ignoro a grandi falcate la mia sensibilità.
chiudo porte, scappo avanti, senza curarmi dei dettagli.
è lì che inciampo.
nell’illusione di aver scampato ogni pericolo.
sfinita.
le nuvole sfilacciate dal vento, informi, devastano il cielo azzurro sconfinato.
non so se esiste una prospettiva perfetta
un modo impersonale di scrivere
un sospiro meno profondo, che risuona.
non sono io
non sono io
mi spoglio di questi nuovi vestiti
come calamite ritornano
schiaffeggiano la mia ingenuità.
cattivi
bastardi
malsani
la povertà della mia anima violentata
occhi chiusi
involuzione e battiti
battiti di ali si perdono nell’aria
cormorani e tramonti allargano la vista
ma i pensieri, quelli no, non si diradano come la nebbia delle pianure.
mi sveglio dal sonno
il mio letto galleggia, tutto è sospeso.
sospeso per un tempo indefinito.
per curare dolori indefiniti.
una stanza senza pareti ma gabbia
un disperato modo invertire ciò che rimane di me.
un fiore di cera, con la sua pelle morbida, sotto il sole lascia le tracce inquiete.
la cera si fredda.
le tracce sopravvivono.
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