Favole a merenda

standard 7 gennaio 2013 47 responses

Mentre vado in altalena mi sporgo.
Da quando scrivo questi ultimi 365 giorni sono stati, in termini di numeri e “popolarità” indubbiamente i più creativi, ispirati e sostenuti. Certo, ci sono delle mie amiche blogger che scrivono “che sembrano unte” (come si dice a Firenze), post dopo post meraviglie culinarie, soufflè dopo soufflè meraviglie di scrittura. Ma come fate? Siete più produttive di una catena di montaggio!
Io, da brava simil-poetessa, vi guardo, mentre mi spingo sull’altalena. 

A dire la verità è tanto che non ci faccio un giro sull’altalena. Adesso preferisco strapazzarmi le budella a Mirabilandia. Più pericoloso e ripido è il rollercoaster, più mi esalto. L’adrenalina che esce da tutti i pori, che mi fa saltare, sorridere, continuare a fare file kilometriche con gente che mi fuma in faccia nonostante in cartelli di divieto. 
Mirabilandia e Fragonard. Mah…ogni tanto mi chiedo di come sia possibile che io sia così assurdamente accozzata. Adoro delle cose così distanti tra loro che non so come siano compatibili, questa cosa a volte mi esalta a volte mi spaventa. Potrei essere un potenziale serial killer, Dottor Jekill e Mister Hyde. E menomale che sono alta solo un metro e sessanta, altrimenti sai quanta follia ancora poteva entrarci. Ma sono un intenso concentrato, come quello di pomodoro, ne basta poco…in tutti sensi!

J. H. Fragonard – L’Altalena
Insomma dicevo. Fragonard e l’altalena. Quando studiavo storia dell’arte non credo di essermi mai soffermata sul particolare della scarpetta che vola in alto, per l’impeto della spinta. Ma soprattutto penso di non aver colto l’intenzione frivola del dipinto. Una nobildonna che si diverte in un gioco infantile, in compagnia del marito e…dell’amante. L’amante che guarda sotto la gonna pomposa e svolazzante della signora dai chiari capelli.
Escludendo le presenze maschili di questo quadro, vorrei tanto essere la fanciulla protagonista. Vestito color pesca, pizzi e cappello in tinta, delicatezza e felicità. Una superficiale spensieratezza.
Ebbene, sto ripiombando sonoramente in uno di quei miei “beautiful moment” in cui tutto accade – niente accade, in cui un minuto ti senti bella e micidiale come una Venere e l’attimo dopo impossessata da Medusa, chiunque ti guardi si trasforma in pietra. Orribile in pratica.
Insomma in pratica…sto cadendo dall’altalena. Sono giusto nel momento prima di spiaccicarmi (scusate il maremmano!) con la faccia al suolo, sassolini in bocca, terra che graffia i palmi delle mani, ginocchia con i rivoli di sangue. Tenere forte le corde, farle scorrere tra le dita, era diventato un noioso palliativo, un fastidio, quelli dati dalla ripetitività delle cose; certo, stabilivano la mia sicurezza, ma quello che rimandavano non era altro che una banale riproduzione di me stessa. E si sa che a me piace cadere. Gustarmi quel momento in cui posso far scendere con ragione le lacrime salate sul mio viso, in cui posso tamponare i miei occhi smarriti, in cui tolgo i frammenti di terra dalle dita, come fossero l’ultimo baluardo della fiducia che ripongo nel genere umano (di sesso maschile). Fiducia, sorrisi. Tutto molto scadente, come un pasto frugale consumato di fretta in un fast food, da soli, con la faccia rivolta verso un muro. La qualità degli ingredienti crea un risultato pessimo, di quelli che vanno ingurgitati, non gustati. Ecco, io che non vorrei mai vivere così, preferisco cadere, lasciare le corde, sbattere il naso, respirare la terra, l’odore rustico delle foglie verdi o secche, i rami vivi e pulsanti di clorofilla. 
Raccontare cosa sto vivendo risulterebbe forse banale, poco sfumato, non divertente. 
E magari sarebbe sconveniente. 
Perchè ogni riferimento a fatti, persone e cose è assolutamente reale qui, in questo angolo di vita. 
Perchè chiunque ha carezzato i miei capelli è stato fotografato, ricordato, memorizzato. Perchè chiunque ha sfiorato le mie mani o maltrattato la mia anima si merita uno spazio, una classificazione. Certo, tutto questo lavoro scientifico di catalogazione fosse servito ad imparare, a distinguere al primo sguardo chi ho davanti, a posizionarlo nella giusta dimensione o, perlomeno, in quella che si merita. La trasformazione in Mr. Hyde che ho subito questa estate non ha portato granchè frutti insomma…subdolo copia/incolla di cattiveria mal riuscito da comportamenti di terzi con la sottoscritta.
Quindi…raccontare cosa sto vivendo risulterebbe banale.
Sto cadendo dall’altalena con la speranza che “qualcuno” mi prenda al volo. 
E che mi posi, come una ciliegina sulla sua torta, così che io la possa rendere “complice ma non complicata” (cit.), dolce, a tratti stucchevole. 
Sfacciata e brutale faccio queste confessioni al mondo, nemmeno fossi una principessa.
Ma finchè c’è il vento che scompiglia i capelli e senti il sibilo nelle orecchie, finchè la forza di spingersi sempre più su non ti abbandona, finchè questa vita così superficiale e profonda, piena di contrasti e simbiosi, finchè tutto questo mi apparterrà ogni reame dovrà impallidire.