LA CASA NELLA PRATERIA.

standard 5 settembre 2014 15 responses
Mi trasformo.
Se venite a casa dei miei stasera ve ne accorgerete.
Appena, anche solo con il pensiero, tocco la Maremma…divento un’altra.

1. Penso solo al cibo.
2. Mi addormento ovunque, soprattutto sul divano.
3. Le mie sorelle abusano della mia persona, mentre dormo, nei modi seguenti: mi fanno fotografie con i loro piedi sotto il naso o con un cartello sopra la testa con scritto PUZZO e poi le pubblicano su facebook con il mio account, distruggendo in un secondo il mio curatissimo profilo. E la cosa mi fa anche ridere.
4. Mi abbiglio in modi molto opinabili. Tanto stiamo in campagna.
5. La mia iperattività si smaterializza lasciando spazio al più totale rilassamento fisico e mentale.
6. Anche solo percorrere 2 chilometri per arrivare in paese (con la macchina) mi crea fastidio e stanchezza. Quando sono a Firenze faccio molto peggio!
7. Oltre a pensare al cibo mi nutro come se non ci fosse un domani. E una bilancia ad attendermi, perlomeno nella mia coscienza.
8. Faccio qualche passeggiatina nel verde tollerando la presenza degli insetti. Ovviamente piccoli. Ovviamente molto piccoli e molto innocui.

La cosa più divertente di tutto questo è vedere l’integrazione del Bullo. In fondo non è molto che siamo fidanzati ma quando andiamo lì anche lui si sente A CASA. Ormai le mie sorelle hanno preso il sopravvento anche su di lui, il cibo anche e l’incapacità di intendere e di volere pure. Ma che ci volete fare. L’amore a volte diventa la piacevole scusa per trovare un’altra casa, oltre alla propria.
E quindi mi sento così fortunata.
Fortunata perché mi hanno insegnato ad amare le piccole cose, ad individuarle nel marasma, a gustarmi ogni momento come se fosse un regalo. E nella mia trasformazione da donna di città a figlia di campagna rimane sempre il mio cuore.

Il cuore non si trasforma.

I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.

I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere Iddio.

Ma i poeti, nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.
Alda Merini

Battiti su battiti su battiti su battiti…

ROUTINE D’AMORE.

standard 23 aprile 2014 21 responses
I piedi scostano la coperta, fino a spingerla in fondo al divano, dove altri residui bellici delle feste appena passate erano stati lasciati.
Non così lontani da essere dimenticati, non così vicini da essere spostati.
Era come se tutto fosse fermo, in attesa di un evento travolgente e inesorabile, una ventata, un trambusto, un improvviso crepitio che avrebbe cambiato le cose.
Fermo forse no, ma lento e stanco, come il cucchiaino abbandonato nella tazza, dove la tisana rilassante ha lasciato una traccia colorata. Stanco come il fiore appisolato nel piccolo vaso, con poca acqua stantia. Il tempo stanco del recupero delle forze, quando la domenica ti abbandona, lasciando spazio ai pensieri, ai doveri, ai meccanismi conosciuti del lunedì. E di tutti gli altri giorni della settimana.
In fondo sono cose a cui teniamo, anche se facciamo finta di esserne stanchi. La routine. Perché se anche solo per un giorno ce la porta via la febbre o un po’ di traffico in più, quasi ci sentiamo abbandonati. E’ nella natura umana rendere interessante ciò che è antipatico. E’ nella natura umana lamentarsi continuamente di ciò che si ha per poi lamentarsene se non lo abbiamo più.

