I MIEI CINQUE MINUTI.

standard 1 novembre 2017 Leave a response

Questo post inizia così: “Oddio non ci posso credere! Ho veramente 5 minuti per scrivere? Davvero?”

In questo minuto che ho perso per soddisfare il mio stupore, ho aperto la bacheca di WordPress e ho iniziato a scrivere. Certo non avrei mai pensato che, dalla prima superiore quando ho imparato a scrivere a 10 dita, digitando rapida sulla tastiera del computer con Windows 3.1, con quello schermo nero e le lettere verdi lampeggianti, mi sarei trovata 21 anni dopo (OMMIODDIOOOOOOOOOOOOOOOOO 21 ANNI DOPO!!!!) a sfruttare ancora questa dote, cercando di destreggiarmi tra la cena, il pane che manca, le lacrime di una piccola lattante e un furbone di 2 anni e mezzo che mi azzannano il tempo.

Oggi è novembre. Il mio mese, anche se non mi rappresenta affatto. Sono più una tipa da primavera, da sole caldo, da mare, sudore, passeggiate ad ogni ora. Oggi è anche buio, parecchio buio. Non si smette mai di cercare la luce, quando si è genitori. La luce scalda, rincuora anche i momenti peggiori, rende visibile la polvere ma piacevole la vita. Una amica ogni tanto mi da lo spunto per scrivere, mi chiede “Berry puoi scrivere su questa cosa?”, quasi che le mie parole potessero soddisfare una mancanza nelle sue giornate. Beh, stavolta mi è proprio difficile. Stavolta scrivo “tanto per scrivere”, per dare voce perpetua ai bisogni di espressione che sento emergere dal mio corpo, bisogni fisiologici da sviscerare, in qualche modo.

E poi mi trovo qui, il cursore lampeggia, il tempo è scaduto. Il tempo è passato. Sarò qui di nuovo tra un po’? Il momento coinciderà con l’ispirazione? Oppure sarà l’ennesima sequenza di parole senza senso scritte su questo blog?

Chissà.

Agosto 2017 – Il Giardino dei Tarocchi, Capalbio

HURRY UP.

standard 22 dicembre 2015 6 responses

Presto che è tardi.
Corri.
Apri gli occhi.
Sveglia.
Tic tac.
Noncelafaròmai.
Mammamamamamambabbababdadadadadattatatatatata.
Si, buongiorno chicco.
Cazzooooooooo non ho sentito la sveglia!
Sono già le sette (di mattina).
Ho sonno.

Con il Bianconiglio sotto braccio inizio tutte le mie giornate. Ma manca un giorno, un solo giorno. Qualche ora di lavoro, qualche non ora di sonno, qualche lavatrice in più e ci siamo, vacanze. Vacanze da me stessa, vacanze dalla fretta (forse…), vacanze dalla sveglia del cellulare. Ma, c’è un ma. Prima delle vacanze, devo fare la valigia.

Valigia di nuvole e pensieri, quella che metto via, leggera e intensa, di un 2015 denso come la nebbia di questi giorni. Raccolgo tutte le cose che sono successe in questo anno e le metto lì, da una parte, ho bisogno di ordine. Le raccolgo come fossero margherite in uno sconfinato prato verde, in primavera. Bianche, piccole, innocenti, luminose. Fanno volume perché sono tante, ma la loro morbidezza le rende accoglienti e piacevoli al tatto. Somigliano molto al mio vaporoso vestito da sposa. Bello il mio vestito. Lo adoro. Vorrei metterlo di nuovo solo per provare quella sensazione di frizzante brulichio nello stomaco che avevo quel giorno. Entro nella valigia anche io perché ho bisogno di luce. Di profumo inebriante, di rinascita. Ho bisogno di cancellare con quel candore le mie occhiaie, fisse ed indesiderate ospiti del mio volto stanco.
Faccio la valigia e penso a ciò di cui ho bisogno, che non si può comprare, non si può barattare, non è monetizzabile e non ha forme definite.

TEMPO.

Tempo sotto forma di secondi, minuti, ore. Tempo per gustare, accarezzare e soppesare. Tempo da perdere, tempo in abbondanza, tempo relativo. Un tempo senza lancette dove godere la vita in ogni sua sfumatura boreale.
Tempo. Il tempo immateriale e ingestibile, non elastico e un po’ infame. Tempo. Del tutto diverso da una valigia dove puoi infilare le tue cose fino a farla esplodere. Tempo maledettamente corto e mai abbastanza. Perpetuo, costante, inesorabile. Vince sempre lui.
Tempo delicato. Prezioso. Ce ne dobbiamo prendere cura.
Tempo amico e nemico, bastardo e gentiluomo, illegittimo detentore delle mie giornate corte ed in affanno. Ti osanniamo, ti vogliamo, ti desideriamo più di qualsiasi attore o di qualsiasi gioiello. Ti ripetiamo, come mantra, come se bastasse per prolungare la durata delle cose belle. Se tu fossi uomo, Tempo, io sarei una moglie adultera.
Tempo. Ti bramo. Ma non posso averti come vorrei. In fondo non sei tanto diverso da tutte le altre cose necessarie della vita.

