SUI LIMITI E SULLE LIBERTA’. Notti insonni e stellati pensieri.

standard 22 luglio 2014 17 responses
Cammino pesante. Lascio impronte leggere.
Fiato costante. Respiro.
Le lucciole che mi circondano sono spente e nascoste.
Questo cielo mi regala tre scie luminose, cadenti stelle dai lunghi capelli dorati.
Fantastico, desidero, bramo.
Lascio che la mia mente si addobbi di colori, lascio che le parole seguano la stella, lascio libera per un attimo la mia coscienza di vagare senza intrigarla nei sensi di colpa.

Sono quegli attimi che non dimenticherai mai.

Ma il mai non esiste. Non esiste il sempre, il più, le sicurezze.
Tutto è in balia del cielo, in questa notte limpida e distratta, mentre i miei piedi si muovono sulla sabbia dando forma ai miei pensieri.
I limiti non sono mai stati il mio forte. 
I miei limiti sono labili come le fini gocce di pioggia che lasciano traccia sull’acqua. 
Si disfano, si ampliano, creano eco e gentili cerchi gemelli. 

Questo è il mio momento.
Sono tigre, sono gatta, sono morbido petalo vellutato.
Sono in attesa e in attacco, sono sollevata e superficiale, indisponente, profonda e attenta. 
Sgomito, farfuglio, ho bisogno di tutto e di niente.
Mi lascio andare e mi faccio cullare.
Il mio limite è un filo, un’amaca che mi culla.
E’ l’ultimo cerchio di una goccia di pioggia sul lago calmo.
E’ il riverbero del sole che crea mille arcobaleni, ma non quello che voglio io.
Il mio limite si disegna nel cielo buio insieme alle scie delle stelle.
Si unisce, tutto insieme, come fossero miliardi di piccoli puntini invisibili.
E’ una catena. Il nastro di un palloncino, un biondo capello abbandonato sul viso, una lacrima spontanea.
Questo è il mio momento. Ho messo le ancore, ho adattato la vista, ho sistemato i confini.
Ho capito che questo limite non è zavorra ma libertà.

Libertà di conoscermi, di esplorare, di andare sempre più a fondo.
Libertà di essere come sono, di farmi amare, di farmi guardare.
Libertà di innamorarmi ogni giorno, di sospirare, di trattenere il fiato.
Libertà di sorridere alla vita, sorprendente dea dagli occhi bendati, che ti toglie ma ti da sempre, sempre, sempre. 
Libertà di saper trovare sempre la giusta prospettiva per guardare le cose, per vederle bene, per individuarne l’anima e la positività.
Libertà di sorprendermi, di deludere ma comunque andare avanti.

Un limite che diventa libertà. Perché siamo padroni di noi stessi e la nostra vita possiamo modellarla come fosse mollica di pane, per far si che diventi uguale a ciò che desideriamo, perlomeno nel modo in cui noi stessi guardiamo gli altri, le cose, le sfumature.
Oggi sono padrona di me stessa.
Dopo dei giorni importanti, intensi, faticosi, ricchi di imprevisti e probabili conclusioni (senza giocare a Monopoli) posso davvero dire che SONO TORNATA.
Sono felice.
Sono piena.
Sono limitata ma LIBERA.

Spiragli di luce soffusa e sfocata.

should I stay or should I go?

standard 3 febbraio 2011 3 responses
dite che la noia, elevata all’ennesima potenza, faccia questo effetto “cataclisma”?
dite che gonfiare le guancie fino a farle esplodere, inspirare, espirare (ma anche un pò “cospirare”) sia l’unica cosa che posso fare quando mi ANNOIO?
no.
e allora parte il pensiero-paranoia-segamentaleagogo-questo cervello si autodistruggerà tra 3,2, …-esamone di coscienzona globale… con pessimi nonchè scarsissimi risultati.
e poi ci si mette anche la radio, che passa LIGABUE! dico e ribadisco LIGABUE!
è classico, quando non so che cazzo fare non mi viene in mente nemmeno un sito, un blog, un shop on line da spulciare, non ho voglia di guardare film e non ho voglia nemmeno di leggere il bellissimo libro di racconti di Haruki che mi trascino dietro perchè non si.sa.mai mi venisse voglia di leggere!
sempre più spesso mi accorgo di come venga usato il PUNTO (.) per sottolineare la figaggine della frase appena scritta, per sottolinearne la convinzione, per darsi un tono.
ecco vedete.
cazzo si.
funziona!
le altre punteggiature (mi scusino) non sono all’altezza.
bello abusare di qualcosa che, essendo piccolo e nero, cambia completamente il significato e il senso alla frase che si dice/scrive. anche io lo uso spesso nei miei post, anche se devo dire non sono un’amante della punteggiatura, preferisco andare liscia come l’olio a volte, piuttosto aggiungere un “invio” in più e allungare all’inverosimile una poesia di 15 parole…insomma, ognuno ha il suo stile.
ma sarà proprio vero? ognuno HA il proprio stile?
io, misera e poveraccia blogger, sono l’ultima che deve parlare. scrivo ciò che cazzo voglio, senza nemmeno una bozza. ma se dovessi descrivere il mio stile direi:

è come quando apro il frigo e butto in forno una torta salata fatta con ciò che scade e ciò che mi avanza.

posso riassumere così si, direi che ci può stare. anzi forse potrei dire qualche parolina di più ma rischierei di non arrivare mai ad una fine. ehhh quando parlo di me sono bravissima a dilungarmi. ma veniamo ora al titolo del post.
quella è una domanda che mi pongo ogni giorno. e visto che in questo angolino di noia del mio pomeriggio è risorta come un’onda improvvisa, vi metto al corrente.
devo andare o devo rimanere?
come leggevo qualche giorno fa in un’intervista di un bravo cantante italiano, mi piace sfiorare il limite, mi piace stare sempre sul confine tra la sopportazione e la mancanza, mi piace guardare il mio passato e pensare a come sono stata male, stare sempre sull’argine tra esaltazione e disperazione, sempre a mendicare amore e sempre a regalare tutti i miei sorrisi.
non è questione di altalene, è proprio che mi piace percepire “il rischio”. il fatto di non potersi mai accomodare.
è ciò che mi porta ad avere i brividi ogni volta che bacio la sua bocca.
è ciò che mi porta a fare le cose sempre come fosse la prima volta, senza sentirne la stanchezza.
e anche stasera il tormentone.
vado, resto?
è giusto tutto questo.
è giusto se lo sento, se lo voglio, se sento quel prurito sulla punta delle dita che mi porta sempre più avanti.
buona serata amici.
?