MANGIAFUOCO & LABIRINTI.

standard 16 giugno 2014 20 responses
N O N  C E  L A  F A C C I O  P I U’

Mi sembra di avere un’esplosione nucleare nello stomaco da tenere a bada.
Hai voglia a sospirare, respirare, trattenere il fiato, cercare di non affogare. Comunque non serve.
Quando il “malessere” arriva da qualcosa di esterno ed incontrollabile tu puoi solo tamponare come sai, ma spesso non basta, soprattutto quando la stoffa è logora, i buchi sono troppi e sei vulnerabile. Soprattutto quando la linea tra il sorriso e il vaffanculo è completamente erosa da settimane di falsa cortesia.
E dunque non ce la faccio più.
Vedo le stagioni passare, mi domando dove io abbia messo tutto l’entusiasmo, la competenza, le voglie e l’intensità. Mi rispondo che il Mangiafuoco che ho intorno, per ora, si è assorbito tutto.

D’altra parte i Mangiafuoco sono grossi, hanno una barbona nera e fluttuante, tanti capelli che sembrano una criniera, sono aggressivi, ingiusti, poco corretti e non coerenti, non prendono mai nessuna decisione per fare in modo che la colpa, alla fine, ricada su di te.
Sono perfidi, illegali, indifferenti. Agiscono platealmente con arroganza e, tronfi del loro potere, travolgono tutti sotto le loro scarpe firmate (ma inguardabili) che calzano ai piedi.
Sono famosi ma ratti infami che si aggirano nelle fogne, cercando errori e sotterfugi uguali ai loro. E il brutto è che non si sentiranno mai sporchi, mai paghi delle loro spregevoli situazioni luride, certi che la faranno franca, ancora una volta, anche dalla loro coscienza. Una fuga costante insomma. 
Una vita inaccettabile per me. Un modo insulso di abitare questo mondo. In queste persone non c’è dignità, non c’è riconoscenza, non c’è nessun tipo di cuore, di mente, di volontà, di positività, di ammirazione. Sono esseri vuoti, che si rendono Mangiafuoco per ingannarci, per sottrarci alla nostra vita semplice ma solida, sono invidiosi e ricchi della loro inutile furbizia, moneta il cui utilizzo rende pieno solo il portafoglio di chi non ne capisce la miseria.
Sono costantemente dubbiosi, perché sono i primi ingannatori.
Sono sempre con un piede in due scarpe, per avere la soluzione ad ogni eventuale inghippo.
Sono scaltri, ma senza nessun vantaggio se non quello di accaparrarsi altro nulla, altro vuoto, altre soddisfazioni folli e futili.
Mi vengono in mente i film che amavo da ragazzina, dove c’era un nemico da combattere, un male oscuro e distruttivo de La Storia Infinita, oppure una banda di delinquenti senza coraggio de I Goonies. Oppure i film che amo adesso, i libri un po’ visionari di Murakami, i fantasy di Tolkien. I protagonisti sono sempre dei soldati contro il male. Sia che il male sia una bella ragazza riluttante o un intero esercito di orchi sanguinari. Ecco…io pensavo che fossero solo storie da film, da libro, da storia da raccontare vicino al camino. Invece sono sempre più storie dei giorni nostri, della quotidianità, delle nostre vite così congestionate che ci fanno perdere, evidentemente, il lume della ragione.

Quello che posso fare, per me, per chi amo, per chi mi ama, è prendermi cura del mio piccolo orticello. Nutrirlo, amarlo a mia volta, vederlo crescere, osservarlo, proteggerlo.
Queste sono le uniche cose che posso fare. 
Ma diventa difficile percorrere queste strade, diventano intricati labirinti di sospiri e parole non dette. Ogni mattina se ne aggiunge una, mentre si sposta il lenzuolo per alzarsi dal letto. Ogni mattina stento a riconoscermi.
E per quanto si creda che l’amore sia una delle armi valide per sconfiggere l’ingiustizia ormai…non ci credo più. Sono tutti finti baluardi da issare sulle proprie navi. Io tengo la vela ammainata e viaggio a vista, godendo ogni dettaglio e lasciando andare tutto questo mondo fatto di Mangiafuoco che mi ostino a non voler credere siano parte della mia stessa specie.
Quella (dis)umana.

“Tanto tempo fa, nel regno sotterraneo, dove la bugia, il dolore, non hanno significato, viveva una principessa che sognava il mondo degli umani. Sognava il cielo azzurro, la brezza lieve e la lucentezza del sole. Un giorno, traendo in inganno i suoi guardiani, fuggì. Ma appena fuori, i raggi del sole la accecarono, cancellando così la sua memoria. La principessa dimenticò chi fosse e da dove provenisse. Il suo corpo patì il freddo, la malattia, il dolore, e dopo qualche anno morì. Nonostante tutto, il Re fu certo che l’anima della principessa avrebbe, un giorno, fatto ritorno, magari in un altro corpo, in un altro luogo, in un altro tempo. L’avrebbe aspettata, fino al suo ultimo respiro. Fino a che il mondo non avesse smesso di girare.”