Faccio la valigia e sospiro. Mi guardo intorno, come un fermo immagine aspetto che la giostra si fermi.
Un solo attimo. Prima che sia troppo tardi per chiedere di respirare senza affanno.
E’ difficile, ma è bello anche così. Rimbalzare impazzita e carica di sonno non diminuisce la mia fortuna.
Grazie, questa vita è una cosa meravigliosa.

Auguri a tutti <3

felicità

CELAPOSSOFARE.

standard 27 gennaio 2014 60 responses
Uno dei tanti ritorni




Ho quasi tutti gli amici a Firenze.

Nessun parente nell’arco di un centinaio di chilometri.
I suoceri a più di quattrocento (fidanzato terrone!).
Ho scelto la mia vita qui, a metà strada tra il Rinascimento e la disorganizzazione.
Ho scelto di vivere qui, credo, ma ogni volta che sto via qualche giorno e torno…mi sento un po’ confusa.
Le cose da fare si accumulano, quelle messa da parte, gli obblighi casalinghi, le scadenze che si rincorrono e le domeniche da scansafatiche si annullano. 
Mi confondo perché metto sullo stesso piano e non so scegliere la priorità.
Alla fine ci scapitano le passeggiate, le torte, i libri, la mia cultura.
Quando parto lascio due gatti, ritrovo due belve assatanate di sangue. Ritrovo dei frammenti sparpagliati di cose non più riconoscibili, i frammenti delle mie cartoline comprate in giro, per i musei, le due belve mi smangiucchiano i ricordi.
Torno e ritrovo panni da lavare, i miei pensieri sul comodino, le parole nel cassetto, detersivi e mensole troppo impolverati.
Allora non rimane che CORRERE. Per schiarirsi le idee, guardare oltre, più lontano ancora, perdersi e trovarsi, mettere alla prova, sentire.
Sentire che ce la faccio, che ci riesco.
Ad incastrare tutto, a fare tutto, ad abbracciare tutti e, infine, a lasciare tempo a me di respirare, seduta sul letto, per scrivere queste due righe.

CELAPOSSOFARE.

Avida di tempo, vi saluto.

Ho le mie scarpe da corsa che scalpitano.

Nebbia.

standard 16 dicembre 2013 31 responses

Scivolo con i pensieri e con le braccia, sul bordo della vasca appoggio le mie membra stanche.
Sono livida, stanca, poco cordiale, ma sempre innocua.
Non ho ancora varcato il confine. Mentre mi bagno la punta del piede sento che mi abbandona anche l’ultimo entusiasmo remoto, mi lascio andare.
L’acqua risponde alla mia richiesta, mi coccola, mi scalda, rende le mie palpebre pesanti. Si incrociano le ciglia e chiudo gli occhi, sommersa dalle piccole onde del mio profumato bagno.
Galleggiano le bucce d’arancia, i miei capelli si bagnano al gusto di agrumi, sento le essenze insistere per entrare nel mio naso.
Sono circondata. Questo vapore come nebbia copre tutta la stanza. 
Continuo il mio bagno, non c’è più una vasca, non c’è più nessun bordo, sento il frusciare delle foglie, delle canne di bamboo.
L’acqua è fredda. Io sono livida, di un livido inverno, sono gelida, di una gelida nebbia.
Le mie mani si muovono nell’ombra di questa notte, lascio che mi avvolga.
Pensieri, braccia, capelli, profumo, non sento più niente.
La morte di Marat (1793) – J. L. David

