EVOLUZIONE E DESIDERI

standard 30 settembre 2021 Leave a response

Credo che non sia giusto lasciare il 2021 senza nemmeno qualche parola.

Una frase, un ricordo, tutti i progetti che ho in testa.

Periodo confuso, questo settembre. Dai contorni sfumati. Cerco contatti che non trovo, solitudine, scoperte, momenti di lettura e riflessione. Sono interessata a tutto e a niente. Riesco a fare tutto ma non mi interessa niente. Voglio acchiappare tutto e tutto mi sfugge. Io stessa sfuggo, i miei capelli ribelli, lisci e sempre colorati, le mie mani che non si collegano ai pensieri, alla memoria di qualcosa di troppo formale. In questo cruciverba senza soluzione trovo la spontaneità. Mi costruisco spontanea. Inquadrata tra un panorama non scritto. Non ho alternative che percorrere queste strade sconosciute, con le mani piene di altre mani, con la voglia di esplorare in solitudine posti sconosciuti di me stessa.

Forse è anche questo crescere? Scoprirsi diversi da come si pensava di essere? Oppure non diversi ma capaci di essere tutto? Germogliano gli stimoli, difficile è metterli per iscritto. Come fossero tanti zampilli diversi, si fanno geyser quando meno me lo aspetto, diventano incontrollabili e, forse, non li voglio nemmeno controllare.

Uno scatto di Trieste – agosto 2021

Vorrei allenare la mia scrittura, quel che so di saper fare meglio di altre cose.

Vorrei guardare negli occhi i miei figli e fargli capire quanto sono meravigliosi.

Vorrei non sentirmi sempre coinvolta nelle cose in modo drammatico.

Vorrei sentirmi coinvolta senza sdrammatizzare.

Vorrei abbracciare ogni giorno le mie sorelle.

Vorrei vedere crescere i miei nipoti.

Vorrei rivedere il mio migliore amico che vive lontano.

Vorrei cucinare cose nuove e buonissime, imparare, azzardare, stupire.

Vorrei fare la pizza sempre più buona.

Vorrei vedere tutte le mostre che mi piacciono in giro per l’Italia.

Vorrei avere un pozzo di soldi da spendere in viaggi ed esplorazioni, non sempre con la famiglia al seguito.

Vorrei usare la mia scrittura come fosse un’arma per raggiungere obiettivi necessari.

Vorrei leggere, leggere, leggere senza sosta.

Vorrei.

SEI MINUTI.

standard 16 gennaio 2019 Leave a response

C’è sempre un count down che regola le nostre giornate. Dall’inizio alla fine. Dal primo suono della sveglia fino ai rintocchi delle palpebre che si chiudono.

C’è qualcosa in questi momenti che mi regala l’adrenalina dell’impossibile. Del “ce la faccio anche se non ho tempo”. Sei minuti, il tempo che mi separa dalle 9.00, il momento in cui devo entrare ufficialmente a lavorare, anche se sono già in ufficio da qualche decina di minuti.

Sei minuti, il tempo che ho per me.

Sei minuti in cui vorrei dire che sono carica di parole, ma non abbastanza per scrivere, per riportare qui quello che sono le mie giornate, i veli che nascondono i miei sorrisi e le mie paure. Non abbastanza per lasciarmi andare, per sotterrare quel controllo che mi serve per tenere tutto a bada, quelle redini per domare le mie rivoluzioni.

Sei minuti in cui mi sparo musica nelle orecchie per resistere alla tentazione di chiacchierare, per focalizzarmi, almeno una volta, su di me. E basta. Ma è così difficile.

Sono cambiata, non ho più i riferimenti giusti, gli spunti, i ritmi.

Ma forse va bene così, se non per me, per i miei figli. Ci sono delle cose che sono necessarie. E, si sa, non mi tiro mai indietro.

– foto di Berenice Abbott –

Blink. Come un battito di ciglia.

standard 19 luglio 2013 45 responses

Sono come un pesce fuori dall’acqua.

