Sono come un pesce fuori dall’acqua.
Annaspo.
Un lato sulla battigia, vedo con un solo occhio. Lo giro e lo rigiro, camaleonticamente parlando, per guardarmi intorno, ma vedo cielo. Batto forte la coda, sento l’acqua vicina, ma non mi riprende con se.
È che sono un “pesce da weekend”. L’acqua il venerdì si avvicina di più, bagna la coda agitata, la seconda onda è ancora più forte, la battigia è solo un ricordo…le branchie riprendono un ritmo normale.
Respiro.
E se di solito sono un pesce in questo periodo sono diventata un fossile. È rimasta la mia sagoma su un sasso, qualche centinaia di estati fa, per risvegliarmi non serve nessun incantesimo, solo l’odore del sole. E del venerdì.
Recupero la mia forma, le mie squame lucenti, le pinne colorate e iridescenti, il guizzo e la vitalità. Il mio problema però non è il caldo, è il tempo, il tempo nel senso di ore disponibili per fare tutto quello che voglio. Il dono dell’ubiquità non è umano, ma a me basterebbe il teletrasporto.
Un blink e via, sono sotto l’ombrellone.
Un lato sulla battigia, vedo con un solo occhio. Lo giro e lo rigiro, camaleonticamente parlando, per guardarmi intorno, ma vedo cielo. Batto forte la coda, sento l’acqua vicina, ma non mi riprende con se.
È che sono un “pesce da weekend”. L’acqua il venerdì si avvicina di più, bagna la coda agitata, la seconda onda è ancora più forte, la battigia è solo un ricordo…le branchie riprendono un ritmo normale.
Respiro.
E se di solito sono un pesce in questo periodo sono diventata un fossile. È rimasta la mia sagoma su un sasso, qualche centinaia di estati fa, per risvegliarmi non serve nessun incantesimo, solo l’odore del sole. E del venerdì.
Recupero la mia forma, le mie squame lucenti, le pinne colorate e iridescenti, il guizzo e la vitalità. Il mio problema però non è il caldo, è il tempo, il tempo nel senso di ore disponibili per fare tutto quello che voglio. Il dono dell’ubiquità non è umano, ma a me basterebbe il teletrasporto.
Un blink e via, sono sotto l’ombrellone.
Un altro blink e via, sono in cucina a preparare la cena della domenica.
Quindi…annaspo. Respiro. Annaspo. Respiro.
Oggi respiro. Ma ho passato una settimana ad annaspare. A cercare di assaporare le cose belle che mi sono successe, senza per forza credere che svaniscano con un blink. Che poi io non sono pessimista…è che sono un po’ insicura.
E quando sono insicura cosa faccio? Mi fossilizzo. Mi chiudo. Doppio chiavistello, occhi persi nel vuoto. E mentre sono lì, sola, che vago nel torrione del castello, non mi rimane altro che rifugiarmi nelle certezze: forno acceso, frusta, ingredienti…e una penna per scrivere.
Quindi…annaspo. Respiro. Annaspo. Respiro.
Oggi respiro. Ma ho passato una settimana ad annaspare. A cercare di assaporare le cose belle che mi sono successe, senza per forza credere che svaniscano con un blink. Che poi io non sono pessimista…è che sono un po’ insicura.
E quando sono insicura cosa faccio? Mi fossilizzo. Mi chiudo. Doppio chiavistello, occhi persi nel vuoto. E mentre sono lì, sola, che vago nel torrione del castello, non mi rimane altro che rifugiarmi nelle certezze: forno acceso, frusta, ingredienti…e una penna per scrivere.
Mercoledì 17 luglio
Guardavo l’uovo e lo zucchero, nella ciotola, prima di fare il dolce.
L’arancione forte che si riempie di marroncino chiaro, color zucchero-di-canna.
I granelli che assorbono la liquidità.
Una questione di punti di vista, chi assorbe cosa, chi si impasta per primo, chi accetta la forma dell’altro.
Anche la mia vita è così, trasmessa a tratti su canali diversi dei quali non conosco il numero. Sobbalzo, in preda ai singhiozzi di un momento storto. Ci vuole così poco ad abituarsi alle belle forme, quelle che corrispondono, che non conoscono bolle d’aria, separazioni. Ci vuole così altrettanto poco per distaccarsi.
Aprire la scatola, in modo ordinato, togliere qualche pezzo. Richiudere. Smontare e rimontare, come con le costruzioni, come da bambini, quando tutto è possibile.
Aprire la scatola, in modo ordinato, togliere qualche pezzo. Richiudere. Smontare e rimontare, come con le costruzioni, come da bambini, quando tutto è possibile.
Si tratta di equilibri messi su basi paludose, in fondo io sono Maremmana, non può essere che così: acqua bassa, silenzio, piccole zanzare letali che lasciano cerchi concentrici impercettibili sulla pozzanghera, fili d’erba sporadici.
Quindi apro la scatola, il fiocco è bello ma il contenuto è povero, sono proprio io quella che vedo?
René Magritte – Falso specchio (1928) |
Blink.
Per un attimo chiudo gli occhi.
Sento il mare che mi rapisce di nuovo, posso respirare, guardare dove voglio, qualche paura nel taschino, che come un fiore perde i petali e svanisce.
Sento il mare che mi rapisce di nuovo, posso respirare, guardare dove voglio, qualche paura nel taschino, che come un fiore perde i petali e svanisce.
Sento di non avere orizzonti ma solo possibilità.