Tutto comincia da qui.
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Giuseppe Sanmartino – Cristo velato (1753) |
Perchè anche se studi storia dell’arte per anni, non è che ti puoi ricordare tutto. Ti basta poi un accenno e qualcosa ti risveglia delle emozioni. Dopo aver vissuto l’arte in modo accademico adesso la vivo in modo emozionale…o forse sono sempre andate di pari passo, solo che adesso è molto più forte ciò che sento piuttosto che ciò che so, quando guardo un’opera.
La mia sensibilità mi fa esplorare ogni volta delle curve mai viste, di quel velo sul volto. Ed è come se lo toccassi, se lo sentissi su di me. Lo vedete quasi impalpabile, leggero, ma è marmo.
Pesante, bianco, puro e duro.
Che abilità nel tradurlo in leggerezza, nel renderlo come un sottile strato di cipria, da spazzolare via con un soffio di vento, come faccio ogni mattina sulle mie guance, colorandomi di rosa chiaro, per non essere pallida e vulnerabile.
Tutto comincia dove decido che debba cominciare.
E oggi si comincia dal ricordo di un velo. Quello che copre la mia testa di nero, quello che mi comprime così forte da non farmi ricordare come si prende fiato, immersi nel nulla.
Ed è così profondo, così scuro, infame, bastardo, sleale, che combattere non serve, se non a farti affogare ancora di più. Anche se mi impongo di stare a galla, annaspo.
Quel velo è la P A U R A. Con la P maiuscola.
Ti spara alla schiena, prima che tu finisca di camminare verso il punto accordato, non si fa guardare negli occhi.
Ti spegne tutti i pulsanti, i ricettori coscienti dell’amore.
Tutti abbiamo vissuto qualcosa che ci ha attaccato addosso delle macchie nere di pece, le mie le conosco bene. So quanto sono grandi, profonde e vorticose, ma quando decidono di staccare la mia spina con i sensi mi lasciano inerme. Ho paura e basta, in quel momento. Che duri un minuto o un pomeriggio, non riesco a vedere, è orribile. Rimango ferma, immobile, in uno spazio in cui non c’è niente.
Il velo mi soffoca, il buio mi invade.
Poi passa. Non so come sia possibile, passa. Ti svegli la mattina e l’unica cosa in cui affoghi sono gli occhi azzurri della persona che ami. E nel muffin al cocco fatto la sera prima.
E hai bisogno di riempire le tue ore di quella frivolezza solare che scolpisce ogni giorno la tua vita, senza malignità, senza nascondigli, senza angoscie e impervi e tortuosi percorsi.
Tutto comincia dove io decido che debba cominciare.
Comincia che il buongiorno che scrivi ad un’amica diventa il tuo post.
Il post composto come una torta a strati.
E quindi inizia dall’arte e finisce con un sorriso.
E io con lei sono un soffione. Abbiamo due cervelli che se ci soffi sopra sfuggono alla scatola cranica (dice Sandra). Sempre più poveri di materia grigia, ogni giorno (dico io). Poco cervello e scappaticcio (dice lei).
Perchè io ho un’amica che dice che siamo (io e lei) fiorite come due zucchine.
E grulle come i grilli alle Cascine.
E io aggiungo che siamo fave come le fave.
Genuine, vive, pur sempre GALLINE.
“La mia amica mi dice di sorridere, di essere felice oggi perchè oggi conta e non domani.
La mia amica mi dice di essere positiva e piena di amore perchè l’amore chiama l’amore e noi (io e lei) non sappiamo vivere senza l’Ammmmmore, quello con la A MAIUSCOLA e con tutte le mmmmm del mondo.
La mia amica mi dice che mi vuole bene.”
Grazie Sandra. Io ti dico che sei speciale.
Oggi sono un cerchio che si chiude.
Ne decido l’inizio e la fine.
Senza che mi giri la testa.
(Siete confusi? Lo faccio per confondere la paura. Sia mai che volesse tornare.)