Annaspo. 
Un lato sulla battigia, vedo con un solo occhio. Lo giro e lo rigiro, camaleonticamente parlando, per guardarmi intorno, ma vedo cielo. Batto forte la coda, sento l’acqua vicina, ma non mi riprende con se.
È che sono un “pesce da weekend”. L’acqua il venerdì si avvicina di più, bagna la coda agitata, la seconda onda è ancora più forte, la battigia è solo un ricordo…le branchie riprendono un ritmo normale. 
Respiro. 
E se di solito sono un pesce in questo periodo sono diventata un fossile. È rimasta la mia sagoma su un sasso, qualche centinaia di estati fa, per risvegliarmi non serve nessun incantesimo, solo l’odore del sole. E del venerdì.
Recupero la mia forma, le mie squame lucenti, le pinne colorate e iridescenti, il guizzo e la vitalità. Il mio problema però non è il caldo, è il tempo, il tempo nel senso di ore disponibili per fare tutto quello che voglio. Il dono dell’ubiquità non è umano, ma a me basterebbe il teletrasporto.
Un blink e via, sono sotto l’ombrellone.
Un altro blink e via, sono in cucina a preparare la cena della domenica.
Quindi…annaspo. Respiro. Annaspo. Respiro.
Oggi respiro. Ma ho passato una settimana ad annaspare. A cercare di assaporare le cose belle che mi sono successe, senza per forza credere che svaniscano con un blink. Che poi io non sono pessimista…è che sono un po’ insicura.
E quando sono insicura cosa faccio? Mi fossilizzo. Mi chiudo. Doppio chiavistello, occhi persi nel vuoto. E mentre sono lì, sola, che vago nel torrione del castello, non mi rimane altro che rifugiarmi nelle certezze: forno acceso, frusta, ingredienti…e una penna per scrivere.

Mercoledì 17 luglio
Guardavo l’uovo e lo zucchero, nella ciotola, prima di fare il dolce.
L’arancione forte che si riempie di marroncino chiaro, color zucchero-di-canna.
I granelli che assorbono la liquidità.
Una questione di punti di vista, chi assorbe cosa, chi si impasta per primo, chi accetta la forma dell’altro.
Anche la mia vita è così, trasmessa a tratti su canali diversi dei quali non conosco il numero. Sobbalzo, in preda ai singhiozzi di un momento storto. Ci vuole così poco ad abituarsi alle belle forme, quelle che corrispondono, che non conoscono bolle d’aria, separazioni. Ci vuole così altrettanto poco per distaccarsi.
Aprire la scatola, in modo ordinato, togliere qualche pezzo. Richiudere. Smontare e rimontare, come con le costruzioni, come da bambini, quando tutto è possibile.
Si tratta di equilibri messi su basi paludose, in fondo io sono Maremmana, non può essere che così: acqua bassa, silenzio, piccole zanzare letali che lasciano cerchi concentrici impercettibili sulla pozzanghera, fili d’erba sporadici.
Quindi apro la scatola, il fiocco è bello ma il contenuto è povero, sono proprio io quella che vedo?
 
René Magritte – Falso specchio (1928)
Blink.
Per un attimo chiudo gli occhi. 
Sento il mare che mi rapisce di nuovo, posso respirare, guardare dove voglio, qualche paura nel taschino, che come un fiore perde i petali e svanisce.
Sento di non avere orizzonti ma solo possibilità.

Specchio, specchio delle mie brame…

standard 31 gennaio 2013 53 responses
Questo lo dedico a chi non si accontenta.

Questo lo dedico a chi non si da pace.

Questo lo dedico a chi non conosce l’assuefazione sentimentale.

