UN LAGO DI GHIACCIO [qualcosa che affiora]

standard 23 ottobre 2019 Leave a response

Scrivere è sempre più difficile.
Scrivere senza cancellare, scrivere senza sbagliare, scrivere ed essere originale.

Ebbene, non sono niente di tutto questo. Sono un errore costante, una valanga di banalità condite di frasi ad effetto e superficialità.
Sono quella che non si ferma mai, che resiste, persiste, anche a costo di rimetterci ogni singola energia.
Sono quella che non ha più parole per parlare di se, di ciò che succede dentro , delle rivoluzioni quotidiane, sopite sotto lo strato della fretta e delle priorità.
Gioco a nascondino per non farmi trovare, per non soffrire, per non vedere quello che mi perdo.
Lo faccio anche quando ho tempo [cioè, quando?]. Mi nascondo per non schiacciarmi di impegni.

Apro e chiudo questa pagina da giorni, sperando che le idee migliorino, l’ispirazione salga, l’impeto non si mangi le parole che mi sento traboccare dalle mani. Invece tutto rimane immobile. Intatto, come la lastra di ghiaccio sopra un lago, d’inverno. Nascosto tra la nebbia, le foglie cadute, con uno strato alto di brina e di freddo. Non creo, non ho quel lampo che spacca il ghiaccio e lo fa crepitare, lo scalda, lo scioglie, lo rende vulnerabile.

Mi coccolo, in questo ghiaccio privo di sentimenti. Mi sento inattaccabile. Proseguo, perché non ho alternative.

[foto presa QUI]

[sento affiorare qualcosa, sotto al ghiaccio. Se non sono lampi da sopra, sono tumulti sotterranei, voglie che attendono da tempo, nuclei che ribollono di sensazioni che lascio sopite ogni giorno. Sento che sale, che bussa da sotto, rumori, parole, ticchettare del tempo. Mi lascio cullare anche da questo e, per una volta, aspetto.]

assoli e frivolezze.

standard 2 ottobre 2012 4 responses

se volessi parlare per immagini oggi sceglierei questa.

volare. 
animo leggero e inerme, senza peso se non quello del cuore.

oggi a Londra c’era una brezza che faceva muovere “solo le foglie e le persone leggere”.
questo spunto, dato da un mio caro amico, mi ha fatto riflettere.
le zavorre che ci portiamo dentro sono tanto più mentali che fisiche.
bastasse fare diete, smaltire grassi per attaccarsi al tronco di un albero come una banderuola scossa dal vento.
manca il tempo, manca la sensibilità, manca tutto.
mi giro dall’altra parte per fare finta che sia lineare questo vuoto.
è così difficile essere in sintonia con qualcuno, con se stessi, con il tuo vicino di posto sull’autobus.
avete mai provato la solitudine?
il menefreghismo globale è inquietante, lo vedi solo quando sei sola.
la mia condizione, uguale a quella di tanti altri, è solo passeggera?
a volte ne dubito fortemente.
il mio perfezionismo mi porta sempre più lontano dall’essere sopportabile?
pare di si.
tutte le domande che mi rivolgo hanno un lato così pessimista che quasi rimango sconcertata.

devo fare come il latte scremato.
togliere tutto ciò che c’è in più e lasciare la parte magra.
ora vado, il latte bolle.

The river. Il fiume.

standard 31 agosto 2012 Leave a response

Sconosciuti sguardi ti cercano al di là del muro.
Se queste mani fredde.
Se questo gelo si interrompesse.
Si insinuano sotto la pelle
attraverso i vestiti il calore
non importa più quando
come

Solo ancora, sconosciuto sguardo,
Ancora.
Ancora a scaldare la mia pelle pallida.

Sotto veli di vergogna
L’imbarazzo si scioglie
Certo e affamato il silenzio accoglie il tocco del velluto. 
 

Man Ray – The Kiss