Le mani si intrecciano tra di loro, cercando contatto. La punta delle dita è sempre fredda, sempre troppo fredda, corre a riscaldarsi sotto la maglietta, dove c’è pelle, quella sua, quella calda e confortante.
Tutti questi strumenti di oblio – coperte, mani, divano, piedi – parlano dell’ozio distorto e necessario, a volte si, necessario. Come quando aggiungi l’olio sulla fetta di pane e pomodoro. E poi un po’ di sale. Ogni strumento aggiunge sapore ed è come uno strumento del piacere, che spinge oltre tutti i sensi coinvolti. Ho bisogno di te. Mano, piede, sospiro.
Toccami con la noia e l’abitudine di ogni giorno. Lasciami inerme come quella coperta arrotolata. Sul cuscino i miei capelli perdono la forma e ne trovano un’altra.
Raccolgo il tuo respiro e cerco di abbracciarmi stretta a te, che sei il mio unico amore. 
E anche se non celebro quei giorni simbolici, dietro alla mia immagine riflessa ci sei sempre te.
Sei lì e non ti muovi.
Mi proteggi e io ti chiedo di proteggermi di più.
Mi dimostri e io ti chiedo di farlo in un modo che io possa comprendere.
Mi segui, annuisci alle mie scelte, condividi le mie follie e le mie assurde paranoie.
Sali e scendi sulle montagne russe senza avere nausee o ripensamenti.

I tuoi occhi brillano come i mari tropicali più trasparenti del mondo.

La routine ci accompagna, io e te sulla stessa piccola barchetta, giù per le rapide del fiume. Nell’ansa che raccoglie la calma di un momento rilasso il mio sguardo e ti vedo, così come tu vedi me. E forse hai ragione. Queste maledette “rapide” ogni tanto mi confondono, ma devo ritrovarmi e soprattutto non perdere te. Tu non mi perdi  mai. Ma come fai? Come dici? E’ il rumore dell’acqua scrosciante che copre la tua voce, devo concentrarmi per sentirti di nuovo…Dici che basta vedere dove si mettono i piedi, insieme, per non perdersi? Dici che non per forza dobbiamo voler fare le cose allo stesso modo? 
E se poi mi sento soffocare dalle ansie? Troveremo una soluzione anche a questo.
Insieme.
Sempre.
Per attraversare in barca ogni tempesta.

Io e Te ? E il nostro primo anno insieme. Grazie Amore, TI AMO!

cake & love

standard 12 ottobre 2012 7 responses

amo così tanto fare i dolci che avevo lasciato che la fretta vincesse sul tempo per farne uno, con la scusa riascoltata che per fare le cose che si amano davvero serve dedizione e un attimo di pace.
poi ho letto il blog di Roberta, The Dreaming Seed, e ho letto la sua passione, la sua delicata voglia di condividere con tutti i suoi (gustosissimi) “angoli di cibo” e ho pensato che fosse necessario che, per un’oretta, trattenessi tutti i miei impegni in favore del palato.
e così, ecco fatto.
torta a prova di vegani (quasi…), con carote, yogurt e qualche goccia di cioccolato, senza burro, uova e altre cose strane! 
volete la ricettta? ehmmmmm… la base esiste ma l’ho stravolta a modo mio (farina di riso, yogurt, scorza ed essenza di limone, zucchero di canna), così tanto che alla fine forse il sapore è totalmente diverso dall’originale!
insomma, l’unica cosa di certo che vi so dire (come quando invento un dolce) è il nome:

CAKE&LOVE

non poteva che essere così.
voi tutti intanto, incrociate le dita.
stasera non deve piovere, inauguriamo casa nuova!
siete tutti invitati!!!!

non dire gatto…

standard 13 giugno 2012 Leave a response

sfioro le cose e queste, come fosse un afflato velenoso e forte, svaniscono.
sfioro un sorriso, forse lo rincorro troppo ed esso, impietoso, svanisce.
probabilmente tutte le cose che critico, le persone che si allontanano, che mi rifiutano, non sono tanto peggio di me, di quello che credo di essere io. la loro mediocrità mi riflette pienamente, il rispetto che ho per me stessa equivale a ciò che leggo nei loro occhi: al niente. al vuoto, all’indifferenza.
quello che valgo pare che scompaia ogni giorno, ogni qual volta che qualcuno si prende la briga di rifiutarmi, di fare a meno di me. io decido di fare a meno di me.
decido che vorrei andare via, diventare diversa, di pietra. arrivare in un eremo, dove nessuno mi può raggiungere e scalfire la mia anima, il mio sorriso lungamente desiderato.
tutto quello che continuo a fare invece è strisciare. 
strisciare nell’ombra dove comunque sempre qualcuno può vedermi e ridurmi in poltiglia.
cerco di fare di più, anche stavolta.
ma statemi lontano, sono nociva.