Io credo solo nell’amore puro.
Quello che ti spacca il cuore quando finisce (perchè finisce. Sempre.).
Quello che ti fa sorridere mentre dormi.
Quello che mi fa essere certa che è meglio una vita di solitudine che cento vite vissute in compagnia di comparse.
Tu, essere umano medio. Che ti guardi allo specchio la mattina e ti vedi senza sfumature. Che la ginnastica più ardita che fai è quella di fare spallucce.
Guarda dentro il tuo cuore. 
Se lo trovi, tra le pieghe delle abitudini che ti sei autocondannato a vivere.
Non lo senti il senso di colpa?
Il retrogusto di naftalina del tuo abbigliamento vintage?
Io lo sento. Ho sempre avuto fiuto per le cose stantie. 
E l’odore di muffa non mi piace.
Nara Yoshitomo
Artista giapponese contemporaneo, leggete qualcosa di lui QUI



Non sono arrabbiata e non mi sento polemica. E’ solo una riflessione.
Percorsi di parole, scambi mattutini tra amiche.
Donne trentenni in cerca di se stesse, volontariamente insoddisfatte, esigenti, sveglie.
Sbuffo e sono scontenta. Di solito, ma oggi no.
Oggi è il giorno dei sorrisi.
Perchè la mia vita mi piace. E’ piena di cose belle e anche se c’è qualcosa (una-due-tre-mille cose!) che a volte rendono tutto più complicato, un sorriso non può che aiutarci a portare uno spicchio di sole negli occhi di chi ci guarda, nelle orecchie di chi ci ascolta.
E nel caso non ci fosse nessuno a guardare o ad ascoltare…fatelo per voi.
Usate lo specchio dell’essere umano medio che fa spallucce per allenarvi. 
Dice che funziona.
In fondo… “per tutta la vita” è con noi stessi.

Piccolo/Spazio/Pubblicità:
LAltraOra è nuovo, poetico e di una cara amica. Leggetelo. 
Ps: ultimamente quando finisco di scrivere i post ho sempre idea di aver dimenticato qualcosa…chissà perchè…il non finito mi ha sempre affascinato.
Ascoltatevi questa canzone, la adoro. Questa ragazza ha una voce meravigliosa.

FEEL. Quello che succede.

standard 29 novembre 2012 29 responses

E poi rimane solo questo.
Io, un foglio, una penna.
I segni di una notte vicina, che ancoa non si può cancellare.
Il mascara nero, che cola, di questa notte ancora da vivere.
E le parole che ancora mi  mancano, che non trovo, che non conosco, che mi fanno scrivere nell’unico modo che so.
Scrivere di me, di questi fazzoletti sprecati, in due notti così diverse.
Solo l’insonnia le accomuna.

Pace e tumulto in contrasto.
La sfiorata pace.
Il persistente tumulto.
Il faro non illumina la via che ho scelto. Cambia rotta.

I miei singhiozzi, i vetri appannati per le troppe parole.
Un abbraccio, le insistenze, le mani aggrappate al volante. Più lo stringono e più cercano la voglia di partire.
Girare la chiave, andare via.
Voltare le spalle, ancora una volta.
In queste due notti così diverse.
Nel profumo che conserva la mia pelle.
Nei segni di un passaggio. Qui chiudo i miei desideri. Soffoco la gioia dei miei sogni.

Perchè la vita non si vive da soli, perchè non si può fare finta che le cose non esistano, perchè io sono la campionessa del definitivo. Perchè i buchi non si tappano, le persone non si dimenticano.
Perchè si cambia e la vita cambia, perchè questa solitudine mi spacca i timpani e mi distrugge l’anima. Perchè vorrei solo delle risposte a tutte le mie domande, delle risposte che curino le ferite, quelle che io voglio sentire.
Perchè sono sfinita.