Il Labirinto del Fauno 

Il Labirinto del Fauno – film di Guillermo del Toro (2006)

L’IMPERO DEL BUIO.

standard 23 maggio 2014 28 responses
Ci sono dei momenti in cui non ti bastano i sogni e le poesie, non ti bastano i sorrisi e l’ottimismo, le carezze, le corse, le storie felici.
In questi momenti vorrei scrivere una storia nera.
Dalle pareti oscure e i risvolti tristi.
Che si pieghi come la bocca con gli angoli in giù, una storia flessibile e passionale, senza lieto fine, che si illumini solo di luna calante.
La storia di un’insufficienza di sguardi, di sensazioni, di battiti. Di mancanza e di stordimento, di confusione e sospiri, di ansia avida e affamata, di coperte sbattute dalla finestra, per far volare la polvere.
Riavvolgo il nastro ma la storia è sempre la solita.
Cambio prospettiva, voce narrante, sguardo e angolazione. La linea nera mi stringe le caviglie e mi trascina nel suo vortice.

L’impero della luce – René Magritte


Faccio foto ai miei pensieri ma vedo solo buio.
E al buio è difficile prendere una strada piuttosto che un’altra e allora…temporeggio. Aspetto. Aspetto che passi questo nulla che sta inghiottendo tante sicurezze e cerco di starmene ferma, seduta e accoccolata, per non perdere almeno me stessa. In questa attesa rimetto in discussione tante cose, senza darmi tregua.
Magari nel mentre che perdo la fiducia in tutto la ritrovo in me stessa.
Magari.

Capita. Dice che alle persone come me, ingenue, illuse, sognatrici, dice che capita. Capita che ad un certo punto ti risvegli e quello che vedi non ti piace e non dipende in alcun modo da te.
Capire di non potersi fidare di quello che si ha intorno è forse una delle più brutte esperienze che mi siano mai accadute, nella mia intensa vita da babbea. Perché un po’ mi ci sento, si, stupida. E puntualmente ci ricasco. 
Mamma mi aveva insegnato ad essere spontanea, a credere negli altri, a vedere il buono. non so se si può insegnare ad essere ingenui, ma lei lo aveva fatto. Zero malignità quindi zero conseguenze negative. Invece non è così, mamma. Le persone sono negative. Cattive. Maligne. A volte non lo sanno nemmeno loro di esserlo, però alla fine io subisco. Non come vittima, ma come fantoccio inconsapevole. 
E quindi niente. Ecco che capita che ti risvegli in un mondo che non riconosci e non ti piace affatto.
Allora me ne sto zitta e guardinga, per imparare a conoscere questi nuovi limiti appena scoperti, questa libertà finta che abbiamo di comunicare i nostri pensieri, che poi verranno in qualche modo rielaborati e rivisti, con lunghi strascichi di rancore e cose non dette. 
Io non sarò mai così. Ma ho smesso di essere quella bambina con il dito appoggiato sulla bocca, pronta ad indicare il fiore più colorato.
Non voglio conferme, non voglio compassione, non voglio finti spasimanti.

Vorrei solo evitare pungermi con spine invisibili.

LA LINEA NERA.

standard 13 settembre 2013 23 responses
Il colore della tisana legnosa e poco profumata dipinge l’acqua fumante. 
E’ una sera che lascia orme umide dietro di se, sono piccoli pois bagnati sul tavolo di marmo. 
E’ una sera che non posso lasciar scorrere così. Ci sono parole che possono aspettare, altre che ti escono fuori dalle dita, solcando la tastiera e gli spazi liberi del mio cervello. 
Sono una senza dio, non conosco nessuna religione. Non perchè un dio mi renderebbe migliori questi momenti, ma perchè, chi ci crede, trova giustificazioni che io non riesco a darmi.
Quindi cadono petali, lacrime, entusiasmo.
E ti trovi dietro una linea nera che non hai mai deciso di oltrepassare. Le esigenze diventano dimenticati frammenti. Le priorità si fanno da parte e non c’è altro che un gran silenzio. Un buco nero come un vortice inghiotte tutte le parole, risucchia anche i sorrisi.
Rimango io, dietro la linea nera.
Non è una sfida, vince sempre lei. 
Imprevedibile, senza alcuna vergogna o rispetto.
Si insinua, fredda, tra un respiro e un sospiro, ti strozza, sa bene dove colpire.
Non uso preghiere nè armi.
Quello che posso imparare, dopo questa ennesima, brutale, linea nera, è che non possiamo perdere nemmeno un frammento della nostra esistenza. 
Non ci rimane che vivere, con le nostre mani modellare un domani comunque sconosciuto.
Passione, Amore, Desideri. 
Le domande senza risposta lasciano il loro eco infinito nella tazza vuota.