pieni di speranze.
Grazie.

Questi siamo noi. Mirtillo, papone e io.


Lucy, incontrarti è stata la conferma di quello che mamma mi dice quasi ogni giorno. 
Che la nostra vita è un dono, che quello che ci succede è prezioso, che ciò che seminiamo, con grande fatica e a volte anche dolore, poi piano piano germoglia, e non quando lo scegli te, secondo una pianificazione perfetta. E’ perfetto il tempo che sceglie perché evidentemente non poteva esserci un momento più o meno adatto. 
Lucy, incontrarti è stato come è per qualcuno incontrare mia mamma che, sul treno, fa amicizia con chiunque le sia accanto. Chissà come queste persone rimangono colpite da lei, che è un’anima speciale, come te. Certo, sono di parte, è la mia mamma.
Oggi è anche il suo compleanno.
Spero di regalare a mio figlio l’educazione, la gioia di vivere, la correttezza e l’onestà come lei ha fatto con me e le mie sorelle. Mamma mi ha avuto a 23 anni, dopo poco più di un anno dalla mia sorella maggiore. Era praticamente una bambina, ingenua e pulita. Io sono meno bambina ma sempre pulita e senza malignità. 
Cara Lucy, ti scrivo e credo che mai potrai leggermi, ma lo faccio commossa, perché ti parlo di grandi cose. La mia giovane mamma che continua ad essere la mia più saggia compagna di vita, il mio corpo che si modifica e cresce, il mio cuore che non è mai sazio ma sempre consapevole della propria fortuna, regalata e meritata allo stesso tempo, la mia vita piena d’amore.
Mi cadono le lacrime sulle guance e sulla pancia.
Sono così ricca nella mia povertà, ma non ho bisogno di altro.

Nessun estremismo, solo amore incondizionato.
Grazie Lucy, della tua traccia. 
Grazie Mamma, delle tue innumerevoli tracce. 
Auguri.

ROUTINE D’AMORE.

standard 23 aprile 2014 21 responses
I piedi scostano la coperta, fino a spingerla in fondo al divano, dove altri residui bellici delle feste appena passate erano stati lasciati.
Non così lontani da essere dimenticati, non così vicini da essere spostati.
Era come se tutto fosse fermo, in attesa di un evento travolgente e inesorabile, una ventata, un trambusto, un improvviso crepitio che avrebbe cambiato le cose.
Fermo forse no, ma lento e stanco, come il cucchiaino abbandonato nella tazza, dove la tisana rilassante ha lasciato una traccia colorata. Stanco come il fiore appisolato nel piccolo vaso, con poca acqua stantia. Il tempo stanco del recupero delle forze, quando la domenica ti abbandona, lasciando spazio ai pensieri, ai doveri, ai meccanismi conosciuti del lunedì. E di tutti gli altri giorni della settimana.
In fondo sono cose a cui teniamo, anche se facciamo finta di esserne stanchi. La routine. Perché se anche solo per un giorno ce la porta via la febbre o un po’ di traffico in più, quasi ci sentiamo abbandonati. E’ nella natura umana rendere interessante ciò che è antipatico. E’ nella natura umana lamentarsi continuamente di ciò che si ha per poi lamentarsene se non lo abbiamo più.

Le mani si intrecciano tra di loro, cercando contatto. La punta delle dita è sempre fredda, sempre troppo fredda, corre a riscaldarsi sotto la maglietta, dove c’è pelle, quella sua, quella calda e confortante.
Tutti questi strumenti di oblio – coperte, mani, divano, piedi – parlano dell’ozio distorto e necessario, a volte si, necessario. Come quando aggiungi l’olio sulla fetta di pane e pomodoro. E poi un po’ di sale. Ogni strumento aggiunge sapore ed è come uno strumento del piacere, che spinge oltre tutti i sensi coinvolti. Ho bisogno di te. Mano, piede, sospiro.
Toccami con la noia e l’abitudine di ogni giorno. Lasciami inerme come quella coperta arrotolata. Sul cuscino i miei capelli perdono la forma e ne trovano un’altra.
Raccolgo il tuo respiro e cerco di abbracciarmi stretta a te, che sei il mio unico amore. 
E anche se non celebro quei giorni simbolici, dietro alla mia immagine riflessa ci sei sempre te.
Sei lì e non ti muovi.
Mi proteggi e io ti chiedo di proteggermi di più.
Mi dimostri e io ti chiedo di farlo in un modo che io possa comprendere.
Mi segui, annuisci alle mie scelte, condividi le mie follie e le mie assurde paranoie.
Sali e scendi sulle montagne russe senza avere nausee o ripensamenti.

I tuoi occhi brillano come i mari tropicali più trasparenti del mondo.

La routine ci accompagna, io e te sulla stessa piccola barchetta, giù per le rapide del fiume. Nell’ansa che raccoglie la calma di un momento rilasso il mio sguardo e ti vedo, così come tu vedi me. E forse hai ragione. Queste maledette “rapide” ogni tanto mi confondono, ma devo ritrovarmi e soprattutto non perdere te. Tu non mi perdi  mai. Ma come fai? Come dici? E’ il rumore dell’acqua scrosciante che copre la tua voce, devo concentrarmi per sentirti di nuovo…Dici che basta vedere dove si mettono i piedi, insieme, per non perdersi? Dici che non per forza dobbiamo voler fare le cose allo stesso modo? 
E se poi mi sento soffocare dalle ansie? Troveremo una soluzione anche a questo.
Insieme.
Sempre.
Per attraversare in barca ogni tempesta.

Io e Te ? E il nostro primo anno insieme. Grazie Amore, TI AMO!

TRANNE ME.

standard 14 gennaio 2014 44 responses
Appena ho aperto gli occhi mi è apparso, parola per parola, il sogno fatto.
Ho sognato che compravo una Bentley. Una berlina, rossa, ovviamente con la guida a destra.
La pagavo subito, in contanti, 12.500 Euro. Poi salivo, cercavo di capire come funzionasse e ingranavo le marce…certo, non era immediato, però guidavo. Accanto a me c’era il Bullo, dopo un po’ facevo guidare lui. Mentre andavamo mi ricordo di aver pensato (sempre in sogno) perchè avessi dovuto cambiare auto, visto che la mia Clio andava benissimo…però questo pensiero svaniva senza tormentarmi più di tanto e mi lasciavo trasportare, chiudendo gli occhi, tra le curve dolci che costeggiavano la scogliera.

E mi è venuto in mente l’inizio di una storia. Che poi è solo l’inizio, quindi non serve a niente però, vista la totale assenza di tempo e modo di scrivere due righe in questi giorni, ho cercato di concretizzare lo stesso…

La casa, su una scogliera. Un faro eroso dal tempo e dalla salsedine, una luce costantemente accesa, la luce della salvezza, della speranza, dell’approssimarsi, della vicinanza, del controllo, della costanza. Una moderna Raperonzolo dai capelli rossi fuoco, lunghi e morbidi, come le lingue di sole all’alba del mare.
Capelli rossi, scogliere appuntite e bianche.
Navi che lasciano una scia continua di strette e frequenti onde, cioccolato scuro, che si fonde lasciando le nocciole galleggiare sul mare.
Immagini ricorrenti, racchiuse dentro un nocciolo di pesca, come tante piccole matrioske. Una buccia pelosa e vellutata, un morbido frutto profumato, un rigido guscio bucherellato, un seme di forma allungata con uno strano tesoro all’interno. Il peso è leggero, tra le mie mani, ci gioco, lo tiro in aria, sento il vento sibilare in quei fori.

Vorrei raccontare una storia, tante storie. Vorrei raccontare.
Di me, di quello che succede tutti i giorni, dello spazio e del tempo troppo occupati, di come scorre tutto via e lascia sorrisi, di quelle giornate storte e nate male oppure di quelle felici e piene di occhi lucidi di emozione.
Ieri era così. Un giorno azzurro. 
Azzurro come il cielo di questo inverno caldo.
Azzurro come i palloncini che ho portato a Tommaso, la creatura meravigliosa che è venuta al mondo da mia cugina e suo marito.
Azzurro come lo sfondo del mio computer.
Azzurro come gli occhi del mio Amore, che mi riempie le giornate anche quando non c’è, perchè c’è sempre, sempre, sempre.
Azzurro come il mare che vedo nel mio sogno, mai troppo profondo.
Azzurro come i mondi che vorrei esplorare.
Azzurro di pienezza.
Azzurro di quantità.
Ogni giorno è un simbolo per il quale vorrei inventare un nuovo ideogramma, trovare le parole, le virgole necessarie. Ma ho imparato che non sempre c’è qualcosa di necessario, di indispensabile, di urgente, di ovvio.

TRANNE NOI STESSI.
Jack Vettriano

WOR(L)DS#10

standard 2 dicembre 2013 36 responses

Progetto di Scrittura Creativa di Zelda was a Writer

WOR(L)DS #10

Per Camilla e gli abitanti di Wor(l)ds.

 
A volte si ha bisogno di stringere nodi, fiocchi paffuti, morbidi incroci.
A volte si ha bisogno di riempirci gli occhi di lustrini, magici e ruvidi.

Le mie parole scorrono su un nastro, liscio e color pastello.
Riavvolgo il nastro, riascolto la mia voce.
Ascolto il più piccolo frammento di disturbo, che movimenta il sottofondo.
Emergono in superficie suoni alieni, lingue che non conoscevo. Riavvolgo il nastro. Riascolto.
Stringo il nodo, il fiocco è pronto per l’albero.
Perché ho tradotto tutti i dialetti di questi strani mondi diversi, li ho incontrati, manipolati e vissuti.

Queste Parole Creano Dipendenza.
Assuefazione Virtuale e Straniera.
Guardo dondolare ciò che ho appeso, ammaliata, come fosse un amuleto di gioia color arcobaleno.

 
****
 
Inizia Dicembre e un progetto si è chiuso. 
Mi sento un po’ ubriaca, in quel momento in cui si incrociano malinconia ed euforia.
A dire la verità non mi sono mai ubriacata, ma questo è un altro discorso.
Il sapore che sento è un sapore buono, di persone genuine, di sorrisi che nascono dal cuore.
Vedo una Milano nuova, che mi parla di Pop Art e di navigli.
Vedo nuovi abbracci e sguardi, nonostante sciarpe e cappelli a coprire i venti gelidi.
E allora penso.
Penso che oggi sono di poche parole, che non trovo quelle giuste e che forse, a volte, va bene anche non spenderne troppe.
Penso che è una giornata grigissima, ma che certe condivisioni, non si fanno mai coprire dalle nuvole.
 
Gio & Berry – Andy – Wor(l)ds – Worldsiani & Camilla
E siccome oggi sono silenziosa, vi lascio con ciò che ho letto ieri alla mostra di Andy Wahrol:

Non pensare di fare arte, falla e basta. 
Lascia che siano gli altri a decidere se è buona o cattiva,
se gli piace o gli faccia schifo.
Intanto mentre gli altri sono lì a decidere
tu fai ancora più arte.

LA LINEA BIANCA#4

standard 28 novembre 2013 16 responses

Con una mano appoggiata sul tuo petto e l’altra sotto il mio fianco, ascolto il tuo respiro.

Per quanto possa essere cosa banale, ogni volta mi stupisco di come sia perfetta la forma delle mie dita proprio lì, in quella posizione. Mi immagino di disegnarla con un gessetto, lasciando il mio segno su di te, facendo in modo che sia indelebile al tempo e ai giorni, che a volte scorrono via senza lasciarti il tempo di sbattere le ciglia.
A volte camminiamo e non lasciamo tracce. E il nostro seguito pesante si dissolve. La dispensa piena di barattoli, ordinati, colorati, ognuno con il loro fiocchetto di raso, con le punte un po’ sfilate, conserva sottovuoto i sorrisi e le anime che vestiamo ogni giorno.
Stamani ho aperto il barattolo giallo. C’era anche un gessetto, per disegnare la mia mano sul tuo petto, l’ho lasciato sul comodino.
Voglio ritrovare il suo tratto stasera, quando i miei capelli ti faranno il solletico e il segno polveroso colorerà la tua pelle.
Intanto vestita di giallo, con un fiore tra le mani io varco la soglia di casa, lasciando che la mia scia mi segua, senza dissolversi davvero, perché voglio ritrovare la strada percorsa.

Oggi è un giorno giallo.
Il cielo è giallo.
L’aria non è trasparente ma colorata di giallo

Io respiro sabbia del deserto 
mentre piove camomilla 
dalle nuvole che filtrano il colore del sole.

Tutto è giallo.

Ma io esco lo stesso, in questo strano giorno, perché mi piace vedere ciò che accadrà, minuto dopo minuto, anche se non avrò il tempo di vedere cadere i petali della gerbera che stringo tra le mani.
Me la porto al naso, ogni passo, per coglierne le sfumature, cambiano come cambia la mia prospettiva di osservazione del mondo: anche se avanzo di poco, anche se le mie gambe sono corte, trovo sempre cose nuove da osservare, in questo giorno colorato.
Volano piccoli pollini gialli.

Non è solo pioggia, sono pois di primavera che cadono.

Banksy ?
***
Ci sono delle parole che vorrei dipingere, ma non ne sono capace. E allora cerco immagini in giro per il web, che descrivano quello che voglio dire, ma non sempre ne sono soddisfatta. Banksy è un artista che sa comunicare in un modo incredibile, ma in questo caso avrei voluto un quadro fatto per me. 
Con l’aria rarefatta, piena di pollini e di un giallo diffuso, senza troppi contrasti. 
Un quadro che parlasse di ciò che ho scritto. Dell’aria colorata ma tenue e delicata, che carezza le gote delle persone che passeggiano e che la attraversano.
Un disegno a matita e carboncino, su carta ruvida.
Stasera colorerò il mio disegno con la musica del mio amore. Suonano in un posto vicino Firenze, sono già lì con gli occhi a ? ? che lo guardo suonare.
Domenica invece sarò a colorare insieme a Camilla. Wor(l)ds diventerà una realtà, sarò tanto felice di farne parte. In 10 puntate del suo progetto è stata capace di creare un insieme sinergico di razionalità e tentazioni che non ho mai visto prima. Coinvolgimento e passione, dettagli e grammatica. 
People have the Power, canta Patti. Che sia nelle nostre Parole, questo potere.
Vi bacio. Sono felice.

WOR(L)DS#9

standard 25 novembre 2013 38 responses

Progetto di Scrittura Creativa di Zelda was a Writer



WOR(L)DS #9 

Quell’aereo portava lontano. Pensieri, valigie e illusioni.


Lei, guance calde e soffice intelletto, aveva un amuleto tra le mani, mentre volava sopra Roma, mentre ne percepiva i confini. L’amuleto stretto, colorato, dalle forme sinuose di una matrioska, le dava quel senso di sicurezza necessario, ogni volta che il distacco da terra era reale, non fervidamente immaginato.


Quell’aereo volava lontano. Sospiri, istanti e sorrisi.


Lui, capelli vivaci e sguardo ostinato, aveva un solo desiderio, mentre salutava Roma, mentre rivedeva le foglie gialle raccolte nel cestino della sua bicicletta, un desiderio trasparente e luminoso come un diamante.


Il loro sconosciuto domani si intrecciò, destando i miei occhi con la sua bianca scia, mentre sognavo, sospesa e persa, nell’azzurro cielo di Roma.

***


Trentuno. 
Non è il numero finale di una combinazione segreta.
Nemmeno la temperatura esterna.
Sono gli anni che (anagraficamente) dicono io abbia compiuto ieri.
Non me li sento addosso, così come non voglio sentire questo gelo improvviso sulla città, che mi raffredda il naso anche se sto in casa, mi blocca le ginocchia in bicicletta e mi disturba nonostante gli strati felpati che indosso.
Quindi, dopo questo weekend strapieno, mi tuffo nella nuova settimana cercando di non sentirne il peso, metto in fila gli impegni e i pensieri arruffati e vedo i vostri sorrisi sul mio specchio. I sorrisi delle persone che mi vogliono bene.
Improvvisamente non sento più nemmeno freddo, ma solo un immenso sole che pulsa e irradia la sua luce.
Il regalo migliore sono le persone che continuano a fare il girotondo con te anche se, a volte, gli fai girare un po’ la testa.

Ps: il piddieffe delle composizioni ancora non c’è, appena lo mette on line la nostra Camilla lo pubblico anche io! E forse domenica la conoscerò, speriamo! ^_^

WOR(L)DS#8

standard 18 novembre 2013 28 responses

Progetto di Scrittura Creativa di Zelda was a Writer

 
WOR(L)DS #8 


Abbandono le mie scarpe sul bordo delle scale, ora che la luce arancione invade timidamente la stanza e i miei occhi si abituano all’oscurità.
E sei tu, che spingi l’inchiostro sul foglio, e io scrivo.

La foglia si incrina di un flebile sbaglio
Il colore si perde in infinita clorofilla
Rumori e calpestii commentano il passaggio di indelebili cortei
Di maggiolini e coccinelle rosse.
Variopinto mondo di nature interiori,
Traslucide iridi si gonfiano di rugiada
Acqua riempie il sentire ormai sazio,
Le gole empie si fanno carichi ruscelli.

Comporre note e solfeggi come un lirico amore
Intingere la piuma di un colorato biancore.
Concentrici cerchi si avvitano
Alla ricerca continua, perpetua
Di uno sguardo altrove.


***

Ho fatto sogni affollati.
Sono stati giorni lunghi.
Ho pensato molte cose.
Ho pensato intensamente a molte persone.
Non che sia importante, ma queste parole sono per qualcuno a cui voglio bene. John Keats me le ha ispirate, e a lei le dedico.
Prima che mi sfuggano provo a chiuderle in uno scrigno tutte queste parole, corte o lunghe che siano, perchè oggi le sento scorrere via facilmente. 
E poi…volevo fare gli auguri ad una persona meravigliosa e fuori dall’ordinario, una persona che ha fatto della sua vita sognata una realtà concreta, una che quando la guardi negli occhi vedi amore e purezza, senza malignità, interesse o sotterfugi!


Adesso…sono distratta. 

Devo scappare.
Che la vostra settimana sia piena di carezze.

Ah! Per chi volesse leggere il pdf dei componimenti della scorsa settimana, eccolo qui!