E questa notte è così diversa. Spengo le stelle con ogni mia lacrima. Il cielo scompare. Inghiotte le mie parole, anch’esse sconfitte.
Parole inutili.
Voglio le carezze tue, sul mio viso.
E il ricordo acceso dell’altra notte, che nessuna lacrima lo spenga. Che almeno lui rimanga a farmi compagnia, in questa sorda Firenze, che tanto amo ma che, per l’ennesima volta, raccoglie il mio pianto.
Di notte.
E sorda rimane nella sua magnifica bellezza, nelle sue strade vuote, nel suo castigo perenne, nella sua condanna, nella sua staticità di illusa Venere.
Abbracciami, Firenze.
Un girotondo di foglie arancioni accolga il mio cammino. Una meta che non conosco mi attende, lontana. Non ci sono nemmeno più gli spettri a seguirmi.
Non gli spettri del passato.
Solo il presente, che mi soffoca, disprezzando la mia voglia, ignorando il mio impegno, impedendo il mio domani.

Firenze, 29 novembre 2012 – ore 4.20 di mattina.
Cielo terso. Luna quasi piena.

Come and hold my hand
I wanna contact the living
Not sure I understand
This role I’ve been given

I sit and talk to God
And he just laughs at my plans
My head speaks a language
I don’t understand 

I just wanna feel
Real love, fill the home that I live in
‘Cause I got too much life
Running through my veins

Going to waste

a lume di candela

standard 11 novembre 2012 6 responses

sottile il velo del contrasto, il fumo tiepido riscalda l’aria.

organza e tulle, pomposo ornamento di anime ribelli.
sono inquieta, sono viva, sono un desiderio che non tace mai, 
inespressa tra le righe narro senza mettere mai un freno.
rinchiudo quei desideri in un carillon stonato
la convenienza del mio amore
rinasce il mio cuore, mal si placa
ma è solo finzione.
respiro, fiato sul mio collo,
emozione, traguardi, finalmente appassionata verità
corro, corro in un bosco di faggi.
che le foglie siano solo un tappeto di lacrime dimenticate, sotto i nostri piedi svelti.

quel pallore sul mio viso
quel flebile sussurro timido
questa arringa che mi lascia senza voce
che invoca solo un battito, un altro ancora, per sopravvivere.

mi travesto di insulsi stracci,
lascio che sia romantico questo addio
scrivo una nenia che culli il mio sonno, che sopisca i tormenti
lasciami vivere, o amore.
non so più nemmeno dove e quando ti troverò.

assoli e frivolezze.

standard 2 ottobre 2012 4 responses

se volessi parlare per immagini oggi sceglierei questa.

volare. 
animo leggero e inerme, senza peso se non quello del cuore.

oggi a Londra c’era una brezza che faceva muovere “solo le foglie e le persone leggere”.
questo spunto, dato da un mio caro amico, mi ha fatto riflettere.
le zavorre che ci portiamo dentro sono tanto più mentali che fisiche.
bastasse fare diete, smaltire grassi per attaccarsi al tronco di un albero come una banderuola scossa dal vento.
manca il tempo, manca la sensibilità, manca tutto.
mi giro dall’altra parte per fare finta che sia lineare questo vuoto.
è così difficile essere in sintonia con qualcuno, con se stessi, con il tuo vicino di posto sull’autobus.
avete mai provato la solitudine?
il menefreghismo globale è inquietante, lo vedi solo quando sei sola.
la mia condizione, uguale a quella di tanti altri, è solo passeggera?
a volte ne dubito fortemente.
il mio perfezionismo mi porta sempre più lontano dall’essere sopportabile?
pare di si.
tutte le domande che mi rivolgo hanno un lato così pessimista che quasi rimango sconcertata.

devo fare come il latte scremato.
togliere tutto ciò che c’è in più e lasciare la parte magra.
ora vado, il latte bolle.

ed è subito sera

standard 10 maggio 2010 1 response

ti svegli, con questo cielo grigio. ed è già sera.

è già sera nel mio cuore privo di emozioni.
non so più cos’è un momento carico di attese.
non so più cos’è il batticuore, le mani sudate e i pensieri confusi.
provare a sentirsi incantati
provare a essere liberi
provare e provare ancora a non controllare.
come diceva Quasimodo:
Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.