Mi piace scrivere. 
Ci provo, anche quando non mi sento particolarmente ispirata, anche quando c’è la nebbia che mi offusca la visione delle cose, anche quando sono polemica, triste, pensierosa, invischiata, ammuffita. E’ facile cadere nei tranelli quotidiani del fare per non fare. Ogni tanto mi ci lascio trasportare, per comodità, per indolenza, per mancanza di energie. Ma in realtà, e questo lo imparo quando la nebbia si dirada, il tempo c’è sempre, per fare le cose che veramente amiamo fare. E allora si mette da parte tutto, anche quelle lacrime che si ostinano a rendere tutto più difficile, ma allo stesso tempo ripuliscono e sciolgono molti nodi.
Ci sono delle convinzioni di cui mi riempio la testa, delle ansie di cui imbottisco le mie giornate come se fossero dei grandi bomboloni strapieni di crema.
E poi viene il tempo per lasciar andare tutto e dire: Ok. Non ho scritto nulla in questi giorni. Però ho fatto molto. E quindi mi do pace, mi perdono, ecco. La mia sensibilità mi si ritorce contro, a volte…anzi, forse molto più spesso di quello che credo, si trasforma in insicurezza e domande. E allora quel tempo, che già è poco e soffocato, lo riempio di punti interrogativi, che si intrecciano, si accavallano, mi perseguitano fino a farmi mancare l’aria.
Fortuna che poi non muoio. Nessuno viene ad uccidermi di soppiato nella vasca da bagno, e non perchè non ce l’ho, ma perchè non c’è niente da ammazzare, se non un’immagine di me che devo riuscire a dimenticare, nella quale ogni tanto mi rifugio per compatirmi e subito dopo odiarmi…e fuggire di nuovo. 
Io sono quella dei sorrisi. Dell’entusiasmo, della follia buona, delle piccole cose.
Sono otto mesi che il mio coinquilino non è più solo un coinquilino. Lui ha la chiave per capire i miei punti interrogativi. Li prende, li stira, li rigira. Adesso hanno tutti la forma di un sorriso. 
(Non nego che a volte anche lui non sa molto bene come fa, perchè io sono una rompiscatole non indifferente…però poi alla fine ci riesce sempre!)
E quest’anno non vedo l’ora che sia Natale. Per nessun’altro motivo che stare con le persone che amo.
Abbracciare le mie sorelle, i miei, la mia nipotina, il pancione di mia sorella e avere con me LA persona che voglio accanto.

Buona settimana, che sia piena di punti interrogativi in trasformazione. ?

l’autunno dell’anima

standard 23 ottobre 2012 7 responses

Jackson, Mississippi. Anni ’60. 
Case di legno, di colore confetto, vestiti stretti in vita, con fantasie accese.
Domestiche, baby sitter, cuoche.

Avete mai visto The Help? 
Film meraviglioso. Guardatelo.

 















Guardandolo per la seconda volta mi sono accorta di come una delle protagoniste sia simile a me. Scrive, ama, si appassiona. Vive la sua epoca guardando oltre le apparenze.
Vorrei tanto tornare indietro, a volte.
Scorrere il tempo riavvolgendo la pellicola con la matita nel buco, come facevo da piccola con le musicassette.
Vivere i colori dell’autunno in un’America ferita dall’apartheid, respirare l’odore di torta al cioccolato preparata nelle strette (ma accoglienti) cucine delle “mamy”, nel loro giorno libero, prendere l’autobus con il vestito della domenica e la borsa lucida, conservata da anni nell’armadio. Giocare a bridge. Bere la coca-cola nella bottiglia di vetro. Credere che tutto sia possibile.
Amare. Amare con lentezza. Camminare per mano guardando i fiori di campo che danzano con i soffi del vento. Sussultare ad ogni bacio ricevuto. Essere invitata fuori a cena, una volta alla settimana. Guardare negli occhi come se fosse l’unico modo per comunicare.
Desiderare solitudine impossibile. Nessuna ansia da prestazione.
Amare, negli anni ’60.

Sono veramente io che sto “inneggiando” alla lentezza? (soprattutto alla luce di post come questo…)
Snocciolo (o “schiccolo”?) la melagrana e mi guardo intorno. Ogni tanto mi stupisco, ogni tanto mi innervosisco, ogni tanto cade qualche lacrima.
Intorno c’è un gran frastuono e poca calma, troppa gente e poche persone, troppi battiti artificiali e poco cuore. Sto diventando un robot anche io.
Per altro esclusivista e con poca voglia di socializzare.
Come sempre controcorrente, in un mondo che corre sempre di più e non lascia spazio che ai ritagli, ho deciso che mi farò regalare un fazzoletto con la mia iniziale, per lasciarlo cadere ai piedi del più paziente corteggiatore.

Non ho tempo per chi non ha tempo e non mi dispiaccio di questo.

aforismi e Andy Warhol

standard 26 giugno 2012 1 response

a quanto pare si tratta solo di aspettare.
nella vita è tutta questione di tempo.
su questo argomento potrei scrivere un poema, potrei argomentare con fiumi di parole. 
Dalì dipingeva orologi molli, Einstein parlava della relatività.
costretta a questa solitudine senza ritorno, volto il mio sguardo altrove, cercando un appiglio, mi distraggo. voglio un punto di riferimento.
voglio poter almeno aspettare qualcosa che non sia solo me stessa riflessa allo specchio.
forze dovrei solo sforzarmi a non ripetere in loop gli stessi errori, credendo che sia impossibile cambiare. guardo intorno a me e vedo concretezza, guardo me e vedo inconsistenza.
Andy vieni, dipingimi, componi il mio viso con le tue immagini a colori pop.
scrivi sul mio volto la forza del mio mondo.
stampa linee nere di confine per non far uscire la sostanza.
tingi i miei capelli di un rosa shock.
lasciami senza parole.
rendimi una musa desiderabile. sconvolgente.
voglio essere aspettata.
voglio essere il desiderio proibito.
voglio essere la voglia sulla pelle.
irresistibile.