C’era la luna sottile.
C’era l’aria tiepida.
C’era quell’aria leggera, che ti coglie solo nel momento in cui puoi essere colta.
Non un attimo prima, non un attimo dopo.
C’era quel bagliore flebile, breve, della luna sottile.
C’era quella bilancia, che pesa tutte le parole, quelle necessarie.
C’era un’unica cosa da fare.
Chiudere gli occhi.
Non farsi domande, non cercare affannosamente risposte, non avere paura, dimenticare il buio e vedere solo quella fettina di luna sospesa, con un fine filo da pesca che la sorregge, ancora così delicata ma statica, presente.
Ho chiuso gli occhi.
Ho provato a scedere gli scalini senza guardare, tastando con il piede scalzo cosa c’era sotto.
C’era la terra, in fondo al pozzo. Umida, fertile, viva.
Un piccolo germoglio, illuminato dal chiarore lunare mi ha sfiorato la pianta del piede, sensibile al tatto di qualsiasi forma di vita.
Occhi chiusi, sensi attenti.
Occhi chiusi, mani strette.
Occhi chiusi, luna crescente.
Vladimir Kush – Lock |
Ho la testa nel “palloncino” in questi giorni.
Perdonate la mia assenza quasi totale dai vostri blog (e dal mio) ma sono sotto evento a lavoro, ho la scrivania che sembra un campo da battaglia (dopo la battaglia) e da metà settimana sarò irraggiungibile/incontattabile ma soprattutto INSOPPORTABILE per altri sette giorni circa. Spero di ritrovarvi al mio “ritorno” virtuale, spero di leggervi ogni tanto per assaporare le vostre parole che amo così tanto leggere.
E poi…il 27 aprile si avvicina. Io ho avuto un meraviglioso antipasto venerdì scorso con l’avvocato più pazzo della blogosfera di passaggio a Firenze (? la mia Vaty ?).
Vi mando un po’ della luce che vedo di riflesso dalle finestre aperte.
Questo nuovo sole è così intenso che mi toglie